Sta facendo discutere la decisione presa dal presidente USA Joe Biden di concedere all’Ucraina l’utilizzo dei missili americani a lungo raggio Atacms in territorio russo. Tali armamenti si trovano già negli arsenali ucraini e Kiev non deve fare altro che usarli, ma rimangono alcuni paletti. Gli Atacms dovranno servire solo per colpire nella regione russa di Kursk, dove gli ucraini sono penetrati mesi fa e da dove partono gli attacchi dell’esercito di Vladimir Putin, ora affiancato anche da truppe nordcoreane.
L’intenzione della Casa Bianca è quella di scoraggiare il dittatore di Pyongyang Kim Jong-un dall’inviare altri soldati sul fronte russo-ucraino, oltre a permettere a Kiev di difendersi meglio. Il dibattito sulla opportunità o meno di concedere all’Ucraina di colpire oltre alla propria frontiera con armi occidentali, ha registrato e continua a registrare posizioni diverse fra gli alleati NATO, e determinati Paesi europei, fra i quali l’Italia, pur rimanendo saldamente convinti della necessità e del dovere di aiutare l’Ucraina aggredita fino a quando servirà, (impegno ribadito con fermezza al G20 di Rio de Janeiro), non sono persuasi della utilità di sottoscrivere incursioni di vario tipo nelle regioni appartenenti alla Federazione russa. Dubbi in tal senso non mancano neppure negli Stati Uniti, ma l’Amministrazione Biden ha scelto forse di alzare il tiro di fronte alla recrudescenza dell’aggressione militare russa che è notizia proprio di questi giorni.
Il Cremlino sostiene che siano gli USA, a maggior ragione dopo la svolta riguardante i missili Atacms, a gettare ulteriore benzina sul fuoco del conflitto, ma Vladimir Putin, attraverso parole e fatti concretamente drammatici, sembra l’unico a volere procrastinare il più possibile la guerra ed allontanare verso date incerte l’inizio di un processo di pace. Missili di Biden o meno, se la Russia cessasse di assalire con il proprio esercito l’Ucraina tutto si fermerebbe quasi all’istante e i negoziati si troverebbero davvero dietro l’angolo, ma, a quanto pare, Putin intende scacciare la possibilità di trattative serie, che, va da sé, non prevedano la sola resa umiliante di Kiev, perché le sue Forze Armate hanno ripreso a bombardare in maniera massiccia città e infrastrutture ucraine con centinaia di aerei e droni. Inoltre, il presidente russo si è scelto come alleato una delle peggiori canaglie del pianeta, ovvero, il padrone della Corea del Nord Kim Jong-un. Invece di discutere una via d’uscita con l’Occidente, Putin si impegna con colui il quale minaccia ogni giorno il mondo con le armi nucleari.
Il flirt con Kim e il ricorso a soldati offerti in prestito da Pyongyang possono anche rivelare un inizio di fiato corto per la Russia, che incomincia a soffrire di scarsità di materiale umano da inviare al fronte e ad avere bisogno di aiutini oltreconfine, ma il patto Kim-Putin può soprattutto essere la dimostrazione della volontà di rafforzare un asse del male con il solito doppio gioco della Repubblica popolare cinese. Tutto questo è il carburante della guerra, non gli Atacms made in USA. Le cose possono cambiare fra poco tempo, si spera in meglio, ma al momento questo è lo stato dell’arte.