Laboratorio con i bambini, Rampelli (FdI): a che titolo l’università si occupa dei bambini? È competenza delle famiglie e della scuola

“Questo laboratorio non ha la legittimità giuridica per occuparsi della sessualità di bambini. Se – come conferma il ministero dell’Università – il laboratorio di ricerca per indagare sui bambini transgender è un’iniziativa autonoma dell’università RomaTre, ci domandiamo a che titolo l’ateneo svolga un’indagine empirica su questa fascia d’età, cioè coinvolgendo direttamente i bambini in presenza? La risposta è stata: “la ricerca è libera”. Giusto. Ma la ricerca teorica e non quella empirica su fanciulli dai 5 anni ai 14 che così com’è stata concepita può gravemente pregiudicare il loro equilibrio psicologico. Secondo la Costituzione ai genitori sono affidati i compiti, i doveri e i diritti di crescere i figli e accompagnarli nel percorso di crescita personale.

Il resto spetta alla scuola, non all’università, che è in capo al ministero dell’Istruzione. Inoltre: se la ricercatrice che ha organizzato il laboratorio è la stessa – ed è la stessa – che ha vinto il bando per la violenza online tra gli adolescenti, a quale titolo inserisce – nella locandina del laboratorio – la sua casella elettronica dell’Università di stato RomaTre? Da quel che ci risulta, dopo indagini svolte su più documenti, l’università RomaTre ha indetto un bando di ricerca per la violenza online tra gli adolescenti, insieme con altri atenei, uno dei quali è capofila. Il coordinatore per l’Università RomaTre è il docente che faceva parte della giuria che ha assegnato alla ricercatrice lo studio sulla violenza online tra bambini e adolescenti.

A spiegare meglio gli obiettivi ci pensa l’ateneo capofila che inserisce nella ricerca, tra le altre, anche gli adolescenti che si sentono parte della Comunità Lgbtq+. E questa ricerca è stata finanziata con i fondi del Prin-Pnrr 2022. Resta il mistero di come sia stato finanziato il laboratorio. Chi lo ha organizzato e lo gestirà è comunque una ricercatrice che ha vinto un assegno di ricerca con i fondi del Pnrr. Utilizza gli strumenti logistici, elettronici e scientifici di un’università statale pubblica in virtù di un rapporto di lavoro nato per altri scopi e sostenuto dai fondi europei. Ed è la stessa che in un articolo in inglese critica il peso dell’adultismo genitoriale per bloccare la natura dei figli transgender, insieme ai limiti della scuola che imporrebbe l’identità ai bambini.
Questi ‘scappati di casa’, presunti docenti e ricercatori universitari puntano a “togliere i figli” a genitori presuntamente incapaci di assecondare teorici gusti sessuali di bambini di 5 anni che ancora non sanno leggere e scrivere.

È inutile che il/la Rettor* creative si agiti tanto, dando alle agenzie ieri una replica che pare una gag del compianto Troisi: dovrebbe forse più opportunamente occuparsi di indirizzare gli/le student* verso le loro professioni future capendo che certi banali passaggi educativi non sono parte delle sue competenze e semmai stanare chi cerca di usare fondi pubblici arbitrariamente per irrobustire i propri deliri professionali pro Lgtbq+. Ma un conto è farlo nei propri studi professionali, con i propri personali quattrini e con clienti che ritengono convincenti le teorie gender applicate a innocenti creature, altro conto è farlo nelle istituzioni universitarie con i soldi dei cittadini e senza alcuna funzione prevista al riguardo dalla nostra costituzione né dal nostro ordinamento. Ribadisco la richiesta di immediata cancellazione di questo programma surreale”.

È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.

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