La tenaglia nei confronti della libertà d’espressione, di critica e – di conseguenza – di rappresentanza politica in Italia non si accontenta delle “commissioni politiche” colpite da evidente crisi di strabismo ma si tinge adesso pure di islamismo di rito “Erdogan”.
Un parodosso di per sé ma che diventa una beffa pericolosa quando si viene a sapere che è l’Unione europea la “madrina” di tutto questo. In che senso?
Prendete il sedicente “Rapporto 2018 sull’islamofobia europea”, redatto dalla “Fondazione per la ricerca politica, economica e sociale” (Seta), think tank legato all’Akp, il partito del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Bene, da questo report, ben ottocento pagine finanziate da Bruxelles con la partecipazione dei 28 Stati europei, si viene a sapere che nel Belpaese «il clima xenofobo e anti-Islam alimentato dai tradizionali attori politici della destra, Lega Nord e Fratelli d’Italia, dei movimenti di estrema destra (CasaPound a Forza Nuova) e dai settori più conservatori dei mass-media, come ad esempio Il Giornale, Libero e La Verità ha avuto effetti molto negativi a livello sociale legittimando comportamenti di stampo razzista».
A “stabilirlo” due ricercatori universitari italiani che collaborano con il centro di ricerca, i quali utilizzano come “fonti” per denunciare questo presunto clima anti-Islam niente di ufficiale ma i vari osservatori anti-razzisti che non possiedono alcun titolo né metodo scientifico per sostenere questa tesi.
Nonostante ciò nel volume si denuncia come «sono accresciuti sia al Nord che al Sud gli attacchi fisici e verbali nei confronti dei migranti, richiedenti asilo, rifugiati e cittadini musulmani».
Che cosa si cela dietro questo allarme islamofobia, su cui insistono molto gli “spin” dei Fratelli musulmani, lo spiega bene Souad Sbai, presidente delle Donne marocchine in Italia:«Il concetto d’“islamofobia” – ha osservato su La nuova Bussola quotidiano – viene utilizzato come clava per colpire chiunque in Europa, e in generale nel mondo occidentale, osi esprimersi in maniera critica nei confronti della componente di religione e cultura islamica».
Non solo le manifestazioni di dissenso più “vivaci” ma anche le critiche espresse «in maniera civile e razionale – che invocano il rispetto dei diritti umani e delle donne, della libertà religiosa e di espressione – vengono equiparate a forme di razzismo, intolleranza e xenofobia, malgrado l’oggettiva refrettarietà di ambienti come quelli influenzati dai Fratelli Musulmani ad accettare valori, principi, usi e costumi dei paesi europei».
Un inganno bello e buono, senza alcuna “reciprocità” nemmeno dissimulata, che ha trovato però terreno fertile all’interno di quei settori intellettuali, sociali e politici che abbracciano senza porsi alcuna domanda qualsiasi manifestazione o denuncia provenga fuori dai confini europei.
Non a caso all’Ue la filiera del think tank non è sembrato motivo sufficiente per evitare di far puntare il dito contro movimenti politici, fra cui Fratelli d’Italia e Lega che oggi rappresentano più del 40% degli elettori italiani, e organi di informazione che hanno il “torto” di indicare e raccontare l’islamismo radicale – e anche i misfatti di Erdogan sul fronte migranti e sul conflitto in Siria – per quello che è: misticismo religioso con cui l’Islam politico e anti-occidentale alimenta la sua azione dentro e fuori i confini.
Come se non bastasse i due studiosi italianichiudono il dossier con la proposta di «rafforzare la rete anti-discriminazione tra Ong, associazioni, sindacati e partiti di sinistra, soprattutto a livello locale, dove è possibile promuovere più efficacemente uguaglianza e giustizia» econ alcuni consigli che si avvicinano in maniera inquietante con ciò – dall’altra parte – propone la commissione anti-razzista appena votata in Parlamento: ossia quello di creare un sistema per la raccolta di dati sull’islamofobia. Ossia una sorta di “tracciatura” che partirà, ovviamente, dai soggetti non solo poco inclini ad accettare supinamente e in nome del politicamente corretto le manifestazioni evidenti di islamismo ma anche da coloro i quali si permetteranno di insinuare dubbi sulla condotta del regime turco sul confine siriano come con gli oppositori interni. Obiettivo? Screditare, se non proprio silenziare, dietro il mantello della difesa dall’islamofobia tutti quelli che da anni denunciano le mire del “sultano”, la sua politica di ricatto sul fronte della rotta dei migranti e l’impossibilità di considerare la Turchia un partner affidabile (figuriamoci uno stato gemello) da integrare nella Comunità dei 28.
Il tutto pagato dai contribuenti europei. Non c’è che dire: è sempre più un “affare” questa Ue per Erdogan…