La Francia è il primo Paese al mondo ad aver inserito il diritto all’aborto nella propria Costituzione, paragonandolo di fatto a diritti essenziali quali le libertà fondamentali. Una notizia accolta con grande favore dal mondo progressista, dal mondo woke, sceso per le strade di Parigi, all’ombra della Torre Eiffel, per festeggiare, urlando a squarciagola, il provvedimento. Presenti molte donne, come fatto notare da Maria Rachele Ruiu di Pro Vita e Famiglia: “Il più grande inganno ai danni delle donne: convincere a uccidere i propri figli”, ha commentato, rimarcando il fatto che, piuttosto che rafforzare il diritto all’aborto, andrebbe invece garantito il diritto di lasciar nascere e crescere il bambino. Un diritto che spetta sia direttamente al nascituro, che è un essere umano, ma anche alle madri, che spesso sono costrette ad abortire per ragioni di tipo sociale o economico.
Con questo passo, la Francia dà seguito all’involuzione morale e normativa che l’Occidente tutto sta conoscendo: dal Paese della grande rivoluzione del 1789 che portò per prima nell’Europa continentale la garanzia di diritti fondamentali, a primo Paese che erge a principio fondante (l’ingresso in Costituzione significa di fatto questo) l’uccisione di un bambino inerme. Perché se a volte l’aborto, pur essendo triste e dolorosa, è una strada che, nei suoi limiti, va percorsa per svariati motivi dipendenti dal caso particolare, si tratta di una misura che non lascia scampo a una vita, privata di quel diritto a nascere, a vedere e scoprire il mondo che spetta non diversamente a un bambino già nato. La Patria dei grandi pensatori illuministi che riaccesero l’attenzione sulla dignità di ogni vita umana, si affloscia così e decade dinnanzi all’avanzare delle teorie woke, che giorno dopo giorno sforna assiomi e dogmi ai quali sottostare per non incappare in una presunta intolleranza. Sarà forse intolleranza difendere la dignità di un bambino non ancora nato? “Si tratta di una bandierina politica, misera – dice in suo articolo pubblicato nei giorni scorsi su La Verità Nicola Procaccini, europarlamentare di Fratelli d’Italia e co-presidente dell’Ecr Party – Per Emmanuel Macron è una strizzatina d’occhio all’elettorato della sinistra francese, tanto ossessionata dalla premier italiana che la promotrice socialista dell’iniziativa costituzionale francese l’ha provocatoriamente dedicata proprio a Giorgia Meloni”.
In scelte come questa dunque si scorge il lento declino che sta attraversando l’Occidente, che da culla della civiltà e della democrazia si sta ripiegando in sé stesso, sotto i colpi di un fanatismo che supera i limiti stessi della democrazia, alla continua ricerca di nuove libertà che, in concreto, ne ledono altre. Proprio come nel caso dell’aborto, il cui allargamento deresponsabilizza la donna, la coppia, l’uomo in generale, e non riconosce il primo, più bello e fondamentale diritto dell’ordinamento in cui vuole operare: la vita.
Caro Andrea, altri tuoi interventi mi sono sembrati migliori.
Non credo per nulla che il diritto dei aborto abbia a che fare con il mondo woke.
Si tratta di dire chiaramente, senza fumosi giri di parole, chi può decidere se una donna debba portare a termine una gravidanza non desiderata, per i più vari motivi.
Il prete deve decidere per la donna? O il marito? O un giudice?
No. Solo la donna, naturalmente nell’ambito delle leggi che regolano in un paese civile tale materia.
Un conto è la vita biologica, un altro è la valenza civile di tale vita.
I preti dicono che un embrione fecondato è un essere umano.
Probabilmente qui nasce l’equivoco: un embriore fecondato è vita, ma non è un essere umano portatore di diritti civili e genericamente umani. Dipende interamente dalla donna che lo porta in grembo.
La legge definisce un termine dopo del quale l’embrione, ormai vicino ad una propria autonomia biologica, diventa portatore di diritti.
Portare tale termine al concepimento, nella mia opinone è assurdo, e dire questo non è affatto woke, è razionale.
E’ illuminista.
Nessuno può decidere al posto della donna se una gravidanza indesiderata debba essere portata a termine, naturalmente entro i termini temporali definiti dalla legge.
Il mondo woke dice proprio il contrario.
Dice ad esempio che una donna può fare mercanzia del proprio figlio, per compiacere l’ideologia gender per cui è padre o madre chi pensa di esserlo, e non chi ha generato ed ha cresciuto un figlio, a favore della negazione biologica dei sessi tanto cara, appunto, ai woke.
Vogliamo tornare all’oscurantismo pre-illuminista, ancora oggi così caro a musulmani ed a tante altre analoghe mentalità che considerano le donne come schiave?
Caro Andrea, dagli articoli che hai scritto e dalla sensibilità che trasmetti non penso che tu voglia dire questo. Ma stiamo attenti, il passo è breve e la compagnia di chi è contro alla libertà della donna è sempre più numerosa di quanto si pensi.
Con affetto
Alessandro
Ritengo che l’articolo di Andrea abbia un contenuto molto condivisibile. Tu stesso Alessandro confermi che un embrione è vita, e a mio avviso è sufficiente questo per comprendere che una vita ha diritto di svilupparsi fino alla nascita. Ritengo non corretto dare alla vita delle date, per cui entro un certo periodo di gravidanza non è un essere umano e dopo si. Perché dobbiamo decidere noi che quella vita non deve nascere? L’aborto, come indicato nell’articolo, può essere una necessità in qualche caso ed è previsto dalla legge, ma non è giusto che sia vantato come un diritto costituzionale o utilizzato come un anticoncezionale o addirittura in uno stato di gravidanza avanzato. In alcuni Paesi l’aborto è consentito fino alla nascita del bambino, CI scandalizziamo tutti giustamente quando vediamo bambini venire uccisi, ma non quando è ancora nel grembo materno. Che cultura è quella che consente ad una persona di decidere se una vita deve continuare o no? Solo perché ancora non è “visibile”? Se una persona ne uccide un’altra viene condannata, giustamente. Invece un bambino nel grembo materno (ho visto fotografie di feti di pochissime settimane che sono già formati) può venire soppresso ed addirittura si ha il diritto di farlo? Quella che tu chiami vita è lo stadio biologico che consentirà all’embrione di diventare un bambino e quindi già portatore del diritto di nascere. Come si può affermare che solo quando il feto ha una sua autonomia biologica è portatore di diritti? Dov’è la razionalità in questo? Non penso che solo i preti riconoscano che la vita nasce già fin dal concepimento.
Purtroppo certe “concessioni” lasciano poi il campo ad ingiustizie ancora più grandi. Non è corretta l’analogia ai musulmani o pensare che togliere questo “diritto” renda le donne schiave, Anzi, in molti casi l’aborto le condanna ad una vita di rimorsi e di rimpianti. E’ certamente un tema molto delicato; certamente una gravidanza non desiderata in alcuni casi può portare problematiche alla donna, che io rispetto, ma qui subentra invece una cultura dell’aiuto, della condivisione che dovrebbe fare progredire le strutture di aiuto alla vita che esistono già. Tu affermi che solo la donna ha il diritto di decidere; il “padre” no?, Lui non ha voce in capitolo? Solo perché non lo porta lui?
Piuttosto io sono favorevole al riconoscimento in Costituzione del diritto alla vita e del diritto che venga difeso chi non può farlo.
Una legge che disciplina l’aborto c’è, che bisogno c’è di inserirlo in Costituzione come un diritto?
Ricorda Alessandro che il sonno della ragione produce mostri. Si sa come si inizia, ma non si sa come si finisce. E di esempi ce ne sono, tu stessi ne hai riportato qualcuno che tu non ritieni giusti, ma altre persone si. Quello che è normale per alcuni, non lo è per altri. Proprio per questo penso che occorra darsi delle regole morali più stringenti.
Buona vita.
Daniele
Non prendere la mia risposta alla tua come un voler discutere per forza su chi abbia ragione.
Rispetto la tua posizione, peraltro confortata dal consenso di molti.
Condivido la volontà di sviluppare leggi e contesti sociali ed economici che sostengano la maternità, che l’aborto è in ogni caso un dramma, per la stessa donna che vi ricorre, ma che sia inevitabile che la legge ne preveda la possibilità.
Forse mettere questo diritto nella Costituzione può apparire un gesto eclatante e polemico, in Italia non credo ne abbiamo bisogno, abbiamo già una legislazione che mi sembra equilibrata, pur in contesti applicativi diversi.
Mi restano delle domande:
Grazie in ogni modo della tua risposta e della tua critica, che mi fa ben sperare sul fatto che la ragione non si sia ancora assopita.
Con affetto
Alessandro