La pace non trovò né oppressi né stranieri

Quest’anno ricorrono le celebrazioni per il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale che, per l’Italia, ha rappresentato un momento tanto drammatico quanto fondamentale nel processo di costruzione di una coscienza di popolo.

“Soldati di terra e di mare! L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il Comando Supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire… SOLDATI! A voi la gloria di piantare il tricolore sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri.”

Così, con un proclama del Re Vittorio Emanuele, il Regno d’Italia entrava in guerra contro l’Impero Austro-Ungarico. Era l’occasione tanto attesa per completare il processo di unità nazionale e liberare il Trentino e la Venezia Giulia dal dominio straniero. Un esercito, quello italiano, decisamente inferiore per numero e per mezzi rispetto a quello imperiale che, tuttavia, in poco più di tre anni sbaragliò i nemici e li obbligò a ritirarsi, risalendo in fretta e furia le vallate che avevano attraversato sicuri della vittoria.

La Prima Guerra Mondiale restituì all’Italia Trento e Trieste, conquistate con il sangue e l’eroico sacrificio dei milioni di giovani che avevano lasciato le proprie case per combattere sul Piave, sul Carso, nelle trincee il cui ricordo tormentò a lungo i reduci. I ragazzi del 99, una generazione di eroi, patrioti, pronti all’estremo sacrificio per il bene della Nazione.

Nel silenzio assordante delle Istituzioni e del mondo della politica, che poco o nulla hanno detto per commemorare questo giorno, in un Paese nel quale le più alte cariche dello Stato ascoltano l’inno con le mani in tasca e la faccia fissa nel vuoto, vogliamo dire grazie a chi ha fatto sì che avessimo un’Italia libera, sovrana, indipendente, seppur allora mutilata dell’Istria e della Dalmazia.

Oggi più che mai, quando gli ideali vengono meno e la memoria storica sembra essersi dissolta, è fondamentale non dimenticare. Oggi più che mai, quando dall’Europa, dalla Francia, dalla Germania c’è chi crede di poter venire a dettare regole a Roma, ad imporre diktat, a sbandierare spauracchi più o meno usati e abusati, dallo spread alla fuga degli investitori, bisogna ribadire a gran voce che siamo pronti a difendere come occorrerà i sacri confini di questa Nazione (quelli geografici e quelli ideali) perché siamo liberi, sovrani, indipendenti.

“Sicure l’Alpi… libere le sponde

E tacque il Piave: si placaron l’onde.

Sul patrio suol, vinti i torvi imperi,

la pace non trovò NE’ OPPRESSI, NE’ STRANIERI.”

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