Indietro di 80 anni: il silenzio di Schlein e Conte sulle Foibe è un atto di minimizzazione

La sinistra ritorna nel silenzio in cui per 80 anni si è nascosta. Lo scorso 10 febbraio, Giorno del Ricordo, poteva essere l’occasione giusta per PD e compagni vari per rompere i rapporti con un passato di legami con dittature e ideologie sanguinarie. Così non è stato, e i vertici della sinistra, da Schlein a Conte, hanno scelto di nascondersi di nuovo in quel silenzio di negazione, di minimizzazione e di malcelato ossequio che le ha permesso di evitare un argomento davvero spigoloso per lunghi decenni. Appaiono lontani i tempi in cui esponenti politici della sinistra anche radicale cercavano in un certo modo la strada della moderazione, riconoscendo i crimini comunisti della Seconda Guerra Mondiale ai danni degli italiani non per minimizzare le violenze fasciste (critica continuamente rivolta alla destra), ma in quanto mero riconoscimento delle brutalità subite dai civili di Istria, Fiume e Dalmazia. A riprova della gravità del silenzio del PD sta il fatto che la legge del 2004 con cui si istituiva il Giorno del Ricordo fu votata anche da esponenti della sinistra e Willer Bordon, senatore della Margherita passato anche da Rifondazione Comunista, propose all’epoca un disegno di legge dal contenuto molto simile, tanto da essere assorbito dalla legge definitiva del centrodestra. A quasi venti anni di distanza da quei tentativi di riconciliazione, ora la sinistra ha scelto di nuovo la via della radicalizzazione, probabilmente per un mero tornaconto elettorale: come successo già per le vittime degli Anni di Piombo, Schlein e Conte non hanno speso una sola parola per ricordare le vittime delle Foibe e gli esuli giuliano-dalmati, in un tentativo disperatissimo di allargarsi quanto più a sinistra è possibile, inglobando anche i più estremisti dei centri sociali i quali, a dire il vero, qualche parola l’hanno detta: “Dai partigiani jugoslavi alla resistenza palestinese: dalla parte giusta della storia”.

Uno slogan shock pronunciato dai centri sociali torinesi, contro i quali da sinistra non è stata levata neppure una parola di indignazione, neppure dal sindaco dem Stefano Lo Russo, già noto per l’affetto provato verso chi ha messo continuamente a rischio l’ordine pubblico (vedi il caso Askatasuna). Sul fatto si sono espressi il deputato di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli insieme all’assessore delle politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone, che hanno parlato di “insulto al ricordo di migliaia di connazionali uccisi solo perché italiani”. E più in generale, sul silenzio della sinistra, valgono le parole del capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti, il quale ha ritenuto quello della sinistra un “mutismo che appare come un censurabile tentativo di sminuire una pagina terribile della nostra storia”. Uno sminuire che però si palesa nei lavori in Commissione Affari Costituzionali per la rimozione, su proposta del centrodestra, dell’onorificenza concessa al dittatore Tito. Le opposizioni glissano, ma talvolta pronunciano parole tutt’altro che di riconciliazione. “Un concetto eccessivamente ampio potrebbe ricomprendere un po’ di tutto, anche la condotta di colui che investe un cane per strada”: alla frase di Filiberto Zaratti di Avs sono seguite poi le sue scuse, ma il segno resta. Mercoledì ci sarà il voto in commissione per la riforma sulle revoche delle alte onorificenze, che darà il via libera all’eliminazione di quella concessa allo jugoslavo Tito: staremo a vedere come la sinistra, in quel caso chiamata direttamente in causa, sceglierà di comportarsi.

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