La dittatura del ricatto: come il potere ti controlla senza che tu te ne accorga

Viviamo in un tempo in cui tutto sembra fluido, relativo, reversibile. Ma c’è una forza che agisce in profondità, che plasma le nostre vite molto più di quanto siamo disposti ad ammettere. Una forza silenziosa, subdola, spesso invisibile ma potentissima: il ricatto. È questa la tesi portante dell’ultimo, coraggioso e lucidissimo libro di Marcello Foa, La società del ricatto e come difendersi, che consiglio a tutti di leggere perché riesce a fare ciò che oggi è raro: connettere i punti, scoprire le trame nascoste, portare alla luce i meccanismi profondi che regolano il potere nella nostra epoca.

Foa ha una capacità unica: riesce a prendere fenomeni apparentemente scollegati – dalle relazioni interpersonali alla geopolitica – e a ricondurli a un denominatore comune. Lo fa con una precisione che in alcuni passaggi lascia sgomenti. Ne emerge un quadro inquietante, ma al tempo stesso necessario per comprendere la realtà che ci circonda. Perché è solo guardando in faccia il potere che possiamo capire come difenderci da esso.

Il ricatto, ci spiega Foa, è ovunque. Nella vita privata, quando le persone usano la manipolazione emotiva per ottenere ciò che vogliono. Nei luoghi di lavoro, dove si gioca con le debolezze personali per consolidare posizioni e gerarchie. Ma è soprattutto nei gangli del potere – politico, economico, mediatico – che il ricatto si fa struttura, metodo, sistema. Un sistema che si è radicato con particolare forza in Occidente e che oggi minaccia le fondamenta stesse delle nostre democrazie.

Foa offre esempi concreti e documentati. Uno dei più emblematici – che personalmente ritengo uno spartiacque nella storia recente del nostro Paese – è quello che accadde nel 2011, quando il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi venne messo sotto pressione da una combinazione micidiale di attacchi finanziari e mediatici. Lo spread salì artificialmente, le azioni di Mediaset crollarono in borsa, i giornali internazionali lo attaccavano a giorni alterni. Risultato? Fu costretto a dimettersi. Non per volontà del popolo sovrano, ma di quei poteri che Foa chiama, con precisione, “gli invisibili”, «dimostrando quanto il potere reale non risieda più nei parlamenti, ma nei board delle grandi istituzioni globali».

E oggi? Il ricatto è diventato ancora più sofisticato. Ha cambiato forma, si è travestito da bene comune. I criteri ESG, l’ideologia woke, le imposizioni green: tutte queste istanze, che sulla carta dovrebbero servire a migliorare il mondo, sono diventate – nei fatti – strumenti per imporre un’agenda politica ed economica decisa da pochi e fatta pagare a molti. Un’agenda che guarda a Pechino molto più di quanto ammetta, e che – di fatto – favorisce la Cina, dove la produzione industriale si è trasferita per volontà dei grandi investitori globali, gli stessi che oggi pontificano da Davos.

In questo contesto, il richiamo alla frase pronunciata da Giorgia Meloni all’indomani della sua vittoria alle elezioni del 2022 suona come una dichiarazione di guerra al sistema: «io non sono ricattabile». Un’affermazione che va letta non solo come tratto caratteriale, ma come una linea politica. Perché Meloni – e qui Foa è molto chiaro – rappresenta oggi un’anomalia nel contesto europeo. Non ha scheletri nell’armadio, non ha conti in sospeso, non deve nulla a nessuno. E proprio per questo, paradossalmente, fa così paura. Perché è libera. E chi è libero, non è controllabile.

La sua forza, la sua coerenza, la sua visione la rendono il leader europeo più solido in questo momento storico. Un punto di riferimento anche oltre i confini nazionali, per chi crede ancora nella sovranità, nell’identità, nella verità. Ed è anche per questo che ha costruito un rapporto privilegiato con Donald Trump, uno che del ricatto ha fatto un’arma per riequilibrare le relazioni di potere, soprattutto con la Cina e con l’Europa tecnocratica.

Trump, infatti, è riuscito a capovolgere lo schema: ha usato il ricatto – i dazi, le minacce commerciali, la pressione politica – per riportare gli Stati Uniti in posizione di forza e sconfiggere il globalismo. E anche se questo ha scatenato reazioni feroci da parte dell’establishment, ha dimostrato che il ricatto può essere neutralizzato solo se si ha il coraggio di giocare allo stesso gioco, ma con regole chiare e finalità nobili.

Ma La società del ricatto non si limita a descrivere il potere. Lo smaschera anche nelle sue forme più moderne e perverse. Come quello delle Big Tech, che negli ultimi anni hanno eretto un vero e proprio regime censorio digitale. Foa documenta la sistematica rimozione di contenuti, la repressione del dissenso, la delegittimazione di chiunque osasse mettere in discussione la narrazione dominante. Il tutto mascherato da “lotta alla disinformazione”. 

E qui torna in mente una delle frasi più celebri del romanzo Il Padrino: «ti farò un’offerta che non puoi rifiutare». Ecco, oggi l’offerta è: o ti adegui, o sparisci. È questo l’atteggiamento mafioso – lo dico senza giri di parole – che molti gruppi di potere hanno fatto proprio.

La Cina, in tutto questo, non è un’alternativa, ma un modello, inquietante ma perfettamente coerente. Il “social credit” che Foa analizza – e che richiama il nostrano Green Pass – è l’apoteosi del ricatto istituzionalizzato. Se ti comporti bene, hai accesso a treni, scuole, ospedali. Se sei “problematico”, vieni escluso. Una società che non premia la virtù, ma la sottomissione. E purtroppo, sempre più governi occidentali guardano con interesse a questo modello.

Ecco perché questo libro è fondamentale. Perché ci sveglia. Ci fa vedere che in tante situazioni che viviamo ogni giorno – sul lavoro, in politica, nei media – siamo immersi in dinamiche di ricatto. E ci dà gli strumenti per riconoscerle, per resistere, per cambiarle. A partire da noi stessi. Dalla nostra vita quotidiana. Dal nostro modo di comportarci, di parlare, di lavorare. Perché non renderci ricattabili, oggi, è un atto rivoluzionario.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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