“Leonardo Da Vinci è italiano” o di come dover perdere tempo a difendere la verità e l’ovvio.

Il 2 maggio del 1519 moriva ad Amboise, in Francia, Leonardo Da Vinci.
Forse il più grande genio dell’umanità.
Ha disegnato la Gioconda, il quadro più famoso del mondo.
E l’elenco dei suoi capolavori è così ampio che sarebbe impossibile anche solo provare a citarli tutti.
Ma non solo artista. Scultore. Inventore.
Tra le altre cose ha progettato il paracadute, il carrarmato, lo scafandro e anche l’utilizzo dell’energia solare.
In effetti avrebbe inventato anche il treno. Ma lo fa in “Non ci resta che piangere”, il film con Benigni e Troisi. Ma quello era un film e quindi forse troppo anche per lui.

Leonardo Da Vinci è un personaggio così importante e popolare che fra i libri più letti della storia, 80 milioni di copie vendute, c’è “Il codice Da Vinci”.
Insomma è impossibile non aver sentito parlare di Leonardo Da Vinci.
Morto 500 anni fa.
E allora giustamente Macron ha organizzato una serie di eventi per ricordarlo e magari per ringraziarlo visto che se la Gioconda e altre opere incredibili sono al Louvre e non in Italia è perché Leonardo, nei tre anni che visse in Francia, le donò o le vendette facendo sì che oggi la Francia possa legittimamente tenerle ed esporle.
Tutto normale. Un genio celebrato da chi ne riconosce il genio e ne è riconoscente.
E diciamoci la verità: quanto è bello quando i francesi smettono di essere i nostri “cugini antipatici” e riconoscono la nostra superiorità in qualche campo? Non succede spesso, eh?
Appunto. Nemmeno questa volta.
E infatti il telegiornale di France2, forse il più importante di Francia, lanciando il servizio della cerimonia con Macron e Mattarella ha definito Leonardo Da Vinci: “il grande genio francese”.

FRANCESE?!
Ma scusate: se si chiamava “Da Vinci” come fa ad essere francese? Non aveva nemmeno parenti francesi!
Fosse stato francese sarebbe stato, ad esempio, Léonard de Tolouse!
Invece “Da Vinci” vuol dire che veniva dalla piccola cittadina vicino Firenze. Ovvio, no?
Il dover ribadire l’ovvio è davvero il male del nostro tempo.
E benissimo ha fatto Giorgia Meloni a manifestare contro quest’appropriazione indebita che s’inserisce nel solco dell’assalto francese alle nostre infrastrutture e ai nostri interessi.
Perché se a un popolo togli tutti i motivi per essere orgoglioso penserà sia normale essere conquistato economicamente da chi appare migliore.
Giorgia Meloni è stata costretta a ribadire che se nasci in Toscana da genitori toscani sei italiano. E l’ha fatto perché gli interessi italiani si difendono anche attraverso la cultura.
Ma il grande problema non è solo la frase di France2 perché in fin dei conti ognuno fa, o dovrebbe fare, i propri interessi – anche se ovviamente ci vorrebbe un po’ di moderazione -.
Il problema è che il TG1 ha definito Leonardo Da Vinci “italo francese”.
Un errore? Una scelta voluta?
Evidentemente rappresenta proprio la sudditanza verso chi, straniero, vuole farsi padrone di noi, delle nostre scelte, addirittura della nostra storia.
In questo video Giorgia Meloni risponde come doveroso.

Finita qui? Ricevute le scuse dovute possiamo celebrare il genio italiano in pace?
Neanche per sogno.

Carlo Cottarelli decide di partecipare allo show dichiarando:

E poi arriva l’Accademia.
Il prof. Guido Saraceni in un post pubblico su facebook

Ovviamente anche in questo caso basterebbero le parole di Giorgia Meloni:
“secondo questi geni la storia d’Italia è degli ultimi 150. Prima del 1861 tutto quello che c’è stato non era italiano. Che era italiano Dante? Ma quando mai! Buttiamo tutti i libri di storia, buttiamo tutti i libri di letteratura”

Ora però corriamo un rischio: che qualcuno ci dica che i libri di “letteratura italiana” abbiano questo nome per appropriarsi di qualcosa che non ci appartiene.
Se Leonardo Da Vinci non era italiano evidentemente non lo era neppure Dante etc etc.
Identità italiana
Un aforisma molto noto di Chesterton recita “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. ”
E allora anche se non sono accademico proverò a rispondere al professore.
Certamente lo Stato di cui facciamo parte, e che si chiama Italia, è nato nel 1861. E prima non esisteva un’entità statuale chiamata Italia.
Perfetto. È un fatto.
Ma questo basta per dire che non esisteva l’Italia?
Forse al professore sfugge la questione dell’identità e della differenza fra Nazione e Stato.
Per Federico Chabod – storico leggermente importante – la nazione è “una comunità di individui che condividono alcune caratteristiche comuni come la lingua, il luogo geografico, la storia, le tradizioni, la cultura, l’etnia ed eventualmente, e solo eventualmente, un governo.” – sì ho copiato da wikipedia ma giuro che per laurearmi in storia ho letto qualche suo libro –
Quindi il senso di appartenenza a una comunità prescinde dall’esistenza di uno Stato.
Mentre è proprio questo senso di appartenenza che fa nascere la volontà di avere uno Stato che possa rappresentare e difendere la propria comunità.
Pensiamo ai curdi che hanno un forte senso comunitario e una propria nazione – il Kurdistan – ma non uno stato indipendente visto che il territorio del Kurdistan è politicamente diviso tra Turchia, Iraq, Iran, Siria e Armenia.
Altrimenti, se l’aspetto storico culturale non fosse fondamentale, gli italiani all’estero non si sentirebbero, appunto e con la nostalgia di chi è dovuto fuggire “da casa” per trovare lavoro, italiani ma sarebbero francesi, inglesi, spagnoli.
I nostri eroi del Risorgimento sono morti per l’Italia. Non quindi per uno Stato, che non esisteva precedentemente, ma per un’appartenenza millenaria.
“Appartenenza millenaria”. Una bella frase.
Ma è vera? O è vero, come dice il Prof., che era impossibile essere italiani perché l’Italia non esisteva?
Allora, sempre per la fiera dell’ovvio, cerchiamo di scoprire se il termine “Italia” sia preesistente al 1861. Perché se esisteva allora esistevano gli italiani.
Non metterò tutto quello che ho trovato. Ma forse basteranno questi pochi esempi:
Nel 1320 viene scritta un’opera letteraria che avrà un certo successo non solo in sé ma anche nella capacità d’influenzare la letteratura “italiana” – tra virgolette perché ancora non abbiamo scoperto se ce ne sia stata una prima del 1861 -. Parlo della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Considerata una delle opere più importanti della letteratura mondiale.
Leggiamo dei versi insieme:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

Oppure:
Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni,
Infine:
Sì com’a Pola presso del Carnaro,
ch’Italia chiude e i suoi termini bagna»
Come faccia Dante a parlare d’Italia quando l’Italia non esisteva resta un mistero a meno che non sia una profezia poetica.
Ma forse Dante Alighieri non basta. Vediamo se ne troviamo altri:
Poco dopo la morte di Leonardo nasce Francesco Guicciardini – uomo politico e letterato – che nel 1561 scrive un libro dal titolo “La historia d’Italia” che narra le vicende storiche accadute tra il 1492 e il 1534.
Mannaggia a lui.
Ma come fa a scrivere un libro di storia su qualcosa che non è mai esistito? Che sia un’opera di fantascienza? Sarà così…

Caro lettore io lo so che ti sei stufato a leggere l’ovvio ma permettimi di continuare:
Altro autore: Publio Virgilio Marone.
Virgilio.
Forse voi, come me, non siete professori ma magari avrete letto un poema dal titolo Eneide. Io non l’ho capito fino in fondo ma mi ricordo che il protagonista si chiama Enea – sarà per questo che l’opera si chiama Eneide? Chissà… -. Non ricordo bene chi fosse o cosa facesse ma nell’Eneide Enea si presenta così:
“Sono il pio Enea, noto per fama oltre i cieli, e con la flotta mi porto appresso i Penati scampati al nemico. Cerco la patria Italia e gli avi miei, nati dal sommo Giove.”
“Patria Italia”
L’Eneide è del 19 A.C.
Mmm.
Caro professore c’è qualcosa che non va.
Ahhhh ecco cosa!
Virgilio è la guida di Dante nella Divina Commedia.
Guicciardini era concittadino di Dante.
Insomma è un complotto toscano!
Tralasciando le battute più o meno divertenti vogliamo chiuderla qui?
Direi di no.
Prendiamo l’imperatore “più criminale” della storia romana.
Nerone. Quello dell’incendio.
Lui che c’entra?
Fra un rogo e una canzone il 20 settembre 66 (o forse 67) d.C. costituisce la Legio I Italica.
“Italica”. Vuol dire dell’Italia.
Lucio Cassio Dione – politico e soprattutto storico di 100 anni dopo – così specifica il senso della parola “Italica”:
cioè costituita da reclute nate in Italia.
Direi di finirla anche perché nel mio volermi acculturare sto cercando di trovare un libro purtroppo scomparso di Antioco di Siracusa – nato nel 460 A.C – di cui Dionigi di Alicarnasso dice: «Antioco figlio di Senofane scrisse sull’Italia le notizie più degne di fede e più vere derivanti dalle antiche tradizioni: questa terra, che ora si chiama Italia, anticamente la occupavano gli Enotri.».
Anzi no. Facciamo un salto fino al 1816.
E andiamo in un luogo dove non ci sono italiani. Andiamo in Germania.
Nel 1816 Goethe pubblica un libro da titolo Italienische Reise. Cioè “Viaggio in Italia”.
Ora che lo dicono pure i tedeschi direi di poter chiudere qui e possiamo tornare seri.
Gentile professore. L’affermazione che in Italia non ci siano stati italiani prima del 1861 è una falsità assoluta – poi possiamo discutere sul cosa possa significare essere o sentirsi italiani -.
E lei questo lo sa bene.
E allora perché negare l’ovvio ed esporsi al ridicolo?
Perché odiare così tanto la Nazione in cui si vive da volerne cancellare i motivi per cui esserne orgogliosi?
Questa è una domanda a cui non riesco proprio a dare una risposta.
La verità evidentemente è che siamo di fronte a uno scontro epocale tra chi ama la propria Nazione, ne esalta i meriti e, proprio per questo, cerca di risolverne i problemi, e chi la odia così profondamente da voler sacrificare la realtà a una narrazione antitaliana.
L’altra e ben più importante verità però è che noi ci sentiamo, con tutti i limiti del caso e soprattutto con gli obblighi che ne derivano, eredi di Leonardo Da Vinci, di Dante, degli eroi del Risorgimento che erano Italiani come noi.
E come tutti i figli normali onoriamo i nostri genitori e proviamo a far meglio.
Ovvio, no?
Però se mi chiedesse di citare ancora un italiano di quando l’Italia non c’era. Se dovessi indicarne uno da prendere come modello oggi che siamo a pochi giorni dalle Europee potrei rispondere solo in un modo: scegliendo quell’Ettore Fieramosca che sentendo dire da un francese che gli italiani erano vigliacchi lo sfidò a duello. Vincendo ovviamente.
Perché nessuno, straniero o “italiano” che sia, può offendere impunemente l’onore degli italiani.
E questa non è una teoria. Non è un’opinione. Non è una frase tanto per dire.
È una promessa

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