Sono anni ormai che si discute dell’asse ferroviario tra Italia e Francia e, più nello specifico, tra Torino e Lione, quella che tutti conoscono come la TAV, amata o dannata che sia a seconda dei punti divista, tra sostenitori e detrattori, tra chi è a prescindere per le grandi opere e chi si rifiuterebbe anche di illuminare il presepio con la corrente elettrica. E così dal 1991 si parla di questo progetto che per alcuni è assolutamente necessario per il futuro e per altri inutile, costoso e dannoso.
Ormai, però, i tempi delle chiacchiere sono finiti, e si deve assolutamente decidere come procedere e per farlo sarà necessario chiarire bene. Prima di tutto, la TAV non è completamente una linea ad alta velocità ma una linea mista con specifiche tecniche conformi alla rete centrale europea di cui diventerebbe parte integrante: questo significa che permette il passaggio di treni passeggeri a una velocità massima di circa 220 km/h e treni merci a una velocità massima di circa 120 km/h. Dunque, come detto i treni destinati a questa tratta non sarebbero ad alta velocità ma avrebbero in ogni caso una velocità superiore al normale traffico su rotaie, e su gomma, senza l’impatto ambientale come quelle che centinaia di camion di passaggio ogni giorno possono creare. L’opera ottiene così il sostegno ufficiale dell’Unione europea: nel Consiglio europeo di Essen (9-10 dicembre 1994) la “Tav Torino-Lione è inserita nell’elenco dei 14 “progetti prioritari nel settore dei trasporti e dell’energia.
Varata l’opera, cominciati i problemi. I movimenti d’opposizione contro la Torino- Lione iniziano a contestare già negli anni ’90. Ma è negli anni Duemila che gli oppositori alla grande opera aumentarono i loro consensi, soprattutto a causa dell’inizio vero e proprio dei lavori, con gli scavi e i conseguenti espropri dei terreni. L’8 dicembre 2005, decine di migliaia di persone occuparono il cantiere di Venaus – nella Val Cenischia, in provincia di Torino – la cui realizzazione aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. I lavori, di fatto, furono congelati.
Ma in realtà, quanto del percorso della linea interessa davvero il territorio italiano? Sui 270 km previsti, 189 corrono in territorio francese e solo i rimanti 81 km si trovano nella nostra nazione e coinvolgono nell’opera 112 comuni, tutti più o meno imbestialiti per il passaggio dei futuri treni.
Oggi, Secondo i critici della Tav, i lavori di ammodernamento dimostrano che la linea storica «non è vecchia», cioè non è ancora superata, e consente il passaggio della maggior parte degli autocarri e dei container.
Viceversa, i sostenitori della Tav criticano come non sufficiente per gli standard europei la nuova sagoma del traforo ferroviario del Frejus con un passaggio ammesso a semirimorchi con un’altezza massima di 3.750 mm. Secondo il commissario Foietta, «la vecchia tratta di valico» non sarebbe adeguata al trasporto moderno ed «è oggi considerata fuori dagli standard moderni ».
Per quanto riguarda il trasporto su gomma al confine alpino, in questa zona Italia e Francia sono collegate dall’autostrada A32, che attraversa la Val di Susa e arriva al traforo autostradale del Frejus. Quest’area è attraversata anche da due strade statali che arrivano ai valichi del Monginevro e del Moncenisio. Serve proprio la ferrovia?
Insomma, passa il tempo ma non vanno via i problemi riguardo a questa infrastruttura che, come avete appena letto non sappiamo decidere quale essenziale e superflua. E tanto è controversa, che riesce a far litigare di brutto gli attuali due partiti di governo, il Movimento 5stelle di Grillo e la Lega di Salvini. Contrari i primi, favorevoli i secondi. Tutti e due decisi a far trionfare la propria idea, al punto di riservarsi insulti e pure qualche dispetto.
Ultima sciocchezza – se a questo possiamo ridurla – una presa di posizione del non particolarmente arguto Ministro Toninelli. Il nostro ha commissionato uno studio sui costi e sugli eventuali benefici della TAV, ma invece di portarlo in parlamento, e di mostrarlo a tutti i parlamentari, ha pensato bene di tenerlo per sé e di condividerlo con i francesi. Quanto meno inaccettabile.