Da una parte gli agguati commerciali cinesi ai nostri porti, dall’altra le provocazioni delle navi Ong, ci ricordano che la lotta per sovranità nazionale si combatte in primo luogo nel Mediterraneo. Per le forze sovraniste sarà dunque sempre più necessario rivolgere il proprio sguardo verso le politiche marittime ed iniziare a misurarsi con l’agguerrita controparte mondialista sullo stesso campo.
Dopo le navi ONG “Mare Jonio” e “Alan Kurdi”, il compito di agitare le acque del Mare Nostro spetta ora alla “Sea Watch3”. Sui reali obiettivi di queste navi è stato già detto tutto inutile aggiungere che la strategia è sempre la stessa: alimentare un sentimento di pietà verso i presunti naufraghi per poi favorire l’immigrazione clandestina, insomma una sorta di ricatto morale alle istituzioni che trova sponda sulla terraferma nell’apparato ecclesiastico e sui banchi parlamentari delle sinistre anti-italiane.
Una riflessione però si rende necessaria, innanzitutto va registrata l’iper-politicizzazione degli equipaggi delle ONG, sia nel caso della “Mare Jonio”, sia per quel che concerne la “Sea Watch3”, assistiamo infatti a comunicazioni che somigliano sempre più a rivendicazioni politiche, un linguaggio a cui seguono provocazioni tipiche del “modus operandi” degli ambienti ideologici di estrema sinistra, d’altronde gli stessi “capitani” di queste navi, si pensi a Luca Casarin, (capo missione della Ong Mediterranea) non fanno mistero della loro militanza nei movimenti antagonisti. Per i vecchi leader della sinistra extra-parlamentare le ONG rappresentano dei centri sociali in movimento molto più redditizi e meno rischiosi da gestire rispetto ai tradizionali stabili: nessun rischio di sgombero, nessuna forma di controllo da parte delle istituzioni. Insomma abbiamo a che fare con enti “liquidi” e trasnazionali facilmente propagandabili con la solita retorica buonista che, oltretutto, in questo caso, è funzionale al finanziamento stesso dell’organizzazione.
Più in generale si può affermare che i finti annegamenti, le fake-news, le vere e proprie messinscena smascherate dagli osservatori più attenti, hanno l’obiettivo di far leva sul senso di pietà-colpa degli occidentali per ingraziarsi facoltosi donors/donatori che contribuiscono a sostenere un sistema ben oliato.
Il guadagno per la sinistra anti-nazionale è così duplice: da un punto di vista ideologico persegue un’azione che ha come obiettivo lo sradicamento di ogni identità nazionale con il fine ultimo della disintegrazione del concetto stesso di Patria mentre a livello materiale si è in grado di generare un consistente profitto.
Dunque, dopo aver osservato che il campo d’azione è rappresentato dal nostro mare e che la militanza esclusivamente partitica rischia oggigiorno di non risultare efficace a causa di una certa rigidità di manovra, per le forze identitarie e sovraniste si rende necessario un cambio di passo, una serie di iniziative che possano permettere di sfidare sul campo e ad armi pari la controparte immigrazionista. In fondo nulla vieta di far nascere ed utilizzare strumenti più snelli e concreti sul modello delle ONG con il fine ben più nobile di difendere la nostra Patria ed i nostri confini, coinvolgendo in modo sano e genuino donatori che hanno ancora a cuore la nazione italiana. Ovviamente tali iniziative non possono e non devono sostituirsi ai partiti tradizionali, ma semplicemente portare le istanze dei patrioti laddove si combattono gli interessi nazionali, opporre dunque una presenza marittima tricolore alle forze mondialiste che sino ad oggi si sono mosse quasi indisturbate.