La svolta autoritaria del Partito Democratico

A dispetto del nome, il Partito Democratico si dimostra sempre più allergico a ogni forma di democrazia. Volendo azzardare un paragone, è un po’ come se Apple Computers si dichiarasse luddista o se Pfizer inveisse contro i vaccini.

Dal bipolarismo alle primarie passando per una modalità di confronto basata sul principio che esistono avversari e non nemici: praticamente tutti i valori che costituivano il cuore dell’atto fondativo del PD sono stati rinnegati in ragione di un’involuzione che ha portato il partito attualmente guidato Elly Schlein ad assumere una postura autoritaria che rappresenta un limite, se non addirittura un pericolo, per la democrazia stessa.

Le cause principali di questa spirale negativa sono essenzialmente due: la prima è senz’altro rappresentata dall’oggettiva incapacità di elaborare una proposta e un’azione coerenti tra loro allontanandosi, così, dal comune sentire di buona parte dei propri elettori. Per intenderci, non risultiamo credibili se affermiamo di difendere i diritti dei lavoratori mentre poi, alla prova dei fatti, sosteniamo establishment e multinazionali. Così come sarà difficile essere considerati paladini della democrazia dopo aver governato per 10 anni pur avendo perso le elezioni.

La seconda questione è invece intrinseca alla forma mentis che ha attecchito a sinistra negli ultimi anni anche grazie al contesto polarizzato creato dal web, ovvero il principio di intersezionalità che ha prodotto i fanatismi della cultura woke tra cui cancel culture e dittatura del politicamente corretto. Una teoria costruita sul rifiuto della complessità, che individua nell’uomo bianco, eterosessuale e occidentale l’origine di tutti i mali della nostra società.

Approccio da cui deriva una serie infinita di cortocircuiti valoriali che disorientano militanti ed elettori. Qualche esempio? Invocano pari diritti per maschi e femmine ma negano l’esistenza di due sessi. Dicono di voler sottrarre le donne dal giogo dei maschi ma le sottopongono al dominio dei maschi costringendole a gareggiare con loro in sport e concorsi di bellezza. Asseriscono di difendere i diritti delle donne dai presunti retaggi del patriarcato ma sostengono che i delitti e le vessazioni a cui sono sottoposte le donne in nome dell’Islam debbano essere “contestualizzati”. Si dicono contrari al principio di “donna oggetto” ma difendono l’utero in affitto.

Per carità di patria mi fermo, ma potrei andare avanti per ore.

Si tratta di un’analisi oggettiva, alla quale i dirigenti del PD rispondono come il coniuge che ha sviluppato una sorta di sordità selettiva: non sentono ragioni. Eppure, sarebbe sufficiente andare a riprendersi il testo del celebre discorso che un certo Walter Veltroni pronunciò il 27 ottobre 2007 a Milano in occasione dell’Assemblea Costituente del Partito Democratico.

Partiamo dal tema della delegittimazione dell’avversario politico che, dopo essere stata l’unico argomento della campagna elettorale del PD guidato da Letta alle elezioni politiche del ’22, rimane l’argomento principale della debole narrazione di Schlein:

«Un grande scrittore, che vive in una terra ferita e sofferente, ha detto una volta pensando a noi, al nostro Paese: “In Italia si fa fatica a comprendere come si vive, sempre in guerra e nella paura. Voi siete fortunati”. David Grossman ha poi però aggiunto parole che valgono per tutti e per ogni luogo: “Quando le persone vivono nel campo magnetico dell’odio e della violenza, agiscono in un modo drammaticamente sbagliato, contro il loro stesso interesse di uomini e di popolo”. Allontaniamo da noi questo campo magnetico. La stagione dell’odio deve finire. Possibile non si possa vivere e fare la politica senza odiare, senza cercare ovunque nemici, rispettando gli avversari e le loro idee? Chi non vuol capirlo non solo insiste nel fare un danno al Paese: decide di proseguire su una strada lungo la quale agli occhi degli italiani diverrà lontano, estraneo.»

Chissà se Veltroni immaginava che, a distanza di 16 anni, il partito a cui stava dando vita avrebbe imboccato la strada «lungo la quale agli occhi degli italiani diverrà lontano, estraneo», un vero e proprio vicolo cieco che i suoi successori percorrono a braccetto con l’ombra ormai sbiadita del fascismo immaginario.

Veniamo ora all’applicazione pratica del principio di democrazia, in virtù del quale in PD vide la luce come forza politica a chiara vocazione maggioritaria, che ebbe il merito (grande, a mio avviso) di introdurre lo strumento delle primarie per la scelta dei candidati:

«Noi abbiamo bisogno di una politica semplice, che sappia ascoltare le esigenze dei cittadini, di una democrazia che decida. L’Italia è malata. La sua malattia è la crisi evidente del nostro sistema democratico. Quasi quaranta partiti, una gara imbarazzante per la visibilità di ciascuno, ognuno che si sente, e purtroppo è, decisivo perché viva una coalizione, un governo, una legislatura. Due senatori, nella democrazia malata del nostro Paese, pesano più di milioni di cittadini che hanno eletto un governo. Un sistema malato, dominato dall’odio, in cui tutti vogliono distruggere e pochi assegnano a se stessi il compito di costruire.»

Va de sé che La Voce del Patriota non abbia la minima intenzione di fungere da consulente di Elly Schlein però, all’attuale Segretario del Partito Democratico, una sbirciata agli atti fondativi del partito che è stata chiamata a guidare consigliamo di darla. Non tanto per lei, ma per gli importanti effetti che le sue posizioni superficiali producono su passaggi fondamentali come le riforme costituzionali o la vita democratica della nostra Nazione.

Se lo facesse, si renderebbe immediatamente conto di quanto sia squalificante per lei e per il partito che rappresenta motivare la contrarietà all’elezione diretta del premier affermando che «Giorgia Meloni vuole comandare».

Una riflessione da cui emerge quella che, tra tutte, è probabilmente la più grande differenza tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein: la cultura maturata sul campo in oltre 30 anni di militanza. Coerenza tra parole e azioni, insomma.

D’altra parte, però, mi rendo conto che un cammino come quello di Giorgia lo si possa intraprendere solo per passione e portare a termine unicamente con coerenza e spirito di sacrificio. Insomma, a differenza di un comodo volo in business class non si può comprare. Nemmeno con tre passaporti.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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