Era piuttosto prevedibile che, dopo la morte di Ismail Haniyeh, l’Iran avrebbe contrattaccato nei confronti d’Israele, d’altro canto gli Ayatollah non sono certo una casta teocratica dedita al perdono, anzi la vendetta sembra essere integrata a priori nella loro etica. Sia chiaro, neppure lo Stato ebraico sembra essere da meno, visto che teme la rappresaglia islamista su ogni lato del proprio territorio.
La questione odierna è ben diversa, specialmente dopo l’uccisione di cui sopra, perché Teheran non ha alcuna intenzione di accettare le intromissioni di terze parti all’interno del suo territorio. Lo stesso Segretario di stato americano, Tony Blinken, ha confermato che l’Iran potrebbe attaccare molto presto lo Stato ebraico. Nel frattempo Joe Biden dovrebbe accordarsi con il Monarca della Giordania: non è ancora chiaro il motivo del vertice tra i due. Potrebbe trattarsi di un semplice bilaterale diplomatico oppure di una richiesta per eventuali collaborazioni, qualora dovesse verificarsi un’escalation. La speranza è che il Presidente americano non se ne esca con qualche solita fesseria, considerando che la situazione è già piuttosto delicata e una battuta fuori posto potrebbe complicarla ancora di più. Al contempo, il Segretario della difesa americana, Lloyd Austin, si è interfacciato con il Ministro israeliano per la difesa, Yoav Gallant, ribadendo il sostegno statunitense alla causa ebraica.
Gli USA sono fortemente coinvolti, ma stavolta c’è qualcosa che in parte ne distanzia le visioni: Blinken è piuttosto attento e pragmatico, un’analista che difficilmente si lascia andare a suggestioni sbilanciate e sempre dedito a cercare accordi di pace. Lloyd Austin, con la conversazione odierna, ha dimostrato che nella corrente Amministrazione americana c’è anche chi non guarderebbe mai ad un palmo dal proprio naso, seguendo esclusivamente le tracce ritrovate in superficie. Anche da osservatori, gli Stati Uniti d’America possono dividersi in “Falchi” e “Colombe”. Nel caso in cui qualcuno se lo stesse chiedendo, Biden non è classificabile all’interno dell’una o dell’altra categoria, visto che i limiti cominciano a farsi sentire sempre di più.
Israele, date le minacce dell’Iran, ha iniziato un reclutamento obbligatorio tra le file della popolazione: alcuni ebrei ultra-ortodossi avrebbero protestato per la nuova leva presso Tel Hashomer. Due giornaliste avrebbero denunciato anche violenze durante le manifestazioni contrarie alle decisioni governative in campo militare. Nel frattempo, circa 900 studenti dovranno presentarsi per prendere parte agli addestramenti, un segnale che lascia intendere quanto – nonostante gli sviluppi tecnologici del settore bellico ebraico – ci siano anche problematiche riguardanti il numero delle truppe. Guardando al nuovo arruolamento, sembra che questo assomigli moltissimo ad uno di quei Draft utilizzati dagli Stati Uniti durante la Guerra in Vietnam.
Secondo quanto attestato da Israele, ieri l’aeronautica militare avrebbe ucciso il Ministro dell’economia di Hamas, Abdel-Zarii, il quale – a detta dello Stato ebraico – aveva un’importanza particolare nella distribuzione di beni umanitari all’interno della Striscia di Gaza, ma anche nel settore del carburante così come nell’organizzazione dei fondi per le azioni del nucleo terroristico. In sintesi lo Stato ebraico non ha alcuna intenzione di arrendersi o di farsi intimidire dall’Iran, che proprio oggi tramite le parole del Ministro degli Affari esteri, Nasser Kanani, avrebbe dichiarato l’obiettivo di punire lo Stato ebraico ma senza scatenare un’ampia discordia in tutto il continente. Un’impresa piuttosto difficile ed un tentativo di mettere le mani avanti nel caso in cui l’operazione di Teheran dovesse prendere una piega indesiderata.
Il ruolo della Russia nello scenario mediorientale: Mosca si contrappone agli USA
Oggi, il Segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Serghei Shoigu, è andato in visita presso la Capitale iraniana per interfacciarsi con il Presidente Pezeshkian ed il Capo di Stato maggiore, Mohammad Bagheri. Sebbene possa sembrare una visita consueta, quest’ultima potrebbe non esserlo affatto: l’export di missili Iskander da Mosca e di altri dispositivi tecnologici per il disturbo dell’attrezzatura militare, sarebbe uno dei modi in cui il Cremlino vorrebbe ricambiare l’appoggio degli eredi persiani sul fronte ucraino, vista la quantità di droni Shahed fornita all’esercito russo proprio dai suddetti.
Ecco il motivo per cui un’escalation potrebbe davvero verificarsi: laddove si impegnano gli Stati Uniti, c’è anche una controparte russa che funziona come contrappeso. Due rivali che stanno rispolverando i vecchi attriti appartenenti alla Guerra Fredda in territorio mediorientale. A quanto pare il ciclo storico sembra non interrompersi mai, cambiano forse le modalità ed altri piccoli lineamenti.