Un buon leader politico deve brillare senz’altro di luce propria e non soltanto di quella riflessa da chi l’ha preceduto nella Storia. Tuttavia, il passato ed anche realtà contemporanee, magari oltreconfine, possono aiutare sia circa gli insegnamenti positivi da seguire e attualizzare che per quanto riguarda gli errori da non ripetere, e può succedere che si finisca con l’assomigliare, in parte o quasi del tutto, a qualche celebrità politica più o meno attuale.
Alcuni, ancor prima delle elezioni politiche e della vittoria storica di Giorgia Meloni, si sono spinti a paragonare la leader di Fratelli d’Italia, divenuta poi premier, ad un noto Capo di Governo donna del passato, che ha guidato il Regno Unito dal 1979 al 1990. Stiamo parlando, ovviamente, di Margaret Thatcher. Altri, dinanzi a tale comparazione, hanno quasi sorriso, ritenendo improprio equiparare la Lady di ferro britannica e la presidente di FdI, ma più Giorgia Meloni va avanti con la propria azione di Governo e sempre meno appare campato per aria il tentativo di individuare punti in comune con la Thatcher.
Non c’è solo il fatto di occupare il medesimo campo conservatore, anche se, per essere pignoli, quello della Iron Lady era un conservatorismo tipicamente anglosassone, con l’aggiunta di una visione liberista in economia, sovrapponibile alle posizioni di Ronald Reagan negli Stati Uniti.
Mentre, il conservatorismo di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia viene da una lunga e progressiva evoluzione della destra nazionale italiana, che comunque ha spinto i conservatori e patrioti italiani ad avvicinarsi anche agli odierni Tories d’oltremanica. Non dimentichiamo che la premier italiana si trova anche a capo di Ecr, il partito dei Conservatori e dei Riformisti europei fondato proprio dai conservatori britannici prima della Brexit.
Noi maschi dobbiamo ammetterlo, le donne si impegnano molto più di noi in qualsiasi cosa facciano, dalle professioni alla politica, ma fra la Meloni e la Thatcher si scorge in particolare un comune linguaggio della verità, la stessa tenacia e il medesimo coraggio.
Il linguaggio della verità è una virtù che ben pochi politici hanno e consiste nel non nascondere ai cittadini la situazione contingente, soprattutto quando essa non è rosea, evitando così di indorare temporaneamente la pillola solo per non perdere il consenso, salvo poi far pagare al Paese, subito dopo, un costo maggiore.
La tenacia è una caratteristica necessaria per uno statista di qualità che intende portare a termine quanto si è prefissato perché ritiene di fare il bene della Nazione, anche se, legittimamente, non tutti ne sono convinti e c’è chi contesta, pure in modo aspro.
Qui, entra in gioco il coraggio di fronte alla possibilità di scontentare parti della opinione pubblica o qualche categoria, e di dover reggere, quindi, alle contestazioni. La popolarità di Margaret Thatcher non fu sempre alle stelle e la premier conservatrice dovette affrontare negli anni Ottanta numerosi e massicci scioperi, (sono rimaste nella Storia le lunghe agitazioni di minatori e portuali). Ma la Lady di ferro, denominata così non a caso, non cedette di un millimetro in merito alle proprie riforme.
Giorgia Meloni, per esempio, ha stoppato il Superbonus sulle ristrutturazioni edilizie, sapendo bene di provocare un certo numero di mal di pancia presso i lavoratori e le imprese del comparto. Però, ha ritenuto, giustamente, che fosse doveroso per il bene collettivo fermare una gigantesca distorsione, che non avrebbe dovuto nemmeno vedere la luce, almeno a quelle condizioni, la quale, i dati sono pubblici e chiari, è costata tanto allo Stato a fronte di una irrisoria percentuale di ristrutturazioni a livello nazionale.
L’Italia del clientelismo, del voto di scambio e del “ti aiuto un pochino adesso per poi massacrarti a tempo indeterminato”, ha bisogno di un Governo lineare e convinto della bontà delle proprie azioni, altrimenti continuerà ad essere il parente degenere della famiglia occidentale.