Industria, Terzi (FdI): favorire la produzione locale

“Oggi, a fronte degli scenari di crisi, è fondamentale avere una agenda di priorità comuni. L’Italia dall’insediamento del Governo Meloni è tornata ad essere protagonista in Europa e in Occidente: anzitutto nella sua capacità di competere da leader responsabile nelle nuove tecnologie a partire dall’IA, di esserlo in una transizione verde sostenibile, nei partenariati strategici dell’Indo-Pacifico, del Sud Est Asiatico e del Continente africano. E qui non posso che pensare all’elogio del Primo Ministro Starmer per l’intesa con l’Albania in materia di migrazione, o a due iniziative come il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC) e il Piano Mattei. L’Italia è presente, è un esempio per le altre Nazioni e questo ci rende fiduciosi e ottimisti di poter veramente guidare, e non subire, il cambiamento. Nell’economia, urge una presa di coscienza: favorire la produzione locale e operare per il derisking è l’esatto contrario di un pensiero autarchico, è riportare le catene del valore il più possibile nel perimetro di sicurezza nazionale, UE e atlantica. O ancora, imporre dazi a chi non rispetta le regole e distorce il mercato non è protezionismo bensì una strategia per riassettare un playfield assai compromesso.

Bisogna tutelare le filiere produttive, poiché la sicurezza, come è stato ribadito anche nel Rapporto Draghi, è un prerequisito per la crescita sostenibile. La diversificazione è una strategia vincente: dall’aggressione russa all’Ucraina tutti hanno compreso che accettare di dipendere da un fornitore monopolista è stata una scelta suicida. Bisogna poi anche garantire una coalizione internazionale compatta nel rispetto delle regole e di un mercato libero, per dissuadere ed evitare le dipendenze che alcuni Paesi – tra tutti la Cina con la sua sovracapacità produttiva – vorrebbero proiettare a livello globale. Apro una breve parentesi sullo stop alle auto a combustione dal 2035, misura boomerang per l’UE che rischia soltanto di favorire quella sovraproduzione cinese di veicoli elettrici da un lato e, dall’altro, un inquinamento globale non ridotto ma in aumento. È noto che la Cina, oltre che produrlo, importa percentuali altissime di carbone. Sarebbe questa l’auto pulita? Va considerato l’intero ciclo del prodotto – dalla materia prima allo smaltimento – perché il Green Deal è un piano per un mondo verde nella sua globalità; e non solo, vanno considerate tutte quelle variabili di sicurezza economica prima elencate. Un dibattito aperto è, ad esempio, sul rischio informatico delle vetture elettriche cinesi, potenziali raccoglitori di dati sensibili”.

Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia Giulio Terzi al convegno di Confindustria Brescia, “Navigare il cambiamento. Derisking e nuove opportunità di mercato nel sud-est asiatico”, nella sessione “La policrisi: i teatri di oggi e di domani”.

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