“Il governo di Giorgia Meloni continua a tagliare il servizio sanitario nazionale mentre un italiano su cinque rinuncia a curarsi a causa della crisi. La situazione della sanità pubblica costringe sempre più italiani a non curarsi e la risposta del governo è tagliare ancora fondi: un atteggiamento gravissimo e incomprensibile che non faremo passare sotto silenzio. Tutte le persone devono sapere che Meloni mentre cerca un nemico al giorno sta smontando pezzo per pezzo il nostro diritto alla salute”. Così la segretaria del PD, Elly Schlein.
Andiamo a vedere tutte le inesattezze portate avanti dal capo dem e compagni, analizzando come, in realtà, oggi si stia investendo, più che tagliando, sulla sanità.
Con la sua prima legge di bilancio per il 2023 il Governo Meloni aveva previsto risorse aggiuntive per aumentare il livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale. Nello specifico l’ultima legge di bilancio ha stanziato in più, rispetto alle risorse già previste, 2 miliardi e 150 milioni di euro per il 2023, 2 miliardi e 300 milioni dal 2024 e 2 miliardi e 600 milioni per ogni anno dal 2025 in poi. Le risorse per il Servizio Sanitario Nazionale hanno dunque subito un aumento rispetto agli anni precedenti, crescendo di oltre il 3% tra il 2022 e il 2023.
In linea generale, la legge di bilancio 2023 in materia di sanità prevede: 1,4 miliardi destinati a far fronte all’aumento del caro energia; il riconoscimento alle farmacie di una remunerazione aggiuntiva per il rimborso dei farmaci erogati in regime di SSN; l’aumento fino al 90% della quota che il MEF può anticipare all’università per la retribuzione degli specializzandi; inoltre, il potenziamento delle cure palliative, il prolungamento anche per i prossimi anni del bonus psicologo e la stabilizzazione del personale sanitario e socio-sanitario assunto.
Il settore della sanità è stato al centro anche di un altro provvedimento, il ben noto Dl Bollette, che ha posto le basi per una vera e propria riforma strutturale della sanità. Le principali disposizioni contenute in questo decreto riguardano, sintetizzando, la sicurezza degli operatori sanitari e sociosanitari, l’incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive nei servizi di emergenza-urgenza, l’introduzione di un regime pensionistico più favorevole (anche tenendo conto del lavoro svolto come usurante nei servizi di emergenza-urgenza, applicando per ogni anno di servizio prestato un coefficiente di trasformazione che incrementa il trattamento di pensione in uscita del sanitario), la possibilità fino al 31 dicembre 2025, in via sperimentale, per gli specializzandi possono assumere, su base volontaria e al di fuori dall’orario dedicato alla formazione, incarichi libero-professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario nazionale, per un massimo di 8 ore settimanali, oltre alla cosiddetta stretta al reclutamento di medici a gettone.
Altro fronte su cui l’esecutivo si è concentrato, e che in particolare è una storica battaglia di Fratelli d’Italia, è quello relativo al diritto all’oblio oncologico. L’oblio oncologico viene definito come “il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né essere oggetto di indagini sulla propria pregressa condizione patologica, in casi espressamente stabiliti”.
Dopo anni di immobilità, è arrivata in Parlamento la proposta di legge recante “Disposizioni in materia di parità di trattamento, non discriminazione e garanzia del diritto all’oblio delle persone guarite da patologie oncologiche”, che è passata alla Camera, raccogliendo consensi trasversali. Con questa legge, non sarà consentita in caso di stipula o rinnovo di contratti bancari, finanziari e assicurativi, la richiesta di informazioni sullo stato di salute del contraente, con riguardo a patologie oncologiche da cui la persona è guarita, senza più recidiva, da più di dieci anni, o da più di cinque se la patologia era insorta prima del ventunesimo anno di età del contraente. Ma non solo, perché anche su affidamenti e adozioni di minori, nel mondo del lavoro, nei concorsi, nella formazione professionale, negli inserimenti, nei servizi, nelle carriere e nelle retribuzioni si rimuoveranno possibili discriminazioni.
Lo scopo della legge è chiaro: permettere ai quasi 4 milioni di italiani guariti da tumore di non essere più discriminati in tutte le sfere della vita quotidiana.
Tutto ciò premesso, è perciò legittimo domandarsi da cosa derivi questa ostilità da parte dell’opposizione, ma soprattutto su quali basi abbia cominciato tale crociata in tema sanità contro il Governo Meloni.
Perché, stando ai dati di riferimento, si nota come la spesa sanitaria nel 2023 sia in realtà cresciuta, piuttosto che diminuita, rispetto all’anno precedente di oltre 3,6 miliardi, raggiungendo i 134,7 miliardi di euro. Si tratta infatti di una spesa più elevata di 6,9 miliardi rispetto a quella sostenuta nel 2021 e di oltre 12 miliardi rispetto a quella del 2020, biennio caratterizzato dall’emergenza Covid, che ha portato ad un marcato aumento della spesa sanitaria. Dunque, il rapporto spesa sanitaria/PIL nel 2023 è pari al 6,5%, con una diminuzione minima dello 0,1% rispetto all’anno precedente. Rapporto che nel biennio Covid ha superato il 7% per ovvie ragioni.
Secondo i partiti di opposizione questi dati dimostrerebbero che il Governo ha tagliato i soldi alla sanità, ma bisogna considerare i numeri con attenzione. Innanzitutto, va chiarito che queste stime fanno riferimento allo scenario chiamato “a legislazione vigente”: come suggerisce il nome, questo significa che il governo ha considerato come si evolverà̀ la spesa sanitaria sulla base delle norme attualmente in vigore, frutto non solo di scelte di questo governo, ma anche di quelli precedenti. Pertanto, queste cifre non tengono in considerazione le nuove risorse che il governo potrà stanziare con la prossima legge di Bilancio, che deve ancora essere licenziata dal Consiglio dei Ministri e approvata dal Parlamento entro il prossimo 31 dicembre.
Inoltre, per ripartire le risorse del SSN 2019 (pre-pandemia) si è usata la popolazione all’1/01/2018 pari a 60.483.973 unità. Invece, per ripartire i finanziamenti SSN del 2023 si utilizzerà la popolazione all’01/01/2022 pari a 59.030.131 unità: dunque, in realtà, la spesa pro-capite aumenterà.
C’è di più, perché infatti il testo della NADEF chiarisce anche che “la legge di Bilancio finanzierà il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, con una particolare attenzione al settore sanitario”. In breve, la legge di bilancio per il 2024 ha previsto il potenziamento delle risorse per il personale medico sanitario, ma anche un intervento deciso per abbattere le liste d’attesa e un migliore investimento in termini di efficacia ed efficienza delle risorse a disposizione, al fine di evitare sprechi e per puntare in misura maggiore sulla prevenzione.
È esattamente in questo modo che il Governo trainato da Fdi punta sulla sanità, tornando ad occuparsi del cittadino nella sua totalità, dandogli la possibilità di accedere a servizi di qualità e in tempi ragionevoli.
In quest’ottica, assume grande rilevanza anche il tema della prevenzione, su cui occorre sensibilizzare sempre di più, prevenendo drammatiche conseguenze che si potrebbero banalmente evitare proprio offrendo prestazioni efficienti ed accessibili a tutti.
L’obiettivo generale di questo esecutivo è quello di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, utilizzando anche qui la strategia del dialogo, aprendo tavoli di confronto con professionisti e autorevoli personalità, oltre che con il prezioso apposto di regioni e Province autonome, per studiare quali siano le modalità migliori per raggiungere tale obiettivo.
Le sterili polemiche avanzate dalle opposizioni non trovano di fatto alcun terreno fertile su cui attecchire perché sono, banalmente, smentite dai fatti, dal momento che gli stanziamenti previsti per la sanità da ora in poi non possono essere di certo rapportati a quelli che sono stati effettuati nel biennio 2020-202, a causa dell’emergenza Covid. Possono, invece, essere rapportati agli anni precedenti, dove, come detto, ci sono stati tagli continui al comparto sanità, verosimilmente per finanziare i provvedimenti spot della sinistra al governo. E proprio paragonando i dati di oggi con quelli di allora, viene fuori che la spesa per la salute in Italia è stata di fatto incrementata dalla maggioranza di centrodestra.
Infine, va anche sottolineato come sia stato firmato il contratto nazionale per 135mila dirigenti medici e sanitari proprio grazie al Governo Meloni. Un successo che non vuole essere isolato, ma a cui si intende affiancarne molti altri nei prossimi mesi rinnovando anche ulteriori contratti riguardanti l’ambito sanitario.
Ma ha detto bene Giorgia: non basta stanziare fondi, bisogna anche saperli spendere bene e non sperperarli. Sia detto in primo luogo alle Regioni, più che al Governo.
con affetto
Aòessandro