A due giorni dall’elezione del 47° Presidente degli Stati Uniti d’America una fra le domande più gettonate è: perché alla fine dei conti la risata di Kamala Harris non ha con-vinto?
Semplice. Perché “solo Kamala”, così chiamata dai suoi fan qui in Italia, non è che una mera rappresentazione, una proiezione. E niente più. Insomma, un personaggio ben lungi dall’essere protagonista di spessore in grado di muovere e smuovere la massa elettorale. E a niente è servito chiamare e adorare le star del jet set, da Taylor Swift a JLo, che dall’alto del loro mondo patinato e dalle ville multimilionarie non hanno mai osato sfiorare quegli argomenti cruciali per l’America, quella vera.
Per la Harris è stato sì facile accaparrarsi le simpatie di quel mondo così avulso dalla realtà, che non fatto altro che tessere le sue lodi durante convegni e concerti ad hoc.
Ma assai più difficile è stato comprendere i bisogni delle persone reali, ossia di quelle persone dai lavori normali e con vite normali. Quelle persone che vivono con stipendi normali e che hanno problemi con cui devono fare i conti quotidianamente.
Ed è qui che invece è riuscito ad inserirsi Donald Trump, il quale è stato in grado di parlare al ventre molle del paese e che, facendo leva su ciò che conta davvero, ha allentato quella divisione tra “noi star” e “voi popolo” che è sembrato invece ribadire a gran voce la Harris attraverso i suoi amici hollywoodiani.
Trump non è rimasto aggrappato ad una risata mentre si parlava di armi, di illegalità, di criminalità, di guerra, di salute. Ma ha guardato negli occhi una realtà oggi in crisi e ha deciso di rivolgersi ai suoi elettori nel modo più semplice: ponendosi dalla loro parte. Senza se e senza ma. Senza balletti e senza show.
Dall’altro lato, invece, Kamala Harris si è dimostrata essere nient’altro che una candidata costruita a tavolino. Perché la Harris mostrandosi come una donna, e una donna protettrice di quei principi riconducibili alla cultura woke, pareva in effetti l’asso perfetto da giocare dopo la ritirata di Biden.
Ma quella che sulla carta sembrava essere una mossa vincente, si è rivelata assai debole una volta scesa in campo, svelandosi così, alla fine, una candidata ben lungi dall’ottenere quella “vittoria schiacciante” che in molti avevano previsto ad occhi chiusi.
L’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, letta in questo preciso momento storico è pregna di un significato ancora più profondo perché aggiunge un ulteriore tassello a ciò che la destra sta rappresentando oggi a livello mondiale, ossia qualcosa in cui credere. E, va aggiunto, che quella dei repubblicani non è affatto una vittoria isolata, ma si affianca, significativamente, a quella dei patrioti in Italia e quella dei conservatori in Europa.
È oramai chiaro che ciò che la gente desidera è la sostanza e non la forma, effimera e fugace, lontana dal mondo reale e così strenuamente portata avanti da quegli pseudo-democratici così distaccati dalla realtà e così incapaci di guardare oltre la punta del loro naso.
La sostanza adesso può e deve finalmente prevalere, e ciò è finalmente possibile grazie ad una destra forte, concreta e pragmatica, sempre più radicata nelle varie parti del mondo. Ed è per questo che oggi possiamo orgogliosamente dire che quella della destra no, non è e non sarà solo un’avventura.