In una riforma organica le Province devono tornare al loro ruolo

Il tema delle Province è tornato ad occupare uno spazio nel dibattito politico, soprattutto in quello interno al Governo. La Lega propone di ridare alle Province il ruolo di enti di primo livello, modificato sensibilmente dalla riforma Delrio del 2014, che prende il nome dall’allora ministro Graziano Delrio, presente in maniera ininterrotta nei tre governi succedutisi dal 2013 al 2018, (Letta, Renzi, Gentiloni). Palazzo Chigi risponde positivamente alla richiesta leghista perché, come affermano fonti qualificate del Governo, è interesse di tutti far tornare le Province al rango di enti di primo grado, ripristinando l’elezione diretta da parte dei cittadini del presidente e del Consiglio provinciali e restituendo competenze e risorse.

Viene chiesto di discuterne nella sede opportuna, vale a dire, all’interno della cornice di una riforma organica per non ripetere gli errori scaturiti dalla disastrosa riforma Delrio, tenendo ben presenti le risorse necessarie. Occorrerà, per queste ultime, una verifica da parte del Mef, ministero dell’Economia e delle Finanze, e servirà un confronto con la conferenza Stato-Regioni per il trasferimento di deleghe e funzioni. La “sede naturale” per il ritorno alle Province come enti di primo livello è il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, (TUOEL). L’intenzione del Governo Meloni è quella di riprendere la funzione delle Province italiane preesistente alla legge n.56 del 7 aprile 2014 firmata da Graziano Delrio, che ha prodotto effetti deleteri tutt’oggi percepibili.

Il Governo segue la via di una riforma organica perché procedere a spizzichi e bocconi quando si decide di intervenire su equilibri istituzionali o amministrativi, come è stato fatto dieci anni fa, può soltanto contribuire a creare pasticci e a peggiorare quanto ci si propone di sanare. Delrio, e con lui il Partito Democratico, al tempo guidato da Matteo Renzi, affermava di voler ridurre e anche eliminare determinati centri di spesa. Laddove la spesa pubblica non produce nulla oppure è eccessiva, è indubbiamente giusto intervenire, ma la riforma del ministro Delrio non ha cancellato in toto le Province e i loro costi, bensì le ha solo svuotate di competenze e ha privato i cittadini del diritto di scegliersi il presidente, la giunta e i consiglieri provinciali. Gli organi amministrativi delle Province, come ha stabilito la legge del 2014, vengono oggi eletti dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni del territorio provinciale, e non più dal corpo elettorale. Si è passati, dalla riforma Delrio ad ora, alle Province come enti di secondo livello, tuttavia, esse non sono divenute affatto a costo zero, infatti, qui sta il vero disastro, oltre ad avere tolto un diritto agli elettori.

Le Province continuano ad esistere e a costare, ma senza avere più particolari obblighi e responsabilità, essendo state esautorate. In sostanza, paghiamo amministratori, funzionari e impiegati locali per fare poco o niente, e non perché costoro siano pigri, ma in quanto lasciati dalla politica nazionale, quella di dieci anni fa, senza doveri. Ciò che era di competenza provinciale avrebbe dovuto essere ripartito fra Regioni e Comuni, eppure, molte materie di pertinenza delle Province sono rimaste di fatto nel limbo, non contemplate da alcun ente territoriale. Taluni effetti della sgangherata riforma Delrio sono stati e sono visibili ogni giorno. Per accorgersene è sufficiente percorrere una delle tante strade provinciali d’Italia, malridotte e, da dieci anni a questa parte, non più oggetto di significative manutenzioni ad opera dei vari livelli amministrativi. Il Governo Meloni vuole rimediare a tutto questo. 

Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

1 commento

  1. L’idea di riportare le Province ad Enti “di primo livello” cioè con organi di governo eletti dai cittadini, si presta a considerazioni diverse ed anche divergenti.
    Mi sembra un procedere a tentoni.
    La Lega ha sempre avuto necessità di formare quadri politici, e prima della gestione Salvini faceva leva sulle istanze locali, delle quali cercava di farsi portatrice.
    La proposta della Lega sembra ripercorrere questi sentieri. Dico “sembra” perchè in realtà la Lega nella attuale gestione è meno definibile con tali connotati, e presenta forti slogan politico-culturali che più che al territorio sembrano rivolgersi ad un pubblico “trasversale” ai teritori ma accomunato da un particolare approccio che qui non intendo commentare.
    Ma lasciamo stare la Lega.
    Perché rifare le Province?
    C’è un deficit di rappresentatività democratica in Italia?
    C’è un deficit di rappresentanza locale?
    Rifare le Province potrebbe rispondere a tali esigenze.
    D’altra parte si parla di costi. Ma i costi in questione non sono quelli degli apparati amministrativi e nemmeno quelli dei servizi, e neppure quelli degli amministratori…
    In Italia il taglio della spesa pubblica non trova mai nessun sostenitore.
    Personalmente ritengo che in Italia non ci sia affatto un deficit di rappresentanza politica.
    E’ in corso una importante riforma istituzionale, quella cosiddetta dell’autonomia differenziata.
    Invece che reintrodurre nuovi centri di formazione politica (i consigli provinciali) perchè non ci occupiamo più a fondo delle Regioni?
    Qualche spunto concreto:

    1. Ha senso con l’autonomia – differenziata o meno – continuare a gestire Regioni e Province autonome? Peraltro alcune sembrano riuscire a gestirsi bene, altre sono una voragine di sperperi e disservizi
    2. La regione Molise ha circa 4.500 kmq di superficie e meno di 300.000 abitanti, e due Province; la Regione Lombardia ha circa 24.000 kmq di superficie e oltre 10 milioni di abitanti, e 12 Province; in mezzo c’è di tutto. Sono tutte e due Regioni? Che autonomia potrà mai avere il Molise, se non in dipendenza dallo Stato e da altre Regioni?

    Però rimettere in piedi le Province richiede meno sforzo che riordinare le Regioni.
    Seguiamo la linea del minimo sforzo…
    Ma sarà quella del risultato migliore?

    Con affetto

    Alessandro

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