Non siamo mai state delle sostenitrici della Festa della donna. Tutte le cose troppo “dedicate” ci inorridiscono un po’, e le viviamo come una sorta di recinto. Quindi, l’8 marzo incassiamo la mimosa regolamentare regalata dagli uomini che ci circondano, abbozziamo un sorrisino, ma non andiamo a farci maltrattare con prezzi gonfiati e cibo scandente in qualche ristorante per festeggiare con le amiche: perché, giusto per puntualizzare, rivendichiamo il diritto di andare al ristorante con le amiche quando ci pare.
Detto ciò, vogliamo usare questo 8 marzo per mantenere l’attenzione sulla agghiacciante teoria di omicidi di donne che si perpetrano nelle nostre case in quantità che sembra ormai incontenibile. Probabilmente abbiamo “spinto troppo l’acceleratore” su questi uomini del terzo millennio così poco attrezzati per reggere il colpo e ora loro, sminuiti e compressi, non più re della foresta ma cuccioloni da salotto, si vendicano quando possono nascondendosi dietro esplosioni di violenza fisica che per una donna nella maggior parte delle circostanze significano la morte.
Iniziamo ricordando che in tema di violenza alle donne, il 2019 è partito decisamente male. Nei primi giorni dell’anno, qualcuno forse lo ricorderà, c’è stata in America Latina una recrudescenza di violenza nei confronti delle donne che ha portato a decine di omicidio in un lasso di tempo brevissimo. Per tornare in Italia, sono già qualche decina le donne ammazzate dal 3 gennaio ad oggi, vittime di femminicidi che nessuno è riuscito ad evitare. Eppure abbiamo delle leggi contro gli uomini violenti che non sono male. Il problema, dicono gli esperti, è la cosiddetta “sottovalutazione del rischio”. A volte le vittime stesse, ma più frequentemente chi dovrebbe intervenire per tempo, sottovalutano la pericolosità dell’uomo che magari viene denunciato o segnalato, con risultati tragici.
Per tutte le donne che hanno sofferto per mano degli uomini arrivando a pagare anche con la propria vita, vi ricordiamo oggi le due ultime vittime di femminicidio registrate in Italia.
7 marzo , Messina. Lui si chiama Christian Ioppolo. Lei si chiamava Alessandra Immacolata Musarra. Lei è stata trovata morta nel letto della sua casa, dove lui l’ha lasciata dopo averla uccisa a pugni e calci. “L’ho ammazzata per amore, mi faceva troppo geloso….” Ha confessato l’uomo agli inquirenti alla fine di uno snervante interrogatorio.
7 marzo, Messina. Lui si chiama Vincenzo Lo Presto, 41 anni. Lei si chiamava Fortuna Belisario, e di anni ne aveva 36. Vincenzo e Fortuna erano marito e moglie, insieme avevano 3 figli di 7, 10 e 11 anni che per fortuna quando il dramma è esploso, non erano in casa. Vincenzo ha ucciso Fortuna colpendola ripetutamente con una stampella che usava perché afflitto da problemi ortopedici. Ad assistere all’omicidio, la mamma di lei che è stata colta da malore.