Di recente, il dibattito sulla sovranità digitale italiana si è intrecciato con il nome di Elon Musk e, in particolare, con la sua costellazione di satelliti Starlink. La domanda che molti si pongono è: come può un progetto statunitense sostenere le ambizioni di un Paese europeo di proteggere e rafforzare la propria indipendenza tecnologica? Perché riporre fiducia in Starlink e in SpaceX, invece di aspettare il progetto concorrente europeo che —almeno allo stato attuale— pare ancora in ritardo? La risposta, paradossalmente, sta proprio nella necessità di stare al passo con l’evoluzione tecnologica mondiale e di non perdere opportunità strategiche, soprattutto in un ambito, quello delle infrastrutture satellitari, che risulta cruciale per la sicurezza (anche economica) di una Nazione.
Starlink: Un’alternativa immediata per l’Italia
Mentre l’Europa lavora a un proprio sistema di connettività satellitare—denominato provvisoriamente IRIS²—i tempi di sviluppo, le complessità burocratiche e le esigenze di finanziamento potrebbero posticiparne la piena operatività di anni. Nel frattempo, il fabbisogno di banda larga, copertura capillare del territorio e resilienza infrastrutturale si fa sempre più pressante.
Starlink, al contrario, è già operativo. I suoi servizi di connettività sono disponibili in diverse aree, comprese zone remote spesso trascurate dagli operatori tradizionali. Per l’Italia, aderire a un programma già attivo significa:
- Ridurre il divario digitale: fornire internet veloce in luoghi dove la copertura terrestre (via cavo o fibra) è complessa o molto costosa.
- Aumentare la resilienza: avere una rete di comunicazione parallela e indipendente dall’infrastruttura terrestre. Ciò è particolarmente utile in caso di calamità naturali o emergenze che possano mettere fuori uso reti tradizionali.
- Velocizzare lo sviluppo tecnologico: accedere a soluzioni innovative con una rapidità che, allo stato attuale, l’Europa fatica a garantire.
Sicurezza Nazionale: il rischio di dipendenza da tecnologia estera
I detrattori sostengono che affidare una parte così strategica della connettività nazionale a una società statunitense implichi rischi per la sicurezza. L’argomento è sensibile: dati e informazioni di rilevanza militare, politica ed economica passerebbero attraverso satelliti e tecnologie sotto il controllo di un’azienda non europea. Un timore giustificato, ma che può essere mitigato considerando vari aspetti.
Regolamentazione:
- Regolamentazione e vigilanza nazionale. L’Italia e l’Unione Europea dispongono di strumenti normativi per monitorare e regolamentare l’erogazione dei servizi di connettività provenienti da attori esteri. Le autorizzazioni all’utilizzo di frequenze, gli accordi di roaming satellitare e i protocolli di cyber-sicurezza vengono negoziati, firmati e vigilati dalle autorità nazionali ed europee.
Vigilanza e contratti:
- L’idea di una piattaforma esterna che agisce indiscriminatamente è poco realistica, perché —per operare— SpaceX deve rispettare leggi, standard e protocolli stringenti.
- Protezione dei dati e standard europei. L’UE dispone di uno dei framework normativi più avanzati per la protezione dei dati (si pensi al GDPR). Questo impianto ha un impatto anche sulle aziende non europee che offrono servizi sul nostro territorio, imponendo condizioni chiare su dove e come i dati possano essere trattati e archiviati.
- Ridondanza e non esclusività. Integrare Starlink nell’infrastruttura italiana non significa abbandonare ogni altro canale, ma aggiungere un ulteriore livello di sicurezza. L’Italia continuerebbe a utilizzare i propri servizi e le partnership esistenti, mentre Starlink fornirebbe potenziamento e copertura extra in specifici ambiti (zone montane, aree poco servite, contesti d’emergenza). Inoltre, quando l’Europa sarà pronta con il suo sistema satellitare, l’Italia potrà innestare anche la soluzione comunitaria, costruendo un modello ibrido che riduca ulteriormente i rischi di dipendenza o monopolio.
- Trasparenza operativa e partnership strategiche. Chi teme ‘l’ingerenza’ di Musk nelle decisioni italiane sottovaluta il potere contrattuale di governi e istituzioni pubbliche. Se l’Italia decidesse di usare Starlink in settori particolarmente sensibili (ad esempio, in ambito militare), lo farebbe attraverso accordi e piani condivisi, con precise garanzie operative. Le esperienze già in atto in altri Paesi dimostrano come sia possibile siglare contratti che tutelino la riservatezza e la sovranità del singolo Stato.
Starlink nelle Forze Armate: Opportunità e Sfide
Proprio l’ambito militare è al centro delle polemiche di queste settimane, poiché l’ipotesi di affidare parte delle comunicazioni delle Forze Armate a un operatore estero, per quanto innovativo, suscita inevitabili interrogativi sulla tutela della riservatezza e sui rischi di ingerenza. È comprensibile che un Paese voglia garantire la massima autonomia nei propri processi decisionali strategici, soprattutto quando si parla di difesa nazionale. Tuttavia, occorre considerare alcuni fattori:
- Strumenti di controllo e contratti dedicati. Se le autorità italiane intendono adottare Starlink per scopi militari, ciò avverrà (come già accaduto in altri Stati) tramite accordi bilaterali specifici e protocolli tecnici che delimitano l’accesso ai dati e stabiliscono misure di sicurezza. Questi contratti possono includere sistemi di cifratura proprietari, regole per la conservazione delle informazioni e clausole di audit da parte dei servizi di intelligence nazionali.
- Esperienza internazionale. L’impiego di Starlink in contesti di conflitto—come nel caso dell’Ucraina—ha già evidenziato le potenzialità e le criticità di un sistema di comunicazione satellitare gestito da un privato. Tuttavia, ha anche mostrato come, se debitamente regolamentato, esso possa garantire continuità di servizio in situazioni estreme. L’Italia, eventualmente, potrebbe modellare i propri accordi prendendo spunto dalle lezioni apprese su altri scenari.
- Cooperazione con alleati. L’Italia fa parte della NATO e di altre alleanze strategiche: una parte delle comunicazioni militari viaggia già su canali condivisi o su infrastrutture non unicamente “made in Italy”. Ciò non significa rinunciare alla propria sovranità, ma saper selezionare e integrare le migliori tecnologie, assicurando al contempo garanzie di sicurezza attraverso lo scambio di informazioni e la definizione di standard comuni.
- La prospettiva europea. Nel momento in cui l’Europa renderà operativo il proprio sistema satellitare IRIS², le Forze Armate italiane potranno valutare di integrare entrambe le soluzioni—Starlink e il progetto comunitario—per garantire una copertura più ampia e una maggiore ridondanza, minimizzando il rischio di dipendere da un solo fornitore.
In definitiva, la discussione sui possibili rischi per la sicurezza non è da sottovalutare, ma neppure da esasperare. È prassi consolidata che settori chiave, come quelli militari, adottino protocolli più stringenti e supervisionati direttamente dallo Stato, anche quando si affidano a partner privati esteri. La differenza la fanno i contratti, le certificazioni e la volontà politica di pretendere trasparenza.
Strategia Integrata: Sfruttare l’oggi, investire per il domani
Con Starlink possiamo già oggi disporre di un sistema di connettività affidabile, veloce e globale. Rinunciarvi per pura diffidenza significherebbe lasciare scoperte alcune aree del nostro Paese e rinunciare a uno strumento che sta cambiando gli equilibri mondiali della comunicazione.
D’altro canto, sarebbe altrettanto sbagliato non investire—sul lungo termine—nel sistema satellitare europeo, che a regime potrebbe non solo garantire maggiore autonomia, ma anche creare posti di lavoro, stimolare innovazione e rafforzare l’industria comunitaria dello spazio. L’ideale è dunque una strategia integrata: sfruttare nell’immediato la costellazione di SpaceX e, parallelamente, sostenere la progettazione e la costruzione della rete europea affinché possa diventare un’opzione concreta e competitiva.
La vera sovranità digitale non si manifesta nel rifiuto a priori di ogni collaborazione con soggetti esteri, bensì nella capacità di regolamentare, governare e sfruttare quelle collaborazioni a proprio vantaggio. Se nell’immediato la via più rapida per dotare l’intero territorio di copertura internet via satellite è Starlink, l’Italia farebbe bene a non rimanere indietro in attesa di un progetto che rischia di vedere la luce solo fra diversi anni.
L’importante è che lo Stato continui a presidiare l’aspetto normativo, vigilando sulla sicurezza dei dati e assicurandosi che gli accordi con SpaceX proteggano gli interessi nazionali. Nel mentre, si auspica che l’Europa sappia accelerare i propri piani, colmando il ritardo e offrendo presto un’alternativa autosufficiente. Ma nel presente, quando si parla di infrastrutture decisive per la competitività e la vita dei cittadini, non possiamo permetterci di aspettare. E, in questo senso, la sovranità digitale italiana corre anche sulle traiettorie satellitari di Starlink. Possiamo davvero permetterci di aspettare mentre il mondo avanza?