La Corte Costituzionale si è espressa con una chiara sentenza circa la legge sulla Autonomia differenziata. Intanto, e questo è l’aspetto più importante del giudizio della Consulta, quanto è stato scritto e disposto dal Governo per una ridefinizione dei poteri di autonomia delle Regioni a statuto ordinario non è anticostituzionale e non lede in alcun modo la Carta. Vi sono alcuni punti della riforma giudicati illegittimi e in merito ai quali il Governo interverrà, come ha assicurato il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, ma il referendum spinto da sinistre e CGIL per l’abrogazione totale della legge, descritta come anticostituzionale dai promotori della consultazione, se in ogni caso verrà svolto, esso non avrà più grande significato e si dimostrerà sterile.
Tuttavia, PD, M5S e sindacati collaterali, festeggiano e francamente è difficile comprenderne il motivo. Il primo a rilanciare il referendum, nonostante l’inequivocabile parere espresso dalla Corte Costituzionale, è stato il segretario generale della CGIL Maurizio Landini, per il quale non bisogna mollare e occorre comunque chiedere agli italiani se l’Autonomia differenziata del Governo Meloni sia o meno rispettosa della Costituzione. Il fatto che la Consulta abbia già certificato il profilo costituzionale della legge poco importa evidentemente perché, è così da sempre purtroppo, le massime Istituzioni della Repubblica meritano devozione solo quando si pronunciano a favore degli interessi di bottega della sinistra.
Liberi in ogni caso, PD, M5S, CGIL e compagni vari, di lottare contro i mulini a vento, ma l’attivismo maggiore del sindacalista Landini rispetto a quello dei leader di partito del centrosinistra o campo largo che dir si voglia, ci porta a fare qualche breve considerazione. Le organizzazioni sindacali sono state inventate e hanno preso piede in tutte le democrazie del mondo per rappresentare i lavoratori dipendenti nelle trattative con i datori di lavoro e le Istituzioni, e difenderne diritti e tutele. Quindi, i leader di tali organizzazioni, come è Maurizio Landini per la CGIL, devono, dovrebbero, occuparsi di tematiche che riguardano in modo esclusivo il lavoro e lasciare tutto il resto alla politica come, per esempio, le autonomie locali che c’entrano davvero poco con le istanze dei lavoratori, magari quelli che stanno subendo crisi piuttosto serie negli stabilimenti italiani di Stellantis. Landini vuole incarnare invece l’alternativa a Calderoli, dimenticando chi ha davvero bisogno di lui e quali sono i reali compiti di un sindacato. Non diciamo che Maurizio Landini non possa aprire bocca su questioni esterne al mondo del lavoro perché, grazie a Dio e al fatto che esistano anche altre forze politiche oltre a quelle care al sindacalista rosso, siamo in democrazia, ma non dovrebbe intestare alla CGIL, che è appunto un sindacato e non un partito, delle battaglie puramente partitiche.
Purtroppo la commistione fra sindacati e politica è sempre stata marcata in Italia e durante la Prima Repubblica vigeva una sorta di spartizione correntizia. La CISL era in mano ai moderati, ai cattolici, alla Democrazia Cristiana insomma; la UIL era territorio dei socialisti; la CGIL andava avanti con una minoranza di socialisti e una forte maggioranza ascrivibile al Partito Comunista Italiano. Con la scomparsa del PSI craxiano il sindacato oggi guidato da Landini è diventato una casa occupata solo da comunisti e massimalisti di ogni sorta. La CGIL, molto di più degli altri due attori della cosiddetta Triplice sindacale, ha fatto e continua a fare politica spicciola. Dalla caduta della Prima Repubblica ad oggi, sempre inflessibile e soprattutto mossa da radicali pregiudizi in presenza di governi di centrodestra, in particolare dell’attuale presieduto da Giorgia Meloni, ma di fatto assente durante l’esercizio di esecutivi tecnici, del PD o con il PD. In questa specifica fase le leadership dei maggiori partiti di opposizione e di centrosinistra, sebbene dovremmo parlare di sinistra-sinistra, sono contrassegnate da una evidente debolezza. Esse non mordono e non creano fastidi all’azione del Governo.
Elly Schlein, a capo di un Partito Democratico che anni fa sbandierava una vocazione maggioritaria, non va oltre agli slogan, alle frasi preconfezionate e ad un linguaggio da collettivo studentesco, mentre il leader pentastellato Giuseppe Conte è sempre meno leader in quanto rimpicciolito dalle botte, politiche s’intende, di Beppe Grillo. Giunge allora in soccorso, rosso, la CGIL di Maurizio Landini che, un po’ come talune toghe tesserate a sinistra, cerca di fare ciò che non riesce ad Elly e “Giuseppi”. Tutto questo non è illegale, ma non è nemmeno serio e probabilmente capita solo in Italia. Per dire, i vertici del principale sindacato americano dei lavoratori del settore automobilistico, lo United Automobile Workers, (UAW), non fanno i tuttologi.
50 anni fa, poco più che ventenne, un giorno mentre ero in campagna da amici, con il loro consenso salii su un loro trattore: grigio, vecchio, mezzo arrugginito. Provai a metterlo in moto: Dopo vari, inutili tentativi, stavo per rinunciare ma uno di loro mi spiegò che quel trattore era “un Landini testa calda” e, poiché eravamo nei mesi freddi, per metterlo in moto era “necessario scaldargli le candelette” accendendo un piccolo braciere sotto il motore. Una volta partito, però, lavorava la terra come un caterpillar e non lo batteva nessuno. Oggi trattori così non ne circolano più, sono raccolti nel museo di un’agricoltura che non esiste più. Pare però che ne circoli ancora uno: la marca è la stessa, in quanto a testa calda nulla da invidiare, a partire -nel senso di attivare il motore cerebrale- più che lento è fermo! Ma una differenza abissale è rappresentata dalla quantità e qualità del lavoro che svolge quello dei giorni nostri. Non ci sono più i Landini di un tempo!