Le conferenze che si sono svolte a Varsavia (13 febbraio) e Monaco (15-17 febbraio) hanno mostrato un certo aggravarsi della deriva della politica estera mediorientale dell’Unione Europea.
Sono note le differenti posizioni con gli Stati Uniti circa il ripristino delle sanzioni nei confronti dell’Iran. L’unica circostanza in cui l’UE riesce a esprimere una politica estera comune è proprio sul dossier iraniano, per la soddisfazione dell’Alto rappresentante Federica Mogherini, passionaria sostenitrice dell’accordo sull’ambiguo programma nucleare di Teheran, cassato invece dall’amministrazione Trump.
La prospettiva mogheriniana va in realtà oltre il no alle nuove sanzioni americane e la difesa del cosiddetto Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) fortemente voluto insieme ad Obama. La sua assenza a Varsavia segnala una divergenza ben più profonda (e preoccupante) di carattere geopolitico. Perché se gli Stati Uniti e il Quartetto arabo contro il terrorismo, composto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto, stanno serrando i ranghi per contrastare l’espansionismo in Medio Oriente del regime khomeinista, Mogherini è proprio questo espansionismo che sembra voler legittimare.
Non risultano sue dichiarazioni critiche nei confronti dell’estremismo delle milizie sciite armate e finanziate dall’Iran che continuano a uccidere attivisti per i diritti umani, intellettuali, le libere voci della società civile in Iraq. Neppure gli Houthi nello Yemen, sempre armati e finanziati dall’Iran, sono quanto meno oggetto di richiamo per le violazioni dei diritti umani commesse nei territori occupati e per il mancato rispetto dell’accordo raggiunto in Svezia con il governo legittimo per l’evacuazione delle milizie dalla città portuale di Hodeida. Una malcelata ammirazione è poi riservata a Hezbollah in Libano, punta di diamante della presunta “resistenza” antimperialista, malgrado tenga in ostaggio il paese con la minaccia delle sue milizie, naturalmente armate e finanziate dall’Iran, e di nuovi attacchi terroristici per eliminare gli avversari politici.
Così facendo, Mogherini si dimostra sempre più il pilastro europeo dell’alleanza islamista ormai consolidatasi tra Iran, Qatar e Turchia, su cui poggia la vasta rete transnazionale dei Fratelli Musulmani, che costituiscono la matrice ideologica del terrorismo e del jihadismo contemporaneo, da Al Qaeda all’ISIS. A Varsavia, infatti, oltre all’Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dell’UE, i convitati di pietra erano l’emiro di Doha, Tamim Al Thani, e il presidente sultano neo-ottomano, Recep Tayyip Erdoğan. A Monaco, invece, Mogherini era ben presente e nel corso del suo intervento non ha mancato di difendere il JCPOA, insieme alla Cancelliera tedesca, Angela Merkel.
Che la distanza tra le attuali élite e la società civile in Europa sia divenuta pressoché incolmabile, lo dimostrano le manifestazioni di protesta svoltesi al di fuori della struttura che ospitava la conferenza. Associazioni per i diritti umani sia tedesche che di altre nazionalità hanno espressamente richiesto agli organizzatori dell’evento di divulgare un documento volto a impegnare la Germania e tutti gli stati membri dell’UE a non vendere armi alla Turchia e a interrompere ogni relazioni di tipo militare: una richiesta tutt’altro che pretestuosa, visto che gli Stati Uniti stanno già riconsiderando i rapporti con Ankara in ambito difesa, compravendita di armamenti inclusa, e che implicherebbe, se soddisfatta, la fuoriuscita di fatto della Turchia dalla NATO.
Le 4 mila persone intervenute alle manifestazioni hanno anche ricordato le vittime innocenti curde provocate dall’aggressione delle forze armate di Erdogan sia ad Afrin in Siria, che all’interno del territorio turco. Un argomento completamente negletto dalla Mogherini, come da tutti i capi di stato e di governo e dagli esperti che hanno preso parte alla conferenza di Monaco, forse per non urtare la sensibilità del Ministro degli Esteri del Qatar, Mohamed bin Abdulrahman Al Thani, a cui è stata offerta una passerella d’onore, sfruttata a dovere per promuovere un’immagine santificata del regime di Doha.
Al Thani ha affermato che il Qatar è disponibile al dialogo per risolvere la disputa in corso nel Golfo, mostrandosi dispiaciuto che le leadership dei paesi che compongono il Quartetto arabo continuino a mostrarsi non intenzionate in tal senso. Quello che Al Thani ha tuttavia omesso di dire è che il Quartetto sarebbe ben felice di porre fine all’embargo e riavviare il dialogo con il Qatar, quando Doha smetterà di finanziare l’estremismo e il terrorismo dei Fratelli Musulmani. Eventualità, questa, ancora molto lontana dal verificarsi.
Non c’è bisogno di dire che a Monaco non si è parlato neppure della linea rossa del jihad che unisce Qatar, Turchia, Iran e Fratelli Musulmani, mentre invece Mogherini ha sicuramente apprezzato il riferimento di Al Thani alle relazioni di buon vicinato tra Doha e Teheran. Di fronte al configurarsi di schieramenti sempre più netti – Stati Uniti e mondo arabo moderato, da un lato, e l’alleanza islamista dall’altro -, l’Alto rappresentante sembra aver deciso dove collocare la sua Unione Europea. Ma per fortuna della stessa UE, con l’approssimarsi delle elezioni di maggio, il tempo di Madame Mogherini a Bruxelles sta per finire.