La destra al governo e la lotta alle mafie

Paolo Borsellino ha sempre rappresentato nell’immaginario delle giovani generazioni di destra un punto di riferimento. Probabilmente sarà il fatto che da giovane fece parte del Fronte della Gioventù al punto che non è azzardato dire che per moltissimi è stato, e lo è ancora, una fonte d’ispirazione. Non è un caso che la stessa Giorgia Meloni in più occasioni abbia confessato che proprio la morte dei due giudici simbolo della lotta alla mafia, Falcone e Borsellino, l’abbiano spinta all’attività politica. E senza dubbio anche la violenta morte che colse prima l’uno e poi l’altro sia servita a rendere ancora più immaginifiche le loro figure, destinandole sempre più al ruolo di veri e propri eroi civili.

Tornando a Paolo Borsellino, giusto un anno fa abbiamo celebrato i trent’anni della drammatica strage di via d’Amelio, dove non solo il giudice ma anche gli stessi agenti della scorta rimasero vittime di un terribile attentato. In realtà paradossalmente l’anniversario di quest’anno si carica di un valore simbolico ancora maggiore. Anzi di ben due in particolare: in primo luogo il fatto che l’anniversario lo celebreremo con un presidente del Consiglio di destra, Giorgia Meloni. Infatti, non può passare in secondo piano il dato che questo 19 luglio alle celebrazioni presenzierà un premier di destra.

L’altro elemento, altrettanto carico di significato, è che l’ultimo capo dei capi, l’ultimo esponente di quella “Cosa nostra” che per decenni ha dominato il panorama criminale italiano, e che tanta parta di responsabilità ha nell’assassinio di Borsellino, è stato arrestato. Avere assicurato Matteo Messina Denaro dietro le sbarre senza alcun dubbio dà un valore del tutto particolare a questo 19 luglio.

Allo stesso tempo però proprio quest’ultimo particolare ci offre lo spunto per fare qualche riflessione, che a prima impronta potrebbe sembrare provocatoria ma che non lo è affatto: insomma, dopo l’arresto dell’ultimo capo dei capi ha ancora senso una lotta alla mafia? E soprattutto è ancora opportuna condurla con gli stessi strumenti che utilizzarono Falcone e Borsellino? Oppure, proprio l’arresto di Messina Denaro impone di cambiare approccio e di rivedere la lotta alla mafia?

Forse per prima cosa dovremmo iniziare a parlare piuttosto che di lotta alla mafia di lotta alle mafie, dove per mafie intendiamo camorra e ‘ndrangheta che oggi per pericolosità criminale e sociale hanno sopravanzato la stessa ‘Cosa nostra’ che, peraltro, non esiste più.

La destra è storicamente legata a un modello che ha sempre privilegiato l’approccio securitario-investigativo della lotta alla mafia, lasciando il tema sociale e culturale quasi sempre sullo sfondo, considerato poco efficace. E’ ancora attuale quel modello ‘legge o ordine’?  O non sarebbe più opportuno prendere coscienza che le radici di questa malapianta criminale, che oggi ha due teste (appunto camorra e ‘ndrangheta) vanno recise sul terreno del disagio giovanile? In quelle periferie dis-umane e alienanti dove l’unica occasione di evoluzione e rivalsa sociale è quella di essere un affiliato a un clan. Luoghi dove la luce della cultura e della scuola non riesce a diradare le nebbie della violenza e della prevaricazione.

Basterebbe dare uno sguardo ai rapporti della DIA oppure del Tribunale dei minori per rendersi conto che proprio dove prospera l’abbandono scolastico è forte il richiamo dell’eversione criminale; che è sempre più bassa l’età in cui si decide di passare nelle fila del crimine. E’ evidente che per contrastare questo fenomeno il modello ‘legge e ordine’ serve a ben poco e che invece piuttosto occorre puntare sul futuro, quello delle giovani generazioni alle quali è indispensabile dare una speranza di vita.

Occorre offrire un modello di vita alternativo dove è la cultura, l’istruzione, lo sport ad essere elemento di riscatto ed elevazione sociale. A questo una destra di governo deve senza alcun dubbio pensare e lavorare e quale migliore occasione più essere l’anniversario di uno dei principali eroi civili della nostra epoca?

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