La sinistra è impresentabile: i litigi interni ammazzano il campo largo

Sarà stata una delle tante fake news di tutta un’estate passata a lanciare notizie dall’assente riscontro nella realtà. Come è successo, ad esempio, per quanto riguarda l’assegno unico, la cui cancellazione dalla prossima legge di Bilancio è stata inventata di sana pianta da Repubblica, senza un briciolo di fondamento, e ottenendo infatti in pochissimo tempo l’assoluta smentita direttamente dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni. O come pure l’assurda campagna di caccia all’uomo ai danni proprio della premier, inseguita dai paparazzi durante i suoi giorni di ferie estive, mandando totalmente in tilt la stampa progressista quando fece perdere le sue tracce e facendo partire, da un lato, il toto-vacanza su dove Meloni sarebbe potuta imboscarsi e, dall’altro, il conteggio delle ore dal momento della presunta scomparsa. Tutte cose, dunque, nate per riempire i giornali e per creare una sorta di dibattito in un periodo, quello agostano, che rischiava invece di lasciare intere colonne candide candide, senza macchie di inchiostro. E allo stesso modo, anche la notizia su creazione del campo largo e unione delle sinistre, con il senno di poi, sembra rientrare in questa strategia: una di quelle fake news estive che lasciano il tempo che trovano.

Nemmeno ‘Bella Ciao’ funziona

Pd, Cinque Stelle, Italia Viva, Azione, Alleanza Verdi e Sinistra: in che modo, partiti e schieramenti così ideologicamente distanti (sì, c’è ancora dell’ideologia) possono convivere e sopravvivere insieme? In che modo partiti molti dei quali, alla fine, discendono dalla stessa famiglia salvo poi litigi e zizzanie varie che ne hanno certificato la rottura, possono tornare assieme, uniti contro qualcosa? È ormai chiaro che neppure l’avversario comune, seguendo il detto “il nemico del mio nemico, è mio amico”, non basta più per riunificare la sinistra. E neppure il 25 aprile, ormai, riesce ad avere quella forza unificatrice che un tempo permetteva di governare anche senza avere il consenso degli italiani. L’appropinquarsi delle elezioni regionali ha riaperto quelle fratture che l’Anpi, sulle note di “Bella Ciao”, aveva tentato di colmare. In Liguria la figuraccia, con Conte e Renzi che se le sono dette di santa ragione e con Elly Schlein che, da ipotetico capo dell’ipotetico campo largo, faticava a prendere una decisione sul da farsi, sulle possibili alleanze per il suo Pd, sul nome del candidato presidente, facendo irritare, e non poco, il candidato in pectore Andrea Orlando, intenzionato – e si capisce – a sfruttare l’assist della magistratura, che aveva messo ko l’uscente Giovanni Toti e in difficoltà il centrodestra, che subito si è ripreso candidando Marco Bucci.

Impresentabili

L’ira funesta di Conte contro Renzi, d’altronde, è comprensibile: come potrebbe fidarsi, di nuovo, di chi ha affossato il suo secondo governo, quel primo esperimento politico di campo largo andato a male sotto i colpi fatali dell’ex sindaco di Firenze? E ancora, in che modo potrebbero andare d’accordo se, ancora una volta, in Parlamento e nelle singole commissioni, hanno dato dimostrazione di una rottura ormai insanabile? L’ultimo esempio arriva dalla commissione d’inchiesta sul Covid: il campo largo avrebbe dovuto restare a casa, ma il Movimento Cinque Stelle, in totale rottura con l’accordo preso dai vari leader, decide di presentarsi lo stesso in commissione tramite – addirittura – Conte in persona. Per non parlare, poi, delle rotture sulla politica estera: lì ci si potrebbe scrivere un libro intero sugli scivoloni della sinistra. Ne basti uno: il Pd che, durante una seduta all’Europarlamento, è riuscito a esprimere, sulla stessa risoluzione, tutte e tre le preferenze possibili. Dem spaccati in tre su un’unica risoluzione: alcuni a favore, alcuni contrari, alcuni astenuti. Già al momento delle elezioni in Abruzzo, del resto, la rottura appariva come inevitabile: erano uniti tutti i partiti di sinistra contro il centrodestra, ma fino all’ultimo i malumori tra i vari esponenti hanno contributo a creare un clima di totale disaccordo che non ha aiutato il risultato finale, già chiaramente annunciato come negativo.

È dunque l’impresentabilità totale della sinistra. Come cambiano i tempi: quelli che accusavano la destra di irresponsabilità, ora si ritrovano a fare i conti con le proprie figuracce fatte all’ordine del giorno.

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