Non sempre le notizie positive sullo stato di salute della nostra economia vengono accolte con entusiasmo unilateralmente da tutto il mondo della politica. Anzi, succede quasi mai che anche da sinistra si ritrovino ad esultare per cose del genere. Come se ai partiti di opposizione, ogni buona notizia che coinvolge e riguarda la maggioranza di governo risuoni come un brutto presagio, specialmente in vista delle elezioni dell’8 e del 9 giugno. Come se non fosse pure nel loro interesse che l’Italia riesca a sfuggire il pericolo di una debacle economica, superando il terribile periodo della pandemia, rispondendo bene al periodo post-pandemico e reagendo positivamente alle pur gravose misure scellerate dei precedenti esecutivi a cui il Governo Meloni è stato costretto a rimediare. Niente, da sinistra proprio non riescono a dire le cose come stanno: che l’Italia non è più il fanalino di coda d’Europa e che sta tornando a godere di un’ottima reputazione nei consessi internazionali, grazie alla serietà del suo leader e ai suoi risultati positivi in campo economico.
Fitch conferma l’outlook stabile
A decretare che l’Italia non versa nello stato pietoso di cui parlano a sinistra è l’agenzia di rating Fitch, che già lo scorso 3 maggio aveva confermato un giudizio positivo per l’Italia, un rating BBB con outlook stabile, al pari di altri agenzie che già da tempo hanno mostrato agli investitori internazionali il buono stato di salute della nostra economia. Economia che regge, dunque, nonostante il rallentamento subito dagli esosi costi del Superbonus: in particolare, secondo Malgorzata Wegner, direttore sui rating dei debiti pubblici di Fitch intervenuta in un seminario online, l’Italia sarebbe in una condizione “migliore di quanto ci attendessimo all’inizio della pandemia”, aggiungendo che “è possibile” che in un futuro prossimo le cifre del rapporto debito-Pil per la nostra Nazione potranno risultare “anche più basse delle nostre stime attuali”. Tutto dipenderà, secondo l’esperta di Fitch, da come verranno messe in campo le nuove regole dell’Unione europea sul nuovo Patto di stabilità e di crescita. Tuttavia, c’è il rischio che l’Italia finisca sotto procedura Ue per deficit eccessivo a causa dei grandi costi del Superbonus, che hanno causato un disavanzo che risulta “il più alto di tutta l’Ue”. Una sciagura tutta grillina, quantificabile in 220 miliardi di euro: secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, infatti, il Superbonus ha avuto un impatto sul debito di 0,5% ogni anno, che secondo le stime aumenterà fino a 1,8% nel 2026. Si capisce, dunque, quanto sia complicato arginare un mostro di queste dimensione.
E l’Italia va avanti
C’è da sottolineare, tuttavia, che il Governo Meloni ci sta gradualmente riuscendo, facendo scomparire ogni allarmismo circa le condizioni economiche dell’Italia: “Ci sentiamo fiduciosi – ha continuato Malgorzata Wegner di Fitch – che l’Italia non perderà l’accesso ai fondi di Next Generation Eu”, i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza per intenderci, e ancora che l’Italia “non perderà l’accesso al meccanismo Tpi”, lo strumento anti-spread della Banca Centrale Europea. Tutte notizie che dovrebbero rassicurare l’Italia, ma che passano spesso e volentieri in sordina, soprattutto da quelle parti dove l’operato del Governo Meloni viene continuamente minimizzato. Ma niente va ridimensionato: “salvare” l’Italia da una possibile debacle non è cosa semplice, specialmente quando gravano sulle spalle dell’erario, ergo dei cittadini, delle voragini da oltre 200 miliardi di euro. La strategia è stata quella di favorire i redditi più bassi, con una politica di detassazione che a sinistra gli strenui fautori delle patrimoniali possono solo sognare. Così, il potere d’acquisto delle famiglie italiane è stato messo al sicuro dai rischi di una potente inflazione ancora in corso (il vero “miracolo” è aver visto restare il rischio di povertà stabile di fronte a un costo della vita che aumentava di giorno in giorno) e le famiglie italiane hanno avuto la possibilità anche di investire sul debito pubblico. Insomma, c’è ancora da lavorare, bisogna allargare ad esempio il taglio del cuneo fiscale e contributivo anche alle classi medie; ma è ormai ovvio che l’Italia sta tornando a godere di buona salute.