La riforma costituzionale che dà stabilità all’Italia e imprime una svolta per l’economia e la politica estera

Che la riforma costituzionale in senso presidenziale fosse una priorità del Governo di centro-destra era chiaro sin dall’inizio, tanto da essere stato messo nero su bianco nei programmi votati il 25 settembre 2022.

Che dopo poco più di un anno si riuscisse a parlarne concretamente nelle sedi istituzionali, in pochi pensavano sarebbe stato fattibile.

Eppure, ancora una volta, il Governo Meloni stupisce e affronta le questioni andando dritto al punto.

E non lo fa per una qualche presa di posizione ideologica o per piegarsi alla volontà elettorale, ma per un motivo semplice, ma quantomai fondamentale: la stabilità del Paese.

Ebbene sì, perché ciò che approderà in Consiglio dei Ministri venerdì sarà una proposta che più di ogni altra guarda alla stabilizzazione di un contesto, quale quello italiano, che purtroppo è oramai traballante da molto più di qualche anno. Anche, e soprattutto, in senso politico.

La riforma voluta dal Governo Meloni, a scapito di quanti la vorrebbero far passare come un ‘attentato alla Costituzione’, è in realtà la riforma più oculata e di buon senso che si potrebbe fare, soprattutto adesso.

Ed è una riforma trasversale perché va a toccare aspetti cruciali per la vita stessa del nostro Paese.

È infatti una riforma economica perché, a parte le misure messe in campo di volta in volta, esiste una verità universale, e cioè che le imprese (e di conseguenza anche i lavoratori) per crescere hanno necessità che vi sia, innanzitutto, una stabilità politica. Una stabilità che dunque non faccia cambiare le regole del gioco ogni anno e mezzo, spesso azzerando del tutto quanto fatto in precedenza.

Allo stesso modo, la riforma ha una eco importante per quanto concerne la figura dell’Italia in politica estera. Anche su questo, pare unanimemente riconosciuto il fatto che una Nazione, per crescere e rafforzare la propria posizione nello scacchiere internazionale- e dunque avere sempre più voce in capitolo su questioni centrali dell’agenda politica mondiale- debba come prima cosa creare rapporti basati sulla continuità e coerenza, perché solo in questo modo potrà, davvero, guadagnarsi la fiducia dei leader mondiali e rivolgersi loro assumendo una postura sempre più seria e affidabile.

Gli scivoloni a cui l’Italia è andata incontro negli ultimi anni, a parte le imprevedibili e inevitabili vicende che ha dovuto affrontare (vedi la crisi del Covid o la guerra di aggressione della Russia) avrebbero potuto forse essere evitati -o perlomeno limitati- se alla guida del Paese ci fosse stata una figura di riferimento forte, solida e stabile, in grado di dare una previsione di lungo periodo alla Nazione, senza farla rimanere in sospeso, ma prefigurando un futuro quanto più programmato possibile.

È questa la strada che il Governo Meloni vuole percorrere, la strada della stabilità. Per farlo, dunque, occorre agire in maniera decisa sul versante costituzionale con un’impronta presidenziale. Di fatto, tentar non nuoce. Anche perché, considerati gli innumerevoli giochi di palazzo e governi tecnici che ci sono stati, l’opzione del premierato non potrebbe che migliorare le cose. Per lo meno, darebbe ai cittadini la possibilità reale di scegliere da chi farsi guidare, senza il rischio che qualche crisi all’interno del palazzo faccia capitolare l’Italia, e gli italiani.

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