Kiev dice sì alla tregua per 30 giorni. Passi in avanti anche per l’Europa: sarà coinvolta nei trattati

Ora spetta alla Russia proseguire nella stessa direzione

L’incontro delle delegazioni ucraino-americane a Gedda di ieri è andato meglio del previsto, arrivando ad una svolta non solo tra i rapporti tra Kiev e Washington, ma, se tutto andrà nella giusta direzione, anche nei rapporti con Mosca. Con buone probabilità di mettere un punto ad una guerra che prosegue da oltre trentasei mesi.

A decretare il successo dei colloqui tra Stati Uniti e Ucraina è stato il comunicato congiunto rilasciato dalle parti al termine della maratona negoziale: Kiev ha accettato la proposta americana di una tregua di 30 giorni e in cambio gli USA riprenderanno subito a invitare aiuti militari e a condividere la loro intelligence. In più, gli americani hanno ricevuto riscontro positivo anche per “concludere il prima possibile un accordo completo per lo sviluppo delle risorse minerarie critiche”.

In pratica, un do ut des che ristabilizza -per quanto possibile- quei rapporti rovinosamente intaccati nel famoso incontro del 28 febbraio scorso nello Studio Ovale, che aveva visto una netta divisione di vedute tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky.

“Adesso gli Usa capiscono le nostre argomentazioni”, ha dichiarato con toni fiduciosi il Presidente ucraino.

Dal canto suo, il tycoon ha annunciato di voler proseguire le trattative sullo stesso piano anche con Putin. “Spero sia d’accordo”, ha detto, aggiungendo che parlerà con lui “forse questa settimana”, con l’auspicio di arrivare ad un “cessate il fuoco totale nei prossimi giorni”.          
“La palla ora è in mano ai russi”, ha aggiunto il Segretario di Stato americano Marco Rubio, che ha confermato altresì che “si stanno programmando nuovi contatti diretti a livello di funzionari”.

Anche i leader europei entrano in partita a 360 gradi

Un passaggio rilevante che ha attirato l’attenzione è quello relativo alla ‘questione Europa’, che sembrava essere stata lasciata indietro in questo percorso, ma che in realtà, come si è avuto modo di apprendere, verrà coinvolta nel processo di pace.

Per quanto riguarda in particolare l’Italia, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato di essere soddisfatta degli esiti dei colloqui e di accogliere con favore “la proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni e la ripresa dell’assistenza americana a Kiev”. Aggiungendo poi che “L’Italia sostiene pienamente gli sforzi degli Stati Uniti, sotto la guida del Presidente Trump, a favore di una pace giusta che garantisca la sicurezza di lungo periodo dell’Ucraina.”

Il premier ha chiosato: “Ora la decisione spetta alla Russia”, ribadendo così che per arrivare ad una vera pace non bastano sforzi unilaterali, ma occorre la necessaria collaborazione di tutte le parti in gioco.

È interessante dunque notare che, oltre alla realistica possibilità di una tregua a stretto giro, forse uno degli aspetti che più ci riguarda è proprio la messa nero su bianco del “coinvolgimento dei leader europei nel processo verso la pace.”

Quello che però ora è da capire è che cosa si intenda davvero con il termine ‘leader europei’, ovvero chi sarà davvero in gioco e chi meno. E chi no. E, ancora più importante, è da capire quanto i leader europei peseranno realmente nelle trattative di pace.

Pare dunque che si sia aperta una nuova e più sfidante fase della storia, nella quale se lo sprint verso la fine delle ostilità è quasi al suo termine, è il come e con chi a dover essere definito.

E infatti, se è vero che Kiev è riuscita a far riconoscere che gli europei sono attori da coinvolgere nella strada verso la pace, è altrettanto vero che bisognerà comunque convincere Trump, che ha svolto nei suoi primi 50 giorni da presidente un ruolo da vero mediatore, a lasciarci, per così dire, una fetta della torta. Facendogli comprendere che gli sforzi europei devono essere riconosciuti, legittimando a tutti gli effetti l’Europa- e l’Unione europea in particolare- ad intervenire in maniera seria al tavolo delle trattative tra Kiev e Mosca. Ricordando, soprattutto, che sono state proprio le potenze europee ad aver sostenuto prima di tutti, ‘senza se e senza ma’, la causa ucraina, sia militarmente, che politicamente e, più di tutto, umanamente.

L’Italia potrebbe convincere Trump che l’Europa deve stare al tavolo delle trattative finali

In questo senso, il nostro Paese potrebbe far pendere il piatto della bilancia da un lato piuttosto che da un altro, dal momento che uno dei pochi- se non l’unico- leader ad avere le carte in regola per buttarsi in questa avventura è proprio Giorgia Meloni. Perché di fatto il nostro premier, intraprendendo la via della mediazione e del realismo, ha conquistato una credibilità internazionale indiscussa, che le ha permesso e le permette tutt’oggi di inserirsi nello scacchiere geopolitico come ‘regina’, e non come mero pedone. Un lavoro instancabile che l’ha portata a conquistare politicamente Donald Trump, che potrebbe dunque tendere l’orecchio a ciò che gli viene detto dal fronte italiano e accettarne i preziosi consigli. In modo tale da raggiungere prima -e meglio- una tregua che da provvisoria possa divenire davvero definitiva e giusta per tutti. Nessuno escluso.

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