La “svolta” di Fiuggi trent’anni dopo: da “Oltre il Polo” di Tatarella alla destra di Governo di Meloni

Con la svolta di Fiuggi, il 27 gennaio di trent’anni fa, nasceva una grande destra, moderna e modernizzatrice, inclusiva e dialogante. Una destra capace di porsi interrogativi senza certezze dogmatiche, senza pregiudizi. Il tutto con due linee conduttrici ben precise: l’ascolto e il dialogo.

Come ha ricordato, più volte, Marcello Veneziani: “Se dovessimo cercare un predecessore all’avvento di Giorgia Meloni alla guida del governo, l’unico che troveremmo a destra sarebbe Pinuccio Tatarella. Fu lui il precursore della destra conservatrice e post missina di governo. Quando morì prematuramente alla fine del millennio scorso, Tatarella non lasciò eredi politici. Alleanza Nazionale cominciò a perdersi e a perdere peso. Era ancora il Novecento; fu sua l’idea di coalizzare le forze di centro-destra e poi di andare “oltre il polo”; era impensabile in quel tempo che la destra da sola potesse diventare partito di maggioranza; era perciò necessario allargare le alleanze. Nessuno dei protagonisti della sua epoca è oggi in auge, escluso un notabile democristiano del tempo, divenuto poi Capo dello Stato, con cui divise il nome di una legge elettorale: mattarellum/tatarellum”. 

Fiuggi, Tatarella e Governo Meloni: c’è un grande filo rosso a collegare questo “triangolo” che ha cambiato radicalmente il volto della destra in questi ultimi trenta anni. Il tratto peculiare di Pinuccio Tatarella fu il realismo politico, roba poco conosciuta nelle vecchie sezioni missine. Ma Tatarella fu un grandissimo mediatore fino a proclamarsi  “ministro dell’armonia”; incline al compromesso nelle cose penultime, a Tatarella interessava più il risultato che la petizione di principio. Benché provenisse da un partito fondato sulla testimonianza ideale, sulla militanza e sulla retorica, con venature di sentimento e di risentimento, come fu il Movimento sociale italiano, Tatarella non coltivava nostalgie romantiche o estetismi dannunziani. Fu estraneo ai conflitti correntizi. Credeva, più che alle schermaglie ideologiche alla denuncia giornalistica, ai dossier, all’azione pratica quotidiana. Fu anticomunista, nazionale e popolare, lontano dall’anima social-rivoluzionaria che serpeggiava nel vecchio Msi. Moderato e passionale, Tatarella non disprezzava però le idee, semmai il loro irrigidimento integralista o ideologico.

Nel ricordare il trentennale della svolta di Fiuggi, è d’obbligo menzionare il Tatarella-pensiero ci ha consegnato nel corso degli anni e che sarebbe proficuo utilizzare come clava per stimolare un confronto a più cervelli, ve ne sono almeno tre: l’intuizione “oltre il polo”, come manovra tattica di sfondamento al centro della destra, al fine di creare le premesse per una stagione di governo duratura e non saltuaria; un processo di “allevamento” della classe dirigente tarato sul modello novecentesco (lo stesso che oggi è stato apprezzato dagli elettori di Fratelli d’Italia); l’investimento sul “come” esercitare cultura di governo, senza lasciarsi ammaliare dai timori dei complotti da un lato e dalla leggenda dei poteri forti dall’altro.

Tatarella non si stancava di ripetere che il modello su cui innestare energie, risorse e azioni era quello rivolto alla realizzazione (dal basso) di una destra repubblicana e costituzionale, che avesse come linea guida quella di accorciare la distanza che l’aveva divisa dal resto della comunità politica italiana. L’idea venne messa a terra non solo coniando lo slogan oltre il Polo ma, utilizzando una semplice preposizione (oltre), legata futuristicamente al superamento di un punto ideale, indicando fisicamente la meta da raggiungere. Elemento che, oggi, ricorre ad esempio nel richiamo che Fratelli d’Italia ha più volte fatto al modello americano dei Repubblicani, come base per allargare la propria platea di riferimento ed erigere un polo conservatore il quanto più possibile ampio.

Una nave, però, per navigare ha bisogno di chi rema, oltre che di chi indica rotta e cambio di vele. La classe dirigente per Tatarella era un punto significativo, perché sinonimo di investimento. Anche per questa ragione e al fine di “allevare” giovani collaboratori e futuri dirigenti politici, Tatarella amava affiancare ogni progetto politico con la nascita di riviste e giornali, che considerava laboratori di cultura politica e humus ideale dove far germogliare nuove leve (come Il Roma o Puglia d’Oggi). Altro aspetto, questo, tipicamente novecentesco, che si ritrova nel tentativo avviato da Giorgia Meloni di favorire una rete di pensiero, tra fondazioni di area e magazine dove far circolare concetti e tesi, così come ad esempio accade in altri ambiti oltreoceano. Già perché, come scriveva il giornalista Francesco Grisi, fondatore del Sindacato Liberi Scrittori, nei mesi antecedenti al “parto” di Alleanza Nazionale e negli incontri con Pierfranco Bruni e lo stesso Tatarella: “la politica ha il compito di guardare neppure al presente ma di considerare le profezie che solo la cultura potrà offrire”. Da questi insegnamenti, a Fiuggi nacque la trasformazione sociologica all’interno di un processo politico che oggi è diventato storico. Una destra che nacque proprio dalla cultura. E che ora, con Giorgia Meloni, governa da due anni l’Italia.

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Giovanni Curzio
Giovanni Curzio
Giovanni Curzio, 21 anni, napoletano, studente alla facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi Suor Orsola Benincasa. Da sempre è appassionato di giornalismo sia di cronaca che sportivo. Collabora anche con agenzie di stampa ed emittenti radiofoniche e televisive della Campania.

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