L’eroica resistenza del popolo ucraino a difesa della libertà

di Giulia Fantella

Sono ormai più di 650 giorni che le truppe e il popolo ucraino lottano per difendere la loro Nazione dall’aggressione della Russia, Stato membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. L’Ucraina, avamposto dell’Occidente, sta conducendo con onore una battaglia anche a tutela dei nostri valori comuni e dei principi sacrosanti del diritto internazionale, colonna portante della pacifica convivenza nel mondo.
La scellerata decisione di Vladimir Putin di dare il via all’invasione ha seguito i calcoli dell’intelligence e dell’apparato di difesa russi, convinti che sarebbe stata una guerra lampo. Calcoli che si sono rivelati sbagliati.
Dopo poco tempo è stato chiaro a tutti che la Russia avesse dimostrato un eccesso di fiducia nelle proprie capacità militari e, soprattutto, che avesse sottostimato gli ucraini. E infatti ora si trova impantanata in un conflitto di logoramento che, dati alla mano, logora ben più Mosca che Kiev. All’inizio in tanti non avrebbero scommesso un centesimo sulle capacità di resistenza ucraina ma oggi la situazione è ben diversa: il gigante russo non era preparato né all’ardore dei soldati ucraini né alla mole di supporto che Kiev ha ricevuto dall’Occidente.
Sono presto emerse falle nella catena di comando, nell’organizzazione dei combattimenti da parte russa e l’inadeguatezza di alcuni sistemi d’arma, oltre che un’impreparazione nell’ambito della logistica. Molti soldati esperti sono stati uccisi all’inizio del conflitto e il Cremlino ha deciso di sostituirli con giovani leve che sono state mandate a morire, come agnelli sacrificali, per soddisfare l’incosciente ostinazione a portare avanti alcune battaglie-carneficina. Per non parlare della semi-ribellione che Putin ha dovuto affrontare quando Prigožin – allora capo dei miliziani del Gruppo Wagner – ha marciato in direzione di Mosca in disaccordo con la gestione del conflitto del Ministro della Difesa Šojgu.

Da quel maledetto 24 febbraio 2022 al 30 novembre 2023, il Ministero della Difesa ucraino ha riferito che la Russia ha subito perdite disastrose: quasi il 30% del personale militare, 5.551 carri armati, 7.909 sistemi di artiglieria, 647 tra aerei ed elicotteri, 5.954 droni e 22 navi.
Il sacrificio eroico del popolo ucraino, supportato dall’Occidente, sta dando i suoi frutti: nonostante la stanchezza, come ha detto il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg, l’Ucraina ha riconquistato il 50% del territorio occupato dalla Russia. Il conflitto sta causando costi enormi per Putin, non solo a livello economico e finanziario ma anche in termini militari. Per non parlare di come l’aver scatenato questa guerra ha già iniziato ad impattare, e continuerà a farlo in futuro, sulla reputazione internazionale del Paese – e quindi di chi (non) vorrà fare affari con Mosca.
La Russia ha commesso crimini di guerra e si sta macchiando di atrocità abominevoli. Le criminali azioni russe hanno portato alla morte di oltre 10.000 civili, inclusi 560 bambini, e al ferimento di oltre 18.000.
L’Ucraina ha segnalato di aver identificato 19.546 bambini che sono stati illegalmente deportati in Russia. Meno di 400 hanno fatto ritorno. Mosca sta affamando una grande fetta di mondo utilizzando il cibo come arma, ha infatti interrotto la cooperazione per trasportare il grano ucraino nei Paesi che maggiormente si rifornivano da Kiev. Per poi promettere, ad alcuni Paesi “amici”, grano in regalo. Spesso si tratta di Stati a basso o medio reddito, che sono disposti a cedere al ricatto di Putin per non consegnare le loro Nazioni alla carestia.

L’Occidente ha risposto in questi mesi imponendo sanzioni alla Russia ma anche e soprattutto fornendo aiuti economici, militari e umanitari a Kiev. Un’azione in cui l’Italia è fortemente e convintamente coinvolta.
Il nostro Paese è in prima fila. Con il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si sono intensificati i contatti con Volodymyr Zelensky, che ha ricevuto la rassicurazione che Roma continuerà a fornire aiuti a 360 gradi per tutto il tempo necessario finché non si arriverà a una pace giusta e duratura. Una pace che non può prescindere dal ritiro di tutte le truppe russe dal territorio ucraino.
La centralità del contributo dell’Italia è riconosciuta a livello internazionale e lo stesso Presidente Zelensky ha espresso gratitudine per la posizione di primo piano che il nostro Paese ha assunto al fianco di Kiev, con Giorgia Meloni a capo del Governo, anche pensando a ciò che verrà dopo, con l’organizzazione di una Conferenza per la ricostruzione del Paese.

Ma è proprio ora che non bisogna arrendersi. Putin spera che una guerra così lunga stanchi l’Occidente e sta sfruttando questo fattore. Per questo serve rispondere con ancora più forza a questa arroganza. L’invasione della Russia è stata una delle più gravi violazioni del diritto internazionale degli ultimi decenni e le misure adottate contro Mosca dovrebbero essere ancora più rigide. Il fatto che le azioni del Cremlino abbiano incontrato sì una reazione occidentale ma non sufficientemente penalizzante, ha aperto le porte ad altri destabilizzatori internazionali che pensano sia il momento adatto per portare avanti le loro rivendicazioni. Ci può essere una connessione tra Hamas a Mosca: Putin può aver spianato la strada alle azioni terroristiche del gruppo palestinese.
Per questo è fondamentale non dimenticare l’Ucraina e continuare a supportare la lotta di Kiev a difesa della libertà, anche la nostra.

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