Certo è che in politica estera gli americani non possono essere definiti dei portenti. E certo Donald Trump non fa nulla per cambiare la tradizione. Anzi. Certi suoi atteggiamenti se non altro poco chiari stanno creando bei problemi. Per esempio, dopo aver di fatto dato il via libera alle operazioni turche in Siria, ritirando i propri uomini, ora sembra aver concordato un piano congressuale per sanzionare Recep Tayyip Erdoğan e tutti i principali ministri del presidente turco, una mossa che avrebbe fatto infuriare Ankara e infiammare le relazioni USA-Turchia.
Tutto sommato poco male, se questo frenerà almeno in parte le ambizioni del “sultano” Erdoğan visto che anche la Russia si sta muovendo di conseguenza. Le forze di Bashar al-Assad hanno iniziato a spostarsi in gran numero nel nordest della Siria per la prima volta dopo anni grazie a un accordo con i curdi che ha visto i russi come sostenitori e mediatori. Nelle prossime 48 ore è previsto un massiccio ulteriore afflusso delle truppe di Assad nelle città lungo il confine siriano-turco, mentre forze fedeli al governo siriano hanno iniziato ad arrivare nella provincia di Hasakah, attualmente ancora in mano ai combattenti curdi. Non a caso sugli edifici governativi della città e anche nel vicino centro di Qamishli per la prima volta in sette anni è tornato a sventolare il vessillo nero e rosso di Bashar al-Assad che, piaccia o meno, insieme ai combattenti curdi continua ad essere l’ultimo baluardo laico contro la proliferazione dell’Islam più intollerante in tutta la regione.
Certo è che “lo strafalcione politico” di Trump (che un funzionario delle forze democratiche siriane ha così commentato: “Il processo di tradimento è ufficialmente completato”), reo di aver lasciato i curdi in balia dei turchi ha offerto ad Assad l’opportunità più unica che rara di riaffermare la sua autorità su vaste zone del suo paese che erano state di fatto sottratte al governo di Damasco. Chi comunque ci rimette sempre da queste più o meno volute goffaggini del potere internazionale, sono i curdi. Con l’accordo appena siglato – unica strada percorribile in questo momento per evitare un genocidio – arriva anche la fine dell’autonomia curda nel nord est siriano soprannominato “Rojava”, dove i funzionari di questa etnia hanno governato per almeno 7 anni in modo completamente indipendente dal governo di Damasco.
Le forze democratiche siriane (SDF), tramite loro portavoce, hanno fatto sapere che l’accordo tra uomini di Assad e Curdi sarà finalizzato al respingimento delle truppe turche già penetrate nel territorio siriano. Ciò non preclude però una possibile trattativa tra emissari russi e uomini di Erdoğan per evitare che il conflitto metta di fronte Siria e Turchia. Resta piuttosto assordante il silenzio dell’Unione Europe dove, se da una parte si parla di sanzioni contro la Turchia, dall’altra non si fa mistero di non voler rovinare i rapporti con un importante partner negli scambi commerciali.
A questo punto non resta che stare ad osservare come reagirà Erdoğan ora che le sue truppe possono trovarsi davanti l’esercito siriano.