L’ultimo
dei grandi italiani antichi
e il primo dei moderni
il pensatore
che de’ romani ebbe la forza
de’ comuni la fede
de’ tempi nuovi il concetto
il politico
che pensò e volle e fece una la nazione
il cittadino
che tardi ascoltato nel MDCCCXLVIII
rinnegato e abilitato nel MDCCCLX
lasciato prigione nel MDCCCLXX
sempre e su tutto dilesse la patria italiana
l’uomo
che tutto sacrificò
che amò tanto
e molti compatì e non odiò mai
GIUSEPPE MAZZINI
dopo quarant’anni d’esilio
passa libero per terra italiana
oggi, che è morto
o Italia
quanta gloria e quanta bassezza
e quanto debito per l’avvenire
Ad un personaggio del calibro di Giuseppe Mazzini, Giosuè Carducci non poté dedicargli una semplice epigrafe. Quella che ancora oggi è possibile leggere, sulla pietra tombale di uno dei più grandi patrioti del nostro Paese, è un inno, una celebrazione della monumentale persona che era lo stesso leader del Partito Repubblicano. Con quest’opera si sancisce ancor di più l’amore che Giosuè Carducci provava per la politica. Una politica, però, che aveva tradito le sue aspettative. Una politica, quella risorgimentale, molto variabile ed, attualmente, definibile come “piglia tutto”. Ma Carducci non era decisamente un banale “piglia tutto”. Anzi, era mosso da un fervente sentimento nazionalista, innamorato della Patria e del sacro tricolore. Interessante era, anche, il rapporto che aveva il poeta di Pietrasanta nei confronti della Chiesa. La poesia “Inno a Satana” è un esempio di quanto Carducci non fosse assimilabile al resto dei poeti e degli artisti post – unitari, adattati al “quieto vivere”.
“L’ultimo” campeggia, da solo, come unico era Giuseppe Mazzini. Un personaggio che l’Italia, agli occhi del poeta, non vedrà mai più calcare il sacro suolo patrio. Ma l’ultimo di cosa ? Mazzini viene definito come “ultimo dei grandi italiani antichi e il primo dei moderni”, una visione che posiziona il politico democratico come spartiacque tra i politici con valori e quelli senza valori. Tra politici che amano la patria e che la vogliono costruire impastando il cemento delle fondamenta con il sangue, il loro sangue, ed altri che, invece, preferiscono cambiare solo il loro comodo seggiolo. Mazzini è stato mosso dalla forza intrinseca dei “romani”, i soli paragonabili ai grandi rivoluzionari risorgimentali. La forza, la saggezza e l’astuzia dell’antichità si sono condensate ed hanno formato l’homo novus. Lo stesso che, presumibilmente, lo stesso Giosuè Carducci si aspetterebbe di rivedere alla guida del neonato stato italiano.
Continuano gli epiteti a Mazzini, consacrato a “il politico che pensò e volle e fece una la nazione”, colui che “sempre e su tutto dilesse la patria”, “l’uomo che tutto sacrificò che amò tanto e molti compatì e non odiò mai”. Insomma, Mazzini diventa la personificazione primordiale del motto vita est militia del libro di Giobbe o della vita militare di Seneca.
L’Italia perde uno dei suoi più grandi personaggi. Sta agli italiani, ora, ricostruire quello che gli antichi hanno lasciato e ridare smalto, colore e gloria alla propria Nazione.