Nella teoria dei giochi, l’equilibrio di Nash viene definito come quella condizione in cui nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento, e per cui, dunque, per cambiare-e di conseguenza migliorare- occorre “agire insieme.”
Questa è, più o meno, la situazione che stiamo vivendo ad oggi quando guardiamo a ciò che sta ai confini dell’Europa.
Ripercorrendo brevemente ciò che accaduto nelle ultime giornate, abbiamo da un lato due protagonisti, USA e Russia, che hanno scelto un campo neutrale, l’Arabia Saudita, per mettere le carte in tavola e iniziare a capire come realizzare un progetto che li soddisfi vicendevolmente. E non solo.
Dall’altra parte abbiamo invece una parte dell’Europa (si badi bene, non Unione europea), che si è riunita all’Eliseo per un incontro informale al fine di decidere le prossime mosse sul fronte russo-ucraino.
Ebbene, è proprio qui che si ritorna al citato ‘equilibrio di Nash’. Perché, seppure molti non si vogliono arrendere a ciò, ogni attore in gioco può cambiare, e migliorare, solamente se in relazione all’altro. E dunque, tutti le parti, nessuna esclusa, dovrà entrare necessariamente gioco. O il rischio è quello di uno scontro decisamente infuocato.
Gli USA sono alleati. Non nemici
Bisogna dunque prima di tutto fare pace con l’idea che gli Stati Uniti d’America non incarnano affatto un fantomatico nemico da sconfiggere a tutti i costi. Ma rappresentano piuttosto un valido alleato con il quale dialogare per raggiungere un concordato sulla Russia. O meglio, sull’Ucraina.
E quindi non è di certo puntando su una strategia europea anti-Trump (e quindi anti-America) che si potrà sciogliere il nodo.
Questo lo ha compreso bene il nostro Presidente del Consiglio, che anche nel recente incontro francese ha voluto ribadire, stando a quanto riportano alcune fonti, che è necessario «esplorare altre strade», coinvolgendo sempre gli Stati Uniti perché «è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana». Solo così si potrà avere una pace, «in cui noi (come Europa, ndr) dobbiamo fare la nostra parte».
E sempre nel corso della riunione all’Eliseo, sembrano essere emerse anche alcune idee riguardanti una possibile partecipazione militare dell’Europa nelle zone di fuoco. Questa, però, giustamente, pare essere un’opzione rischiosa per Meloni, convinta che sia «la più complessa e la meno efficace».
E, a onor del vero, questa è la visione che appare più accurata. Perché il rischio di un nuovo, e forse più intenso, intervento militare rischierebbe solo di acuire le ostilità. Proprio ora che invece sul tavolo dei negoziati sembra concretizzarsi la possibilità di una pace definitiva.
La visione italiana sul fronte estero punta alla pragmaticità
Ciò premesso, fa alquanto sorridere l’insistenza con cui i giornalisti- spinti indubbiamente da una certa parte politica- continuano a domandarsi quale sia la posizione dell’Italia, banalmente perché non sono state rilasciate dichiarazioni ufficiali a seguito di un incontro che però è stato del tutto non-ufficiale.
Eppure dopo due anni dovrebbe essere chiaro il posizionamento del nostro Paese e, di conseguenza, del Governo. Ma, a quanto pare, non è bastato ribadire ad ogni occasione possibile che il sostegno italiano all’Ucraina ci sarà ‘finché si renderà necessario’, né evidentemente è stato sufficiente organizzare un vertice ad hoc per la ricostruzione del paese e del popolo ucraino.
Mentre sul fronte USA, il fatto che l’unica leader europea con cui il nuovo Presidente si confronta sia proprio Giorgia Meloni, ebbene neppure questo basta a far capire che è proprio lei- e quindi l’Italia- a giocare il ruolo di ponte tra le due sponde dell’oceano.
E dunque appare doveroso chiarire una volta per tutte che il nostro Paese sta portando avanti una politica estera definita anche da illustri studiosi “pragmatica” e improntata all’equilibrio. Il che, soprattutto nel contesto russo-ucraino, risulta essere l’unica via possibile da percorrere. E, soprattutto, quella vincente.
Ed è ora che anche gli altri attori intorno al tavolo si rendano conto che la posta in gioco è troppo alta per non ascoltarci e comprendere una volta per tutte che a nulla varrà usare il pugno di ferro con chi è nostro alleato e non nostro nemico.
Cara Cecilia, la posizione dell’Italia, grazie a Giorgia Meloni, è chiarissima e senza ombre. E’ quella della difesa della libertà e della civiltà del’Occidente, e della sicurezza dell’Europa. Come dici tu, dell’Europa, non dell’Unione Europea.
Ma il problema è un altro, sempre come dici tu, l’incontro di Trump con il novello Hitler è fatto per “mettere le carte in tavola e iniziare a capire come realizzare un progetto che li soddisfi vicendevolmente.”: soddisfi USA e Russia.
Trump, che non è uno statista ma un pescecane della finanza prestato alla politica, ha memoria corta. Ma tutti abbiamo pensato all’incontro di Monaco con Hitler ed all’illusione di patteggiare senza guerra.
La spartizione dell’Ucraina è la sconfita economica e politica dell’Europa.
Dell’Europa, non dell’Unione Europea.
I singoli Peasi europei non sono niente se non si muovono insieme. L’Italia potrà avere qualche briciola da Trump, ma non credo che Giorgia si illuda.
Il momento è molto grave, ad ogni evidenza.
Meglio guardare in faccia la realtà e cercare di difenderci che non far finta di niente perchè dopotutto Trump detesta il pensiero woke.
Con affetto
Alessandro