Oggi ne parla la stampa di tutto il mondo, ma ci sono voluti quasi 15 giorni perché la notizia salisse agli onori delle cronache dopo essere stata praticamente ignorata. E adesso, all’improvviso, non solo tutti ne discutono, ma l’Arabia Saudita è stretta all’angolo delle sue responsabilità, affossata dal ludibrio generale quasi che prima tutti fossero convinti che la monarchia del paese fosse un governo gentile e democratico, piuttosto che la sanguinosa e cinica autarchia qual è.
Così ora tutti a fare “le anime belle” sconvolti per la scomparsa e la morte di Jamal Kashogghi, giornalista saudita, probabilmente fatto fuori dal regime nel consolato saudita a Instanbul dove era andato a consegnare i documenti del divorzio. Un piano da libro di spionaggio, portato però a termine da una quindicina di agenti speciali sauditi che, alla luce dei fatti, si sono dimostrati più maldestri di Paperino.
Punto uno: come si fa ad ammazzare un uomo dentro a un consolato dopo che lì è stato accompagnato dalla fidanzata che lo attende fuori e che non lo rivedrà più comparire? Cosa si aspettavano che facesse la donna se non andare alla polizia per denunciare la sparizione del suo uomo tra quelle mura?
Punto due: addirittura sembra che esista un filmato dell’omicidio di Kashogghi. Ma la domanda sorge spontanea: chi mai degli assassini avrebbe dovuto riprendere il crimine e perché? Ma se non sono stati gli assassini chi se non la vittima può aver ripreso la sua stessa morte? E infatti ecco uscire fuori il fatto che Jamal aveva al polso uno di quei complicati orologi digitali che manca poco facciano il caffè, ma che hanno fotocamera incorporata e possibilità di trasmettere a cellulari le immagini in diretta. Niente di strano, dunque che, viste le brutte, Jamal abbia deciso di riprendere la sua stessa morte come monito per i posteri, e come solenne fregatura per gli assassini.
E infatti, ecco che la situazione per la monarchia saudita precipita in fretta. Pare che all’interno delle sacre mura del consolato in diretta con il monarca che poi sicuramente farà piangere a qualcuno dei suoi lacrime di sangue, si decida di dire che Jamal Kashogghi è morto durante un interrogatorio andato male. Il tutto per cercare di alleggerire comunque la posizione del monarca e dell’erede al trono, molto amico del genero di Trump. Il quale Trump, infatti, fa sentire la sua voce. Sostiene di aver parlato della questione con sua maestà re Salman il quale gli avrebbe negato di essere al corrente di alcunché rispetto alla morte del giornalista. Insomma, credibili tutti e due…
Intanto, dalla Turchia fanno sapere che nella squadra dei 15 sauditi arrivati al consolato di Instambul fosse presente anche uno specialista di autopsie che trasportava con sé una sega per ossa, dettaglio questo che avvalorerebbe l’omicidio e lo smembramento del povero Jamal. Ma per evitare una crisi politica che potrebbe rivelarsi pesante e onerosa non solo per l’Arabia Saudita, l’amministrazione americana fa sapere di non essere disposta nemmeno a un piccolo passo indietro riguardo ai contratti miliardari per la vendita di armi al paese del Golfo, e che resta fisso l’appuntamento di lunedì quando amministrazione americana e addetti sauditi si incontreranno in un importante forum per stabilire nuovi investimenti dell’Arabia.
E se verranno abbassati i toni, qualcosina potrebbe ottenerla anche la Turchia, magari aiuti all’economia traballante di Erdogan direttamente da Riyad.
Insomma, prepariamoci, malgrado le tante chiacchiere, i gridolini sconvolti, le belicose porall’Arabia Saudita per la morte di Kashogghi non accadrà proprio nulla.