La denuncia shock: Ue pagava lobby per promuovere il Green Deal

Scandalo di lobbying a Bruxelles: l’Ue ha segretamente pagato i club ambientalisti per promuovere i piani green di Timmermans”. Quella lanciata questa mattina dal quotidiano olandese De Telegraaf è veramente un’inchiesta-bomba, che mette in imbarazzo la Commissione europea della scorsa legislatura. Soldi pubblici, comunitari, spesi per “orientare” – è questo il termine spesso utilizzato – i dibattiti verso posizioni più vicine al grande piano ambientalista dell’olandese Franz Timmermans, il vecchio commissario all’Ambiente e ideatore del Green Deal che sta affossando le imprese europee. L’Unione europea, secondo quanto rivelato dall’inchiesta, avrebbe infatti “pagato segretamente gruppi ambientalisti per promuovere i piani verdi dell’ex commissario Frans Timmermans”. Tra i pagamenti scovato, ci sarebbe uno da 700mila euro per “orientare il dibattito sull’agricoltura”. La denuncia si fa forte quando si scopre che in più casi la volontà era focalizzare l’attenzione proprio sul Green Deal: “Per anni – si legge ancora – la Commissione Ue ha sovvenzionato” le lobby ecologiste per fare così “pressioni a favore” proprio del piano ideato da Timmermans. Risorse che proverrebbero da “un fondo multimiliardario”, secondo De Telegraaf. E ancora: “Alle organizzazioni sono stati addirittura assegnati obiettivi per risultati concreti di lobbying presso eurodeputati e Paesi membri”.

Tutto un sistema ben oliato che avrebbe cercato di garantire una larga diffusione al Green Deal. Un piano che però prevedeva l’utilizzo di fondi comunitari, cioè di tutti gli Stati, di tutti i cittadini. Un modo per influenzare le politiche nazionali dei vari Paesi e per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema complesso e su un piano, il Green Deal appunto, che faceva acqua da tutte le parti. Soldi spesi, a quanto pare, a danno di migliaia di allevatori e contadini, stremati dalle clausole ecologiste del piano, e degli operai delle grandi imprese automobilistiche europee, che stentano a rispettare gli obiettivi di produzione e vendita di veicoli elettrici imposti dalla Commissione. Il tutto, andando a favorire la concorrenza sleale dei Paesi che, al di là dei nostri confini esterni, non sono soggetti a certe regole così stringenti e anzi sono favoriti da un’industria più avanzata in materia green. Un favoreggiamento indiretto. O almeno si spera.

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