L’Arabia Saudita ammette (a modo suo) la morte di Khashoggi

Anche in Arabia Saudita si sono resi conto che continuare a negare strenuamente responsabilità nel caso Khashoggi non serviva e non avrebbe pagato. Perciò, alla fine, portavoce riconosciuti dello Stato principale del Golfo hanno ammesso la morte del giornalista scomparso e l’annuncio dell’arresto di diciotto persone, specificando però che il principe ereditario Mohammed bin Salman non ha nessun coinvolgimento e, meno che meno, responsabilità.

Ovviamente, l’Arabia Saudita dopo due settimane di furiosa polemica su quanto accaduto al giornalista un tempo amico della monarchia saudita ma ormai da tempo in netto contrasto con essa, ha offerto una ricostruzione di parte secondo la quale il povero Khashoggi sarebbe morto durante una rissa all’interno del consolato, proprio il 2 di ottobre, la stessa mattina in cui la fidanzata lo aveva accompagnato per poi attenderlo inutilmente all’uscita.

Portavoce della monarchia hanno anche aggiunto che i 15 membri della squadra volata dall’Arabia fino in Turchia pare per sequestrare Khashoggi ma certo non per ucciderlo, sono stati arrestati insieme ad altri tre agenti del consolato che si sarebbero resi complici.  Pare inoltre che il generale Ahmed al-Assiri, il vice capo dell’intelligence saudita, e Saud al-Qahtani, stretto collaboratore del principe ereditario Mohammed, siano stati licenziati in tronco nel dubbio che abbiano fatto parte del complotto e anche se entrambi hanno immediatamente dichiarato che il principe ereditario non c’entra con la storiaccia. In ogni caso, l’affaire  Khashoggi ha fortemente indebolito la posizione di Mohammed sul quale buona parte dell’Arabia riformista contava e ancora conta per un futuro di modernità e riforme.

L’annuncio di re Salman che sarà proprio Mohammed a condurre un progetto di ristrutturazione dei servizi segreti, ha in parte tranquillizzato gli animi e fatto comprendere che la posizione di “delfino” non è ancora stata compromessa, ma certo da ora in poi Mohammed dovrà muoversi con la massima circospezione per evitare chiacchiere di qualsiasi tipo.  Un aiuto all’establishment saudita è arrivato da Donald Trump che ha dichiarato di aver trovato credibile la versione saudita e di essere lieto che le spiegazioni siano arrivate ben prima che la gente lo potesse immaginare. Naturalmente, come sempre più spesso accade negli States, alle dichiarazioni di Trump sono seguite quelle del Congresso che, sia da parte democratica che repubblicana, si è detto per niente convinto che le cose siano realmente andate come sostengono i  sauditi. Lindsey Olin Graham, potente senatore dello stato della Carolina del Sud, repubblicano, ha detto: “ Sostenere che io sia scettico sulla storiella raccontata dai sauditi circa la fine del signor Khashoggi, è un eufemismo.”  Gli ha fatto eco Adam Schiff, democratico, membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato della California: “L’affermazione che Khashoggi sia stato ucciso mentre si azzuffava con 15 uomini spediti dall’Arabia Saudita, non è affatto credibile. Se c’è stata una rissa con gli uomini inviati per catturarlo o ucciderlo, è stato proprio perché Khashoggi ha combattuto per la sua vita.”

Il governo di re Salman è stato sottoposto a due settimane di pressioni prima che si decidesse a spiegare cosa era successo a Jamal Khashoggi sparito all’interno del consolato saudita ad Istanbul dove era andato a presentare documenti per il suo divorzio, e tanto clamore mediatico alla fine ha sortito un qualche effetto. Del resto, la presa di posizione della Turchia che da subito aveva indicato l’Arabia Saudita come responsabile non  solo della scomparsa, ma proprio della morte di Khashoggi, e che per altro secondo i turchi è stato fatto a pezzi per poter essere meglio occultato, ha avuto scalpore mondiale.

I sauditi si difendono sostenendo che il generale Assiri aveva emesso un ordine generale affinché tutti i dissidenti riparati all’estero tornassero in Patria, e che la spedizione degli agenti sauditi a Istanbul era tesa solo a incontrare Khashoggi per convincerlo a rientrare in Arabia. “Non c’era nessun ordine che parlasse di  omicidio e nemmeno di sequestro”, è stato dichiarato. In aggiunta, è stato specificato che: “il principe ereditario non era a conoscenza dell’operazione e che mai ne avrebbe ordinata una simile.  L’unica cosa di cui era al corrente riguardava la richiesta generale fatta ai dissidenti di rientrare per ritrovare una strada comune, il tutto per il bene della nazione.

Intanto, la fidanzata turca di Jamal Khashoggi,  Hatice Cengiz, la donna che era con lui il giorno della sua sparizione e che ha dato l’allarme non vedendolo uscire dal consolato saudita, ha twittato in arabo: “Il mio cuore è addolorato, i miei occhi sono pieni di lacrime per la tua sparizione, mio caro Jamal. Dov’è il corpo del martire Khashoggi?”

L’Arabia saudita ha fatto anche sapere che i diciotto arrestati saranno giudicati in patria da un tribunale saudita, cosa questa che rischia di creare tensioni con la Turchia, che potrebbe richiedere l’estradizione degli agenti segreti arabi colpevoli di reati commessi sul territorio turco.

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RK Montanari
RK Montanarihttps://www.lavocedelpatriota.it
Viaggiatrice instancabile, appassionata di fantasy, innamorata della sua Italia.

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