Cosa c’entrano le sardine con la mortadella? Dal punto di vista culinario nulla; politicamente l’abbinamento sembrerebbe dare i suoi frutti. Chiaramente parliamo del movimento nato da un’idea, questo è quanto narrano le cronache politiche, del giovane, si fa per dire visto che ha 32 anni suonati, Matteo Santori, e l’ex premier Romano Prodi, soprannominato per l’appunto ‘mortadella’.
Il condizionale è d’obbligo visto che su questo punto ‘mister 101 franchi tiratori’ è molto suscettibile. Ne sa qualcosa Giorgia Meloni che, per essersi azzardata nel corso della trasmissione “Fuori dal coro” ad affermare che “uno degli organizzatori lavora nella rivista di Prodi, è stata ‘colpita’ dalla smentita dell’ufficio stampa dell’ex premier, che assicurò: “Dietro all’iniziativa delle ‘sardine’ non vi è il presidente Romano Prodi”.
C’è da credersi? Mica tanto. Basta spulciare un pochino il web, qualche tweet e anche i curriculum per rendersi conto che alla tavola della politica le sardine ci vanno benissimo se servite insieme alla mortadella. Infatti, il nome di Santori compare spesso in riviste, iniziative e organizzazioni legate all’ex premier. In particolare vero trait d’union è un prodiano di ferro come Alberto Clô, colui che, nel 1978, ospitò la seduta spiritica per ritrovare Aldo Moro, rapito dalle Br. Seduta a cui partecipò anche Romano Prodi.
Legami tra i due che non sono soltanto esoterici, perchè Alberto Clô è stato ex ministro dell’Industria nel governo Dini, guarda caso il settore dove maggiormente Prodi ha bazzicato (è stato presidente Iri e dal 1978 al 1979 ministro dell’Industria nel quarto governo Andreotti). A sua volta Clô è il coordinatore scientifico di Rie (Ricerche Industriali ed Energetiche), una sorta di think tank che si occupa, come spiega il sito “di comprensione dei settori e dei sistemi energetici ed ambientali e delle dinamiche ad essi correlati”. E in questo ‘pensatoio’ Santori è un ricercatore junior.
E Prodi? In Rie non compare ma è tra i garanti della rivista ‘Energia’, organo del think tank di cui è direttore responsabile proprio Alberto Clô. Ma di questa rivista Prodi è molto più di un garante, visto che come è spiegato nel sito di ‘Energia’ “l’idea di una rivista dedicata a temi dell’energia nasce all’inizio del 1980 dalle conversazioni tra l’allora presidente dell’ACI, Filippo Carpi de Resmini, Romano Prodi e Alberto Clô”. E naturalmente in questa rivista scrive il nostro Santori, inserito all’interno della redazione.
Ma non finisce qui, perchè spulciando nel facebook di Santori salta agli occhi un post di 4 mesi fa che segnalava un’intervista pubblicata su “RiEnergia”, il portale d’informazione online ideato da Rie in collaborazione con Staffetta Quotidiana. E chi era il soggetto dell’intervista? Naturalmente Romano Prodi ‘intervistato – scrive Santori – per il ruolo che ricopre all’interno dell’ONU proprio nel continente africano’. Un post accorato in cui lancia la denuncia dei “commenti denigranti e vergognosi contro di lui, gli africani e i comunisti”. Il tutto frutto di “una strategia dell’odio social organizzata e finanziata contro le idee, le politiche e i personaggi che in qualche modo sono riconducibili alla sinistra. Che sia finanziata dai russi, da Trump o che sia tutto made in Italy (mi dicono che Salvini spenda migliaia di euro al giorno su facebook) poco importa. Importa rendersi conto che qua si sta combattendo ad armi impari. E che fare politica a sinistra è diventato un mezzo martirio”
Verrebbe da dire lacrime di coccodrillo visto che nel loro manifesto lanciato a Bologne le sardine scrivevano “dobbiamo liberarci della vostra onnipresenza opprimente, a partire dalla rete (i populisti – leggasi Salvini e Meloni). E lo stiamo già facendo”, e ancora: “non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare”.
E meno male che doveva esistere una strategia dell’odio social organizzata e finanziata contro le idee, le politiche e i personaggi che in qualche modo sono riconducibili alla sinistra. Così come tra Prodi e le sardine guidate da Santori non c’è alcun legame, parola di ex premier. In fin dei conti si sa che gli allievi tendono sempre ad assomigliare ai maestri.