Il caso di Pioltello, della scuola elementare chiusa in celebrazione della fine del Ramadan, una delle festività più importanti del mondo islamico, aveva tutte le caratteristiche per diventare il precedente, il primo episodio di una crescente ondata istanze e pressioni dei fedeli musulmani nei confronti delle Istituzioni italiane. Quello di Pioltello, in effetti, non è rimasto un caso isolato: già prima, d’altronde, si era registrato un aumento dei bambini che, nel rispetto delle norme imposte dal Ramadan (digiuno assoluto fino al tramonto), sceglievano di non unirsi alle mense scolastiche. E per il grave difetto di socialità provocato (non condividere un pasto, difatti, può avere ripercussioni sul rapporto tra i bambini) nonché la brutta situazione che veniva incolpevolmente a crearsi (gli altri bambini che pranzavano davanti all’amico a digiuno), i presidi avevano cercato una soluzione. Ad esempio, alcuni genitori musulmani potevano prelevare i propri figli anticipatamente per poi riaccompagnarli a scuola al termine della pausa pranzo. Ovviamente, però, non sempre ciò era possibile e allora il preside della Iqbal Masih di Pioltello ha ben pensato di tagliare la testa al toro e chiudere direttamente la scuola per la giornata di festa. La scusa era di tipo organizzativo: con il 40% degli alunni musulmani, la scuola sarebbe stata comunque semivuota. Ma in effetti, quell’episodio ha avuto una valenza altamente politica, tanto da suscitare la risposta immediata del mondo benpensante. Risposta ovviamente positiva, fiumi di elogi all’eroico preside che ha scelto la via dell’integrazione. Un’integrazione, come si vedrà a breve, imposta. Elogi di chi ha per anni lottato per tenere fuori dalle classi il crocifisso, in nome della laicità.
Milano, gli studenti islamici chiedono uno stop alle lezioni
Ora, dopo Pioltello, vanno avanti con le istanze, pretendendo altre chiusure in onore della loro religione. Pioltello, come detto, non è rimasto un caso isolato: in altre scuole, ad esempio, è stato impedito, con una circolare, di “consumare cibo o bevande in luoghi pubblici all’interno della scuola come segno di rispetto per coloro che stanno osservando il digiuno”. Una circolare ricca di svarioni del genere che è stata poi ritirata grazie all’intervento addirittura del Governo e del ministro Valditara. Ieri, una ulteriore degenerazione: gli studenti del Politecnico di Milano hanno chiesto di sospendere le lezioni per la fine del Ramadan, il 10 aprile, dopo che anche l’Università per stranieri di Siena aveva optato per questa strada. “Un visibile segno di solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza” aveva detto il rettore Tomaso Montanari. Queste invece le richieste della minoranza musulmana al Politecnico: “Sospendere le lezioni per le festività musulmane per noi rappresenta un atto di rispetto e inclusione che riconosce e valorizza la diversità culturale e religiosa. Avere un giorno di vacanza ci permette di celebrare le nostre festività in modo adeguato, perché in ogni caso non andiamo a lezione e le classi rimangono vuote dato che ormai la componente musulmana è veramente grande anche negli atenei. Promuovere la sospensione delle lezioni in queste occasioni – hanno detto – non solo favorisce la coesione sociale, ma anche il rispetto reciproco e la comprensione interculturale, pilastri fondamentali di una società democratica e pluralista”. La loro richiesta va oltre il Ramadan: vogliono una chiusura anche per la festa di Eid al-Adha, che cade a giugno.
Una questione di democrazia
Forse, per i giovani musulmani, non sta bene l’integrazione e allora ne impongono un’altra: quella per cui deve essere la maggioranza ad adattarsi alla minoranza, e non viceversa. Quella in cui uno Stato la cui popolazione è di stampo fortemente cattolico, deve sottostare alle volontà di pochi, per quanto in crescendo, islamici. In virtù di una religione che nelle sue declinazioni più estremiste (ma, purtroppo, non solo) vuole imporsi sulle altre, mancando quel rispetto per la maggioranza che è vitale in democrazia. Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia, si dice basito per la richiesta degli studenti islamici a Milano e tira dritto: “Se per assurdo dovessimo mai concedere delle chiusure scolastiche in occasione di feste dei musulmani, quali appunto la fine del Ramadan, perché non dovremmo farlo anche per le altre religioni non cristiane che ne avrebbero lo stesso diritto?”. Sacrosanto il diritto per ognuno di festeggiare le proprie credenze, anche per la più piccola delle comunità esistente: è il fondamentale principio costituzionale della maggioranza che non deve sovrastare la minoranza. Ma vale anche l’altrettanto fondamentale principio opposto, cioè quello della minoranza che non può imporre sé stessa alla maggioranza. È così che la democrazia, nella quale viviamo, funziona.
Caro Andrea bisogna che facciamo tutto il possibile per la difesa della laicità della scuola, che è la colonna portante della laicità dello Stato.
Non trasformiamo la scuola in una accolita di fazioni religiose.
Il Crocifisso in aula non c’entra per niente. I valori di umanità, solidarietà e sacrificio espressi dal Crocifisso sono valori fondanti, fortunatamente, della nostra civiltà, e valgono per tutti. Anch’io, non religioso ma italiano ed europeo, mi ci riconosco e non li ho mai visti in opposizione all’accoglienza ed alla pluralità.
Vorrei aggiungere che non basta sbandierare una religione per accampare diritti.
In Italia la legge civile, penale ed amministrativa prevale sui precetti religiosi e deve continuare a prevalere.
Che educazione civile danno i presidi o i rettori che dimenticano la superiorità della legge civile sui precetti religiosi?
Faremo la festa dei bambini di Satana?
Con affetto
Alessandro