Nel marzo 2018 la stampa riporta la notizia che la Francia, a seguito degli accordi di Caen del 21 marzo 2015 con il governo Gentiloni (accordi non ancora ratificati dal nostro Parlamento), procede in autonomia, volendo dare attuazione unilaterale al trattato. L’allarme era serio perché le notizie di stampa circolate indicavano il 25 marzo come data dell’entrata in vigore del trattato. La notizia dell’entrata in vigore unilaterale alla data del 25 marzo 2018 si rivela errata, ma il problema del trattato di Caen è reale e concreto.
Il trattato, in poche battute, assegna parti delle acque territoriali della Sardegna, della Toscana e della Liguria alla Francia. Acque ricce di pesce, ma anche di risorse naturali: infatti il trattato riguarda anche una grande riserva da 1,4 trilioni di metri cubi di gas e da 0,42 miliardi di barili di petrolio scoperta al largo della costa sarda, che l’Italia non potrebbe sfruttare in maniera esclusiva, dato che l’articolo 4 del trattato prevede che sia possibile accedere alla riserva presente sotto il fondale italiano avviando la trivellazione direttamente dal versante francese.
L’allarme è scattato quando si è, in verità, appreso che la Francia aveva avviato una consultazione pubblica il 25 marzo del 2018, in merito un documento ufficiale del Governo francese dal titolo emblematico di “Documento strategico sul litorale del Mediterraneo: situazione esistente, posta in gioco e prospettive 2030”. In questo documento sottoposto ai cittadini francesi, infatti, i confini marittimi erano già modificati, includendo anche aree di mare ancora italiane.
A seguito dell’attenzione suscitata sulla questione da Giorgia Meloni e FdI, la Farnesina è intervenuta con una nota spiegando che il trattato non produce effetti giuridici fino a che non viene ratificato dall’Italia attraverso il Parlamento. Ed in merito alla consultazione del 25 marzo, la stessa nota del 18 marzo 2018, spiegava che, come informa l’ambasciata di Francia a Roma, riguardava semplicemente “una consultazione pubblica nel quadro della concertazione preparatoria di un documento strategico” sul Mediterraneo che si riferiva al diritto ed alle direttive europee esistenti e che non era volta in alcun modo a “modificare le delimitazioni marittime nel Mediterraneo”. L’ambasciata riconosceva poi che “le cartine circolate nel quadro della consultazione pubblica contengono degli errori (in particolare le delimitazioni dell’accordo di Caen, non ratificato dall’Italia)” e aggiungeva che “esse saranno corrette al più presto possibile”.
Ma non è finita qui.
Infatti in questi mesi la Francia ci ha riprovato. L’ennesimo blitz si è concluso con un’altra consultazione pubblica tenutasi fra marzo e giugno di quest’anno.
La consultazione riguarda la conclusione del processo deliberativo con il quale la Francia ha presentato un piano strategico economico e ambientale su quei tratti di mare, il “Stratégies de façade maritime – #MerLittoral2030”. Lo scenario del Mediterraneo e la visione per il 2030 sono presentati nella parte 1 del documento sintetico. Di nuovo, come l’anno passato, la consultazione ha presentato al pubblico una cartina con i confini disegnati dal trattato di Caen.
Da un punto di vista strettamente giuridico, ai sensi della Convezione di Vienna, il trattato entra in vigore dopo la reciproca notifica della ratifica avvenuta in seno agli Stati firmatari. Principio ribadito anche nel testo dello stesso trattato di Caen del 25 marzo 2015.
Ciò nonostante, appare evidente il tentativo francese di creare una situazione de facto in aperta forzatura con il diritto internazionale.
Già nel 2018 il primo errore, commesso nella precedente consultazione pubblica, era stato “causale”, così almeno aveva detto l’ambasciatore francese a Roma. Quest’anno assistiamo ad un secondo errore, identico al primo, che delinea confini marittimi ancora non in vigore. Ancor un errore “casuale”?
È evidente che la Francia miri a porre nei fatti la modifica dei confini, operando una chiara forzatura del diritto internazionale, evidentemente per mettere l’Italia davanti il fatto compiuto agli occhi della comunità internazionale.
Non è un caso, infatti, che nel gennaio 2016, la gendarmeria marittima di Nizza ha intercettato il peschereccio italiano “Mina” all’interno dell’area che si supponeva trasferita alla sovranità francese. Le autorità portuali del Paese transalpino contestavano all’imbarcazione italiana lo sconfinamento e provvedevano al sequestro del peschereccio, rilasciato soltanto dopo il pagamento di una cauzione di 8.300 euro. A seguito delle proteste italiane, il Governo di Parigi ha porto le scuse all’Italia dichiarando, in merito all’incidente di Nizza, che la gendarmeria del luogo era incorsa in un errore d’interpretazione sull’entrata in vigore delle nuove norme.
L’Italia a questo punto dovrebbe ufficialmente protestare con la Francia che continua a diffondere cartine geografiche con i confini delle acque territoriali modificati, perché questi eventi sembrano, più che errori, una vera e propria strategia volta a modificare de facto una situazione che sul piano giuridico è immobile, dal momento che il Parlamento italiano non sta attualmente procedendo alla ratifica del trattato di Caen.
Per questo, per fugare ogni dubbio e chiudere definitivamente la questione, il nostro Governo deve ritirare l’Italia dal trattato, indicando chiaramente alla Francia che la volontà posta in essere dall’allora governo Gentiloni è mutata e il nostro Paese non ha più interesse ad aderire al trattato che ridefinisce i confini delle acque territoriali.