L’affermazione più incisiva e che, probabilmente, la dice lunga, la fa il deputato e amministratore della Lega Giulio Centemero, affermando: “Siamo stupiti di venire a sapere dalle agenzie di stampa, prima che dalla Cassazione stessa, le motivazioni della sentenza con le quali si evince che dovrebbe proseguire il sequestro relativo ai famosi 48 milioni di euro di rimborsi elettorali. Forse l’efficacia dell’azione di governo della Lega dà fastidio a qualcuno, ma non è così che riusciranno a fermarci“. Davvero nella storia dei rimborsi elettorali che ha travolto la vecchia dirigenza del partito si evince una sorta di persecuzione giudiziaria nei confronti della Lega? Noi non possiamo giudicarlo, ma possiamo riassumervi i fatti e lasciare che ognuno si faccia la sua idea.
Nel luglio del 2017, il tribunale di Genova condanna per truffa ai danni dello Stato, il fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, e l’ex tesoriere del partito, Francesco Belsito, e altri tre dipendenti del partito stesso oltre a due imprenditori, tutti coinvolti nello scandalo dei rimborsi falsi che nel 2012 travolse il partito e la famiglia Bossi. Per il fondatore ed ex segretario della Lega, la condanna è stata di 2 anni e 6 mesi per truffa ai danni dello Stato riconducibile a ben 56 milioni di euro ricevuti dal partito come rimborsi elettorali ma in realtà utilizzati da Bossi e dall’allora tesoriere Belsito per spese personali, soprattutto per la famiglia del fondatore. La condanna è stata anche estesa a tre revisori contabili del partito e a due imprenditori che aiutarono Belsito ad investire il denaro. Unico dettaglio non irrilevante, è che i fatti in questione risalgono a circa 10 anni fa, e come al solito le lungaggini della giustizia italiana, non aiutano.
Ma al di là delle condanne personali, il tribunale decise anche di procedere alla confisca di 49 milioni di euro del partito, a titolo di risarcimento per i rimborsi ingiustamente riscossi nel periodo 2008-2010. Un bel problema visto che all’epoca della sentenza il bilancio della Lega (al tempo ancora Lega Nord), evidenziava liquidità per appena 165 mila euro, beni patrimoniali per 5 milioni e 671 mila euro, soprattutto sotto forma di immobili utilizzati dalle sedi di partito, mentre i debiti erano pari a 1 milione e 569 mila euro. Unica fortuna di quel momento era che la confisca, essendo in primo grado, non era immediatamente esecutiva, si poteva ancora sperare in una assoluzione di Bossi e compagnia, e quindi una soluzione che non facesse rischiare alla Lega la bancarotta.
Così non è stato. Arriviamo ad oggi, quando la Cassazione si pronuncia affinché qualsiasi somma di denaro detenuta o riconducibile alla Lega Nord, sia su conti bancari, libretti o depositi, venga sequestrata fino al raggiungimento dei 49 milioni di euro in questione. Dall’altra parte, c’è Salvini, che interpellato dai giornalisti non si fa scrupolo di affermare di non aver mai visto quel denaro, e che quei 49 milioni di euro non ci sono. “Al massimo”, dice Salvini a Pontida, “possiamo provare a fare una colletta, ma è evidente che tutto ciò che sta accadendo è un processo politico che riguarda fatti di 10 anni fa, e soldi che l’attuale dirigenza del partito non ha mai visto”.
Ma, se possibile, il vicepremier del governo Conte, ha anche un ulteriore problema, perché da come sono state messe le cose, non solo sarà provveduto a sequestrare le somme oggi a disposizione della Lega (pare che già siano stati sequestrati circa 1,4milioni di euro), ma le richieste del pm appoggiate dalla Cassazione, come riferito dall’avvocato Giovanni Ponti, “mirano anche al sequestro di eventuali somme depositande “. Una vera tragedia di questi tempi in cui i partiti si devono rivolgere al finanziamento privato, visto che quello pubblico è stato abolito.