La domanda è semplice: fareste accordi con uno Stato nel quale vengono negati i diritti civili e in cui le donne sono costrette ad insopportabili umiliazioni? Uno Stato per il quale – a differenza di tutte le nazioni occidentali – la tutela dell’ambiente è un optional (qualcuno avvisi Greta…) come lo è la libertà religiosa? Lo sanno molto, troppo, bene le minoranze cristiane perseguitate. Uno Stato, oltretutto, che finanzia apertamente l’islamismo radicale all’estero con una strategia di penetrazione che procede dal basso, con il sostegno economico a moschee e pseudo-centri culturali, e dall’alto, con operazioni finanziare dal più che discutibile profilo etico?
La risposta è altrettanto semplice: siamo certo che voi direste no. E la Camera dei Deputati? Ha detto sì. Questo almeno è ciò che è stato votato in Parlamento riguardo l’accordo bilaterale tra Italia, appunto, e il Qatar, presentato durante il governo Monti. Unico partito ad opporsi? Fratelli d’Italia, coerentemente con tutte le denunce fatte sulle intenzioni e la strategia di penetrazione delle monarchie del Golfo Persico in Europa e in Italia. Lo hanno ribadito chiaramente gli esponenti di FdI in Aula, come Andrea Delmastro – capogruppo di Commissione Esteri – che ha attaccato senza mezzi termini la firma dell’accordo come «atto di sottomissione culturale» al Qatar.
Stiamo esagerando? Tutt’altro, dato che ieri Luigi Di Maio, adesso ministro degli Esteri, ha confermato tutti i nodi critici di una certa politica estera perseguita da governi tecnici e finti politici. Il grillino ha avuto un incontro con il suo omologo del Qatar, lo sceicco Mohammed Al Thani, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Al centro del colloquio – come riportano le ricostruzioni – le relazioni commerciali, gli investimenti internazionali e le crisi in Libia e nel Golfo Persico. E che cosa è emerso dall’incontro? «Le relazioni tra le nostre economie sono molto intense. Gli investimenti qatarini in Italia sono stimati in oltre 7 miliardi di euro, e siamo pronti a riceverne di nuovi, in particolare nei settori della cultura, del turismo e dello sport», ha spiegato il neoministro.
Vediamo adesso due punti dell’accordo bilaterale Italia-Qatar. Agli articoli 3 e 8 si legge che le due nazioni si impegnano «alla promozione dello studio della lunga dei rispettivi Paesi» e all’assegnazione «di borse di studio a studenti e laureati ai fini del conseguimento di un titolo universitario o per attività di ricerca». Tutto torna: l’invasione, in questo caso, è “morbida”, arriva con finanziamenti, con il cavallo di Troia delle politiche culturali. In reatà, come dimostrato dal dossier sull’Islamizzazione d’Europa, si tratta di una strategia di soft power con il quale gli Stati del Golfo Persico innestano nel nostro corpo sociale detentori “stranieri” che hanno rapporti più che ambigui con gli islamisti radicali e una volontà di espansione dell’area di influenza che non si esaurisce di certo con i petro-dollari.
Per tutti questi motivi FdI ha sollevato il caso in Aula contro l’ennesimo trattato con il Qatar che, nello specifico, «prevede scambi tra culture che oggettivamente hanno un valore diverso, promozione della lingua araba nelle scuole italiane e spese per sostenerli», come ha spiegato il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida. Il punto è chiaro: «La cultura italiana ed europea va difesa da una invasione economica solo apparentemente meno pericolosa di quella militare tentata per quasi 1000 anni dagli islamici». Per questo motivo l’opposizione sovranista non si ferma al voto contrario ma è pronta a proporre una commissione di inchiesta per far luce sui rapporti con Stato governati da regimi illiberali sui quali – guarda caso – è calato un muro di silenzio internazionale.
Ha fatto discutere, a proposito dell’accordo Italia-Qatar, l’atteggiamento della Lega che si è schierato per il sì. «Con il voto a favore dell’Accordo di cooperazione in materia d’istruzione, università e ricerca scientifica con il Qatar, la Lega apre definitivamente i porti dell’Italia al proselitismo fondamentalista di Doha e dei Fratelli Musulmani». Ad attaccare è Souad Sbai, presidente del Centro Alti Studi Averroè e dell’Associazione delle Donne Marocchine in Italia, sorpreso del fatto che «sul provvedimento non c’è stato il Vietnam preannunciato dalla Lega».
Adesso il dossier passa a palazzo Madama. Proprio per questo sia FdI che Sbai lanciano un avvertimento agli alleati: «Se l’Accordo sarà approvato anche al Senato, l’Italia esprimerà a pieno il suo potenziale non come “hub europeo per il Golfo e il Mediterraneo”, ma come avamposto in Europa del principale finanziatore dell’islamismo radicale, come ampiamente documentato nel libro inchiesta “Qatar Papers”».