L’asse franco-tedesco non sogghigna più

Angela Merkel, per diverse e ovvie ragioni, piaceva a pochi in Italia, ma aveva, questo le deve essere riconosciuto, personalità ed autorevolezza. Il suo successore, il socialdemocratico Olaf Scholz, si è invece rivelato essere fin da subito  un grigio burocrate privo di qualsivoglia carisma. Non a caso, la Cancelliera della CDU, i cristiano-democratici tedeschi, è riuscita a mantenere la guida della Germania per ben sedici anni, mentre il Kanzler di centrosinistra, della SPD per essere precisi, è durato appena un triennio. Il governo Scholz, entrato in carica l’8 dicembre del 2021, è stato da pochissimo sfiduciato dal Bundestag, il Parlamento della Repubblica federale tedesca, e la Germania ricorrerà al voto anticipato il 23 febbraio prossimo.

L’esecutivo di Olaf Scholz è stato costituito in seguito alle elezioni federali del 2021 e grazie ad un accordo stretto fra la SPD, i Verdi e i liberali della FDP. Questa formula governativa non ha mai brillato, sia per la presenza di un Cancelliere mediocre che per tante incompatibilità che non hanno facilitato il rapporto delle sinistre, SPD e Verdi, con la liberale FDP. Si è arrivati alla sfiducia proprio per la rimozione del ministro delle Finanze Christian Lindner, targato FDP, decisa il 7 novembre scorso, che ha costretto i liberali a lasciare il governo Scholz e a renderlo un esecutivo di minoranza, destinato poi alla sfiducia parlamentare. Olaf Scholz e i socialdemocratici si trovano oltretutto in una fase di impopolarità a causa della seria crisi economica che sta colpendo la Germania, la locomotiva d’Europa. Non è solo l’automotive a navigare in cattive acque, anche perché l’industria automobilistica arranca in tutto il continente, vedasi Stellantis, per le scellerate pressioni delle lobbies pro-elettrico, ma è tutta l’economia tedesca che si trova in recessione. Se il portafogli del cittadino subisce un alleggerimento, chi governa paga inevitabilmente pegno, ma, nonostante tutto, il quasi ex Cancelliere federale si è mostrato sollevato dopo il voto di sfiducia, che, secondo il leader socialdemocratico, sarebbe un elemento di chiarezza insieme alla rottura conclamata del patto con i liberali e si andrebbe così incontro alle elezioni anticipate con maggiore serenità.

Olaf Scholz rischia però di fare i conti senza l’oste perché i primi sondaggi effettuati danno gli avversari della CDU molto più avanti della sua SPD, senza contare le incognite rappresentate dalla AfD, l’Alternativa per la Germania cresciuta non poco in alcuni Lander, e da altre forze anti-sistema. Diciamola tutta, francesi e tedeschi, perlomeno fino a poco tempo fa, si sono sempre sentiti i dignitari di questa UE, obbligata a dare la precedenza agli interessi di Berlino e Parigi, e a lasciare ai restanti membri dell’Unione, soprattutto quelli meridionali, solo gli avanzi. Tuttavia, se Mario Draghi, lo ha affermato di recente, non vede alternative all’asse franco-tedesco come blocco predominante in Europa, noi, francamente, non vediamo più la Germania e nemmeno la Francia come uniche Nazioni titolate a dirigere la vita continentale.

Scholz è stato sfiduciato dal Bundestag dopo soli tre anni di governo e si ricorre al voto anticipato nel mezzo di una crisi economica, mentre il presidente francese Emmanuel Macron, dopo aver perso Europee e Legislative, combinato pasticci elettorali per tentare di fermare Marine Le Pen e gettato la Francia in un vortice di instabilità politica, viene invitato alle dimissioni dal sessanta per cento dei suoi connazionali. Invece, la nostra Italia, considerata per anni il fanalino di coda del convoglio ferroviario UE, può vantare oggi una stabilità e una governabilità che sono emerse in maniera ulteriore attraverso l’appuntamento di Atreju, non solo nelle parole conclusive di Giorgia Meloni, ma anche nei chiari messaggi inviati dagli alleati, oltre ad una situazione dell’economia e della occupazione che è più rosea di quella della “locomotiva” teutonica. Appaiono ben lontani i tempi nei quali Nicolas Sarkozy e Angela Merkel non nascondevano, con i loro sorrisini pubblici e beffardi, una odiosa supponenza e un certo pregiudizio anti-italiano. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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