L’11 marzo scorso il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato un decreto legislativo che inserisce nuove disposizioni mirate al riordino del sistema della riscossione fiscale. Il testo, che si aggancia al complesso della riforma fiscale portata avanti dal Governo Meloni, prevede che dal 2025 siano cancellati dalla Agenzia delle Entrate, trascorsi cinque anni di mancato versamento, i debiti di quei contribuenti in manifesta e comprovata difficoltà economica, impossibilitati ad onorare il pagamento di tasse nazionali come l’IRPEF, l’IVA o i contributi INPS. Invece, i crediti vantati da enti come, per esempio, un Comune, ma affidati alla Agenzia delle Entrate per la riscossione, se non incassati entro cinque anni, essi torneranno presso l’ente titolare, che deciderà cosa farne. Chi è in crisi drammatica di liquidità, sottolinea ancora il decreto varato dal CdM, avrà più tempo per saldare i propri debiti con il fisco. Vengono distinti due casi: se ci si trova in grave impedimento economico e si è in rosso con l’Erario per una somma non superiore a 120mila euro, si può avere a disposizione 84 rate, ora sono 72, dal 2025, che possono diventare nel tempo 120, mentre, sempre nella circostanza di problemi finanziari documentati, se il debito sorpassa la somma di 120mila euro, c’è la possibilità di rientrare in un arco temporale di dieci anni. Queste novità, insieme ad altre, contenute nella riforma fiscale perorata dal Governo, rendono tangibile uno dei diversi tratti identitari delle forze politiche che sorreggono l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, a cominciare da Fratelli d’Italia. Il “fisco amico” non è solo un simpatico slogan, ma testimonia, attraverso due vocaboli, l’essenza della destra in tema di tasse, che, comprensibilmente, non ispirano mai molta allegria, un po’ ovunque nel mondo e soprattutto in Italia. I conservatori in generale, e in particolare quelli italiani che stanno governando la Nazione, rifiutano che lo Stato debba comportarsi da padre-padrone, (è meglio che esso sia un buon padre di famiglia, come ha sostenuto la premier Meloni), e imporre il prelievo fiscale con la paura e l’intimidazione, ignorando inoltre delle vere e proprie tragedie umane e personali di coloro i quali si trovano a non poter pagare per assoluta mancanza di risorse, e non perché siano lestofanti. Negli anni più duri della crisi economica globale, dei governi tecnici come quello di Mario Monti, delle cartelle esattoriali inviate in maniera indiscriminata da Equitalia, abbiamo purtroppo assistito anche a suicidi, commessi da piccoli imprenditori stritolati da clienti insolventi e da uno Stato ottuso e avulso dalla realtà. Erano persone oneste che non sopportavano di passare per evasori, ma, non potendo più fare fronte alle avversità finanziarie, hanno preferito morire piuttosto che vivere con la fama, non meritata ovviamente, di frodatori fiscali. Anche per fare sì che questi nostri concittadini non siano morti invano, il Governo Meloni, in netta discontinuità con il recente passato dell’Italia, mette in campo tutte le misure possibili affinché lo Stato non venga più percepito come un nemico da famiglie e imprese, sia equo e realista con gli onesti senza dimenticare, ovvio, di essere rigoroso con i furbi. Le succitate nuove regole sulla cancellazione o trasferimento dei debiti fiscali, dopo cinque anni, e su una più sostenibile rateizzazione dell’insoluto, vanno proprio nella direzione appena descritta. La destra al governo vorrebbe fare anche di più, da adesso, (efficientamento della riscossione e un rapido calo delle imposte), ma, avendo preso in mano un Paese malandato e in una congiuntura internazionale difficile, il processo riformatore non può che essere spalmato per l’intera legislatura a disposizione. Tuttavia, il Governo posa ogni giorno un mattone importante, e la riforma fiscale attuale è già più di un singolo laterizio, in modo da arrivare, nel medio termine, a disporre di un edificio migliore, la nostra casa chiamata Italia, in cui si possa pagare meno e pagare tutti, e nel quale sia normale investire, fare impresa ed aprire una partita IVA senza il timore di ridursi sul lastrico e mettere a repentaglio quanto già raggiunto nella vita, un’abitazione di proprietà o risparmi accantonati. Per mantenere in piedi, decentemente, una Nazione, la nostra e tutte le altre del pianeta, non esiste diversa soluzione da quella del “fisco amico” e dello Stato nella parte del buon padre di famiglia, che chiedono, attraverso norme semplici, al cittadino di pagare il giusto e il necessario per il mantenimento di determinati servizi pubblici, e sono efficienti al punto tale da riuscire a distinguere fra chi non può versare e chi, invece, non vuole. Oltre al senso di umanità che lo Stato deve avere per il suo popolo, vi sono anche ragioni di mera opportunità. Il leviatano che impone, con modi tracotanti e regolamenti astrusi, un iniquo prelievo fiscale, non fa altro che schiacciare gli onesti e rendere conveniente ai furbastri la ricerca della scappatoia illegale. Così, si realizza l’esatto opposto di quanto ci si prefigge, cioè, ed è già stato dimostrato, con il terrorismo tributario non si fa che alimentare l’evasione e riempire faldoni o file di arretrati che non saranno mai incassati dall’Erario perché trattasi di insoluti facenti capo a persone ormai defunte e a ditte chiuse o fallite. Si calcola che in Italia ci siano 1200 miliardi di euro di tributi mai versati, la maggioranza dei quali, appunto, ormai irrecuperabili, infatti, attraverso l’annullamento o il trasferimento dei debiti fiscali dopo cinque anni di mancata riscossione, il Governo intende fare ordine su questa montagna di arretrati ed evitare che vengano sprecate risorse pubbliche per la caccia ai fantasmi. Il “fisco amico” del Governo Meloni, che, ribadiamo, va incontro al contribuente corretto, ma stana gli evasori in malafede, è molto più producente dello stato di polizia fiscale, oltre che per lo sviluppo economico dei privati, anche per i conti dello Stato. Nel 2023, anno interamente governato da Giorgia Meloni, sono stati recuperati, con buona pace di Elly Schlein, 31 miliardi dall’evasione, registrando un indiscutibile record. Ecco, questa è la destra al governo, che si differenzia in maniera abissale, sul fronte delle tasse come su tante altre tematiche, dalle sinistre del campo largo, e complicato. Tutti i governi del PD o con il PD, inclusi gli esecutivi tecnici, oltre al feticcio ideologico della patrimoniale, proposto e riproposto periodicamente, sono intervenuti nella annosa questione italiana dei conti pubblici da sistemare e della pressione fiscale sempre e solo con l’aggiunta di nuovi balzelli ad una imposizione tributaria già di per sé asfissiante. Con la sinistra a Palazzo Chigi, lo Stato smette di essere un buon padre di famiglia e diventa piuttosto un patrigno violento che picchia figli e figliastri, provvedendo ad accaparrarsi il denaro laddove è più semplice, ovvero, dalle buste paga dei lavoratori dipendenti, (la sinistra come baluardo degli operai è stata solo una favola ben raccontata), e dalle piccole imprese, complice anche un certo odio classista verso chi intraprende. La rive gauche e i tecnocrati non battono ciglio se chi lavora e produce, e sorregge la comunità nazionale, si ritrova al fallimento economico dopo anni di sacrifici e sforzi. La destra cerca il più possibile di dare respiro e nuove chance a chi è afflitto da gravi condizioni finanziarie, mentre la sinistra propende per l’eutanasia immediata. La destra, e questo sta succedendo, non sempre ben evidenziato dai media, dall’ottobre del 2022, cioè, dall’insediamento a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, non escogita nuove tasse per mettere una pezza qua e là, ma razionalizza e diminuisce quelle esistenti. L’abisso che divide destra e sinistra in Italia è comunque diventato evidente anche solo grazie ad un botta e risposta avvenuto fra la premier Meloni e la segretaria del PD Elly Schlein, subito dopo l’ultimo Consiglio dei Ministri. Il capo del Governo ha affermato di non poter dire che le tasse siano una cosa bella perché, in effetti, esse sono uno strumento necessario per permettere allo Stato di erogare dei servizi, ma vedere della bellezza nelle imposte è assai arduo. Ma per Elly Schlein, che ha replicato alla premier con una espressione usata anni fa da Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia del secondo governo di Romano Prodi, già allora giudicata più che infelice, le tasse sono bellissime. Poi si stupiscono se gli italiani non li vogliono più vedere al governo del Paese nemmeno con il binocolo.
Credo che la riforma fiscale, nelle linee di indirizzo esposte dal Governo e da te chiaramente sintetizzate, sia la più importante riforma di politica interna messa in cantiere dal Governo Meloni, alla pari e forse anche maggiore di quella del Premierato, per il suo immediato impatto sulla vita civile dei cittadini.
Così importante e così giustamente indirizzata che ho quasi timore a commentarla adesso, aspetto il disegno di legge, poi i decreti attuativi…
Ma sono sicuro che questo percorso annunciato sarà realizzato!
Già altre volte ho commentato l’ottusa rapacità del fisco italiano, che tassa redditi inesistenti, tratta i contribuenti da sudditi non da cittadini, mette in atto ogni forma di prepotente sopruso verso coloro che unilaterlamente ritiene debitori, ecc.
La speranza più grande è che questo possa finire, e i cittadini contribuenti possano trattare onestamente, da pari a pari, con l’amministrazione fiscale.
Lo sai però che c’è sempre un “però”.
Il “però” in materia fiscale è grande come una montagna.
Ed è la smisurata voragine della spesa pubblica.
Il fisco deve reperire le risorne necessarie a coprire la spesa pubblica, nonostante il cumulo di stupidaggini che i vari partiti del pasto gratis continuano a propinarci chiedendo di spendere in deficit.
Purtroppo ne abbiamo qualcuno anche in casa nostra, non faccio nomi qua per carità di Patria, ma sappiamo tutti dove cercarli…
Non da Giorgia, via, ma qualcuno lo abbiamo anche noi.
Dobbiamo fare pulizia anche in casa nostra. Lo stesso PNRR i realtà è un grande pranzo gratis, se pensiamo a tutta la spesa corrente finanziata con quei fondi; quando finiranno chi dirà a tutti quelli che oggi sono pagati col PNRR che i soldi sono finiti e gli tocca fare un lavoro pagato da clienti e non dal debito pubblico? O peggio: pagati con nuove tasse, in barba ai buoni propositi di riforma. Non può esistere un “fisco amico” se vuole portarti via il 60% di quello che guadagni con i tuo lavoro, ci sarà sempre resistenza.
Tagliamo la spesa, tagliamo, tagliamo.
Altrimenti la riforma fiscale dopo aver promesso montagne partorirà un topolino.
Con affetto
Alessandro
D’accordissimo con Te!!! Riforme e riduzioni delle tasse devono per forza essere accompagnate da una bella sforbiciata alla spesa pubblica, altrimenti, il cane si morderà sempre la coda e non usciremo mai da un certo circolo vizioso nonostante i buoni propositi. Ricordo ancora, li ricorderai anche tu, i governi di Silvio Berlusconi, i quali non aumentarono le tasse, a differenza di PD e tecnici, ma nemmeno diminuirono la spesa e una pressione fiscale già piuttosto pesante di suo, già allora. Anche all’interno di quel centrodestra là non mancavano le resistenze, che Silvio, preso da altre grane, non seppe o non riusci’ a fronteggiare. Hai ragione, alcuni resistenti permangono anche oggi, ma confido che Giorgia sia più forte di loro. Un abbraccio, Roberto.