Un secolo fa volgeva al termine quella che i contemporanei avrebbero definito la Grande guerra, ma per noi italiani si trattò di una Quarta Guerra d’Indipendenza contro il tradizionale nemico austriaco, al quale per oltre un trentennio il giovane Regno d’Italia si era legato in maniera alquanto innaturale tramite la Triplice Alleanza, della quale faceva parte pure la Germania, che aveva invaso con i suoi capitali l’esangue economia italica. Fu insomma una Quarta guerra d’indipendenza necessaria per uscire da tale situazione e ricollegarsi alle tre che avevano contraddistinto un percorso risorgimentale ancora incompleto, non solo da un punto di vista territoriale, ma anche sociale e della consapevolezza patriottica. Nell’apparente idillio odierno giacciono ancora irrisolti molti dei problemi che angustiavano le menti più attente e sensibili al vero amor di Patria.
Retorica patriottarda ha fatto sì che inno nazionale e Tricolore godessero in tempi recenti di rinnovato splendore, ma gli stessi capi di Stato che più si sono spesi per questi gesti simbolici e di facciata sono stati coloro i quali hanno più efficacemente rinunciato a porzioni di sovranità effettiva e concreta, avvallando l’operato di governi più e meno tecnici ovvero agendo in ruoli di responsabilità precedenti all’elezione quirinalizia. La svendita dell’industria di Stato che non era in toto un “carrozzone”, la sottoscrizione degli accordi capestro in sede di adesione all’Unione Europea, la rinuncia alla sovranità monetaria, l’abolizione dell’esercito di leva, lo spregio dell’interesse economico nazionale per cupidigia di servilismo nei confronti dei poteri d’oltre oceano: ecco le azioni di governo che hanno svilito ed annichilito l’Italia e che nessuna tronfia ostentazione patriottica nelle ricorrenze rituali può emendare.
La Repubblica italiana, d’altro canto, si rispecchia alla perfezione nell’omonima testata, vero e proprio foglio quotidiano di propaganda, compiacimento e sviluppo di quello che è stato felicemente definito il Ceto Medio Semicolto, il quale abbocca alle più grossolane bufale “giornalistiche” inerenti diritti umani calpestati, leso buonismo ed opposizione alle meravigliose progressive sorti dell’umanità. Ben diversa era la Repubblica Sociale che auspicavano Mazzini e Garibaldi, congiuntamente a Filippo Corridoni e ai repubblicani di cent’anni or sono: ai diritti si affiancavano i doveri, alla fratellanza tra i popoli si coniugava la libertà di ciascuno sul proprio territorio, all’equità sociale si accompagnavano forme di rappresentanza non solo politica, ma anche delle categorie produttive.
Ecco perché oggi è necessaria una Quinta Guerra d’Indipendenza, da combattere in termini politici e culturali: per l’identità nazionale, la riscossa sociale ed il recupero della piena sovranità.