La democrazia sotto assedio

Chi manipola davvero la libertà in Europa? Non Musk, Orbán, Salvini o Vance, ma un sistema mediatico al soldo dei globalisti che vuole zittire il popolo.

L’articolo di Milena Gabanelli e Francesco Battistini, pubblicato sul Corriere della Sera con il titolo «Vance, Musk, Orbán e Salvini: le bugie e i fatti che mettono a rischio le democrazie europee» è un attacco politico che schiera, accusa e impone, senza informare. Nel mirino, quattro figure – J.D. Vance, Elon Musk, Viktor Orbán e Matteo Salvini – accusati di “diffondere bugie” e “destabilizzare la democrazia”. 

Ma il loro crimine è evidente: osano sfidare un’agenda globalista che vuole popoli senza identità, cittadini ridotti a consumatori e nazioni private di sovranità. Lontani dall’essere una minaccia, questi leader – insieme a Donald Trump e Giorgia Meloni – guidano una rivoluzione patriottica contro un sistema mediatico finanziato da enti come USAID (smantellato da Trump e Musk) e da personaggi come George Soros, che agiscono come megafoni dell’ideologia woke. La vera battaglia non è per la “verità”: è per chi ha il diritto di parlare, pensare e votare liberamente.

La crisi della democrazia: il popolo non è il nemico, l’élite globalista sì

La crisi democratica non nasce dal basso, da chi vota Orbán in Ungheria o sostiene Salvini in Italia. Nasce dall’alto, da un’élite che disprezza la sovranità popolare e considera il dissenso un’eresia. Nel 2018, il governo Lega-5 Stelle fu accolto dai media mainstream come una calamità. Nessuna autocritica sulle politiche che avevano generato quel voto: solo condanne, ironia, ostracismo. Lo stesso copione si è ripetuto con Brexit, Trump, Orbán, Meloni. Ogni volta che il popolo esce dallo spartito, i media – finanziati da USAID e dalle donazioni di Soros tramite Open Society Foundations – suonano l’allarme, dipingendo il dissenso come “populismo” o “illiberalismo”. La democrazia non è minacciata da chi vince elezioni libere, ma da chi le considera un errore da correggere, usando la propaganda per omologare le masse in consumatori senza identità e radici.

Elon Musk: l’antidoto alla censura globalista

Elon Musk è accusato di “legittimare” i populisti con la sua gestione di X. Ma il suo crimine è aver restituito alla rete la libertà di parola. Prima della sua acquisizione, le piattaforme social censuravano chi criticava l’agenda woke – dal Covid all’immigrazione – o metteva in dubbio narrazioni come il Russiagate, una montatura spacciata per verità dai media mainstream. Musk ha trasformato X in uno spazio dove le idee circolano liberamente, rompendo il monopolio di unélite che usa la tecnologia per controllare il pensiero. L’intervista a Trump dell’agosto 2024, che l’UE ha cercato di censurare, ha raggiunto un miliardo di visualizzazioni in 12 ore, dimostrando che i cittadini vogliono dibattito, non filtri ideologici. Accusare Musk di minacciare la democrazia è assurdo: è l’antidoto a un totalitarismo digitale che promuove l’ideologia woke per cancellare identità e destabilizzare comunità. La libertà di parola non è a corrente alternata: o vale per tutti, o non esiste.

Viktor Orbán: il patriota che difende la sovranità

Se Musk combatte la censura digitale, Orbán difende la sovranità nazionale. Viktor Orbán è dipinto come un “autoritario” che mina la democrazia. Ma i fatti lo smentiscono: dal 2010, governa l’Ungheria con maggioranze plebiscitarie in elezioni regolari, difendendo confini, famiglia e identità cristiana, come voluto dagli ungheresi. Durante la crisi migratoria del 2015, ha protetto la sua nazione dall’immigrazione incontrollata, mentre l’UE imponeva un multiculturalismo che ha generato ovunque ghetti e insicurezza. Il suo “reato” è non piegarsi al pensiero unico globalista, che considera la sovranità un tabù e promuove un’Europa senza identità per favorire le multinazionali. Orbán non è il problema: è un modello di governo patriottico, che smaschera l’arroganza di Bruxelles e dei media mainstream, pronti a demonizzare chi mette il proprio popolo al primo posto.

Matteo Salvini e J.D. Vance: la voce dei dimenticati

Matteo Salvini e J.D. Vance sono accusati di “bugie” per alimentare il malcontento. Ma il loro successo nasce dalla capacità di parlare a chi è stato ignorato dalle élite globaliste. Salvini, da Ministro dell’Interno, ha ridotto gli sbarchi clandestini del 90% (2018-2019), rispondendo alla richiesta di sicurezza degli italiani. Vance, Vicepresidente USA, rappresenta l’America profonda, schiacciata dalla globalizzazione e disprezzata dalle élite, come racconta in Hillbilly Elegy. Dicono verità scomode: l’immigrazione di massa è una bomba sociale; il Green Deal, con i suoi costi energetici triplicati dal 2020, strangola le imprese europee per favorire la Cina; l’ideologia woke è una gabbia che soffoca la libertà. Etichettarli come “bugiardi” è un trucco per evitare il confronto. Se milioni li seguono, il problema è un’élite che ha smesso di ascoltare, preferendo manipolare l’opinione pubblica con la propaganda mainstream.

I media mainstream: indottrinamento e “validazione”

Gabanelli e Battistini si spacciano per custodi della verità, ma difendono un sistema mediatico al soldo dei globalisti. I media mainstream non informano: indottrinano. Sono i “validatori” dell’agenda woke, che promuove immigrazione incontrollata, cancellazione di identità nazionali, religiose e di genere, e un ecologismo ideologico che arricchisce la Cina mentre impoverisce l’Europa. Un esempio? Il discorso di Trump del 16 marzo 2024 sul “bagno di sangue” economico dell’industria USA, trasformato dai media in una minaccia di guerra civile. Questa non è informazione: è manipolazione. Il loro obiettivo è chiaro: omologare le masse in consumatori senza radici, che pensano e votano secondo gli input della propaganda. La verità non è un monopolio da amministrare dall’alto: è il frutto di un confronto libero, che i media globalisti vogliono soffocare.

Giorgia Meloni: il faro dei patrioti europei

Se Musk combatte la censura e Orbán difende la sovranità, Giorgia Meloni incarna la rivoluzione patriottica in Europa. Unica leader presente al secondo insediamento di Trump il 20 gennaio 2025, Meloni ha messo al sicuro il bilancio dello Stato, gestito con successo i fondi PNRR, ridotto gli sbarchi clandestini del 60% nel 2024, vietato l’utero in affitto con una legge del 2024 e protetto le scuole dall’ideologia gender. Ha sfidato l’UE, respingendo il Green Deal che triplica i costi energetici e favorisce la delocalizzazione in Cina. Eppure, i media la dipingono come un pericolo, perché osa dire “Dio, Patria, Famiglia” in un’Europa che vuole cancellare ogni identità. Meloni non è solo la voce dell’Italia: è il faro dei conservatori e dei patrioti europei, da Marine Le Pen in Francia a Viktor Orbán in Ungheria e, da domenica, si spera anche George Simion in Romania, che stanno riscrivendo il futuro del continente.

L’Europa al bivio: libertà o tecnocrazia globalista?

L’articolo del Corriere è l’emblema di una guerra culturale per il futuro dell’Europa. Da un lato, i cittadini che chiedono sovranità, sicurezza e identità. Dall’altro, un’élite globalista che usa i media per imporre l’ideologia woke, cancellare le identità e promuovere politiche che impoveriscono i popoli. In Francia, le accuse a Marine Le Pen per impedirle di candidarsi; in Germania, la sorveglianza su Alternative für Deutschland come “minaccia estremista”; in Italia, la demonizzazione di chi critica l’immigrazione incontrollata e l’ormai patetico espediente del “pericolo fascismo”. Questo non è progresso: è autoritarismo. L’Europa deve scegliere: un concerto di nazioni sovrane, come chiedono a gran voce Meloni e i suoi alleati, o un super-stato tecnocratico al servizio delle multinazionali. La democrazia si salva tornando alle radici giudaico-cristiane, non inginocchiandosi al nichilismo woke.

La censura non è la soluzione, è il problema

Grazie a Dio il vento del cambiamento non si arresta con un editoriale, e nemmeno con la censura. La storia insegna che, quando le élite si chiudono nei salotti e tentano di squalificare il popolo, sono loro a perdere il contatto con la realtà. La rivoluzione in atto non chiede il permesso: cresce nelle urne, nei territori, nelle piattaforme libere come X, tra chi ha deciso di non essere più spettatore ma protagonista.

La libertà si conquista ogni giorno, con coraggio, lucidità e visione. E oggi più che mai, l’Europa ha bisogno di donne e uomini disposti a difenderla con la verità nei fatti, non con la menzogna. 

Perché chi ha paura del popolo, evidentemente sa di essere dalla parte del torto.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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