In un partito che si dichiara storicamente democratico anche nella sua intitolazione, tutto fuorché democrazia appare negli atteggiamenti dei suoi esponenti e persino dei suoi vertici. Una democraticità che vorrebbe atteggiarsi come rispetto di tutti, delle altrui idee e delle altrui personalità ma che, invece, è tale solo tra compagni. Avevamo già avuto modo di sottolineare il comportamento del governatore della Campania Vincenzo De Luca che pochi giorni fa aveva aspramente attaccato il governo superando il limite della critica politica per sfociare nelle offese personali. “Imbecilli, farabutti, disturbati mentali che vanno ricoverati”: con queste parole De Luca aveva commentato l’operato del governo Meloni in riferimento alla gestione dei fondi di coesione e sviluppo, etichettandolo come “delinquenza politica”. Parole forti che hanno preceduto un appello alla “lotta armata” in merito a una prossima manifestazione organizzata dal salernitano e dall’Anci.
Da quelle “democratiche” parole sono trascorsi alcuni giorni ma il Partito Democratico ha accolto in un colpevole silenzio le accuse del governatore, un tacito assenso che non è passato inosservato. “Mi chiedo e chiedo alla segretaria Elly Schlein se non ritenga, a nome del Partito Democratico, di prendere le distanze da queste intollerabili violenze verbali, autentiche intimidazioni, espresse da parte di un rappresentante delle istituzioni e del suo partito”: lo ha scritto sui social il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La domanda è più che legittima: la mancata presa di distanza degli esponenti PD corrisponde a un lasciapassare per il governatore e un pericoloso precedente per la stessa democrazia, diventando possibile insultare senza alcuna remora. Quella della sinistra, allora, pare una strana concezione della democrazia, in cui ci si indigna per tutto ma non per le offese mosse agli avversari politici. Avversari, tra le altre cose, direttamente legittimati da un pesante riscontro elettorale grazie al voto di milioni di italiani indirettamente colpiti dagli insulti del governatore.
Già dalla maggioranza erano partite parole di indignazione: “Quelle di De Luca sono affermazioni censurabili sotto più profili; e volgarmente dirette verso il governo e un suo ministro in particolare. Chiediamo subito la condanna unanime da parte di tutta la classe politica”. Tuttavia, anche dopo diversi giorni, il silenzio della sinistra non ha mai bloccato il suo corso. “Abbiamo atteso – ha scritto ancora Meloni – un segno di dissociazione e di condanna, finora inutilmente. Se non arrivasse, prenderemo atto del fatto che questi – ha concluso – sono gli impresentabili metodi democratici del PD”.