“Mi davano pugni, mi prendevano la testa, non mi lasciavano uscire. Quando mi hanno liberato sono uscita e ho visto mio marito con il sangue sulla faccia. In quel momento ero incinta, ho perso il bambino per le botte che mi hanno dato. Nei giorni successivi ho perso molto sangue, ho avuto forti dolori addominali e l’ho perso”. Lo dice nella trasmissione Quarta Repubblica l’immigrata nigeriana vittima della violenza degli antagonisti di Askatasuna. La spedizione punitiva risale al 2015 in una palazzina gestita dal centro sociale torinese dove vivono famiglie straniere, racket delle case usato dagli attivisti per fare soldi. Secondo gli investigatori la famiglia nigeriana sarebbe stata cacciata dallo stabile dopo un raid “da parte di una trentina di aderenti” al sodalizio, nonostante la presenza di una bambina a carico. La colpa della donna e del marito sarebbe stata di non aver pagato la quota per alloggiare e non aver partecipato alle iniziative di protesta del centro sociale. Mentre la donna sarebbe stata chiusa in una stanza e picchiata, togliendole il telefono per impedirle di chiamare i soccorsi, il marito sarebbe stato accerchiato fuori dall’edificio e pestato a sangue. “Quando sono arrivato davanti all’entrata del palazzo – ha spiegato l’uomo in una deposizione – alcuni dei ragazzi che stavano fuori mi hanno circondato. Altri hanno aperto il portone da dentro e mi hanno aggredito anche usando il tirapugni di ferro, colpendomi più volte al torace, alle gambe e alla testa con calci. Anche quando stavo a terra”. Secondo la donna aggressioni di questo tipo sono all’ordine del giorno, difatti è tutto tracciato nelle intercettazioni. Gli attivisti hanno pianificato le violenze contro la famiglia nigeriana: “Nero che rompe i coglioni”, un “Negro che si fa i cazzi suoi tipo beve fuori dalla stanza”. Per questo andava portato “nelle cantine in quattro” per poi “picchiarlo o minacciarlo”.
Dall’inchiesta ai danni di 26 esponenti di Askatasuna (accusati di associazione a delinquere, violenza aggravata contro pubblico ufficiale ed estorsione) sta emergendo il vero volto degli antagonisti: intercettazioni choc a sfondo razzista, pestaggi alle forze dell’ordine durante i cortei No Tav in Val di Susa e spedizioni punitive contro gli immigrati per la gestione degli immobili occupati dagli antagonisti. Odio razziale, soldi in nero, avversione allo Stato e a chi lo difende: ecco cosa sta uscendo nel processo ad Askatasuna. La richiesta del pm è di 88 anni totali di carcere per questi “professionisti della violenza”. Ricordiamo che, in 26 anni di occupazione abusiva, il Comune di Torino non ha mai sporto denuncia contro il centro sociale, anzi aveva proposto di legalizzare l’occupazione dello stabile in Corso Regina Margherita.
Visione opposta quella di Fratelli d’Italia, esplicata dalle parole di Augusta Montaruli, vicecapogruppo alla Camera: “La magistratura vada fino in fondo sul centro sociale torinese di Askatasuna. Le notizie riportate ieri da una trasmissione televisiva, che si aggiungono alle intercettazioni pubblicate qualche giorno fa, confermano un quadro preoccupante e allarmante e un inaccettabile racket violento sulla pelle dei più deboli, come gli immigrati. Un luogo in cui si immaginano e organizzano tali atti va sgomberato. Askatasuna e’ un pericolo non solo per i torinesi ma per l’Italia”.