L’Europa nascosta deve recuperare la propria autorevolezza in Medio Oriente

La situazione in Medio Oriente potrebbe essere affrontata infinite volte e con infiniti passaggi, giustificazioni, spiegazioni. Ma tutto ciò non porterebbe ad un risultato tangibile sul territorio.

Ciò che invece serve ora è trovare una soluzione concreta che possa alleviare la sofferenza di uomini, donne, bambini, anziani, che giorno dopo giorno stanno sperimentando il dolore di una guerra che li coinvolge anche se innocenti.

In questo complesso scenario, sono soprattutto i giocatori esterni che dovrebbero agire, offrendo il proprio supporto affinché si inizi un percorso di mediazione e di dialogo che possa portare, finalmente, la pace in una zona in cui manca oramai da troppo tempo.

Uno tra i principali attori che può e che deve intervenire è l'Unione Europea, che ora più che mai deve assumere un ruolo di all'interno della comunità internazionale.

Oggi viviamo in un contesto sempre più frammentato, instabile, soggetto a cambiamenti repentini ed imprevedibili, che necessitano di essere affrontati nella maniera più rapida e scrupolosa possibile. Ma, soprattutto, seguendo una stessa univoca strategia.

Un'azione di certo non facile, che richiede un grosso sforzo da parte dei principali attori istituzionali in campo, che dunque devono in qualche modo anche dettare una strada maestra da seguire, non solo per la risoluzione dei conflitti, ma anche per prevenirne molti altri.

Ora come ora, tristemente, l'Europa sembra però essere piuttosto divisa al suo interno, come è stato dimostrato in diverse occasioni, dal Consiglio europeo del 26 ottobre fino al voto discorde della risoluzione all'Onu.

Sembra dunque che l'Unione europea non sappia esprimere – e di conseguenza adottare- una strategia condivisa e assumere una postura comune sui principali temi che investono anche la nostra quotidianità. Divenendo, in sostanza, ‘latitante' in un momento nel quale invece è cruciale agire.

La crisi nel Mediterraneo deve spingere l'Europa ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo e ad aprirsi alle nuove realtà mondiali, anche reinventandosi per salvare – e salvarsi- e trasmettere i propri valori e competenze in un mondo multipolare.

Va sottolineato che l'Ue ha una potenzialità enorme, data la sua naturale tendenza a saper influenzare, modellare e persuadere, trovando un terreno comune per il dialogo. Ecco perché è importante che si confronti con le nuove realtà, se vuole avere un ruolo nel sistema delle relazioni internazionali.

Si deve insomma ricordare di attivare quanto prima e quanto meglio quel dialogo politico-culturale, che, insieme ad una attenta messa a disposizione di aiuti economici, potrebbero rendere l'Ue la vera protagonista nella risoluzione della crisi a Gaza.

E lo può fare già da ora, senza alcuna azione strabiliante, semplicemente dimostrando che il modello Europa funziona. Un modello che fa convivere al suo interno più popoli, più culture e religioni, sempre in una condizione di prosperità e di pace. E, solo dopo, intercettare, dialogare, supportare quei leader e quelle organizzazioni che possono cambiare le situazioni critiche dei loro Paesi.

Ma per fare ciò, l'Ue deve innanzitutto essere coesa al proprio interno, tenendo e proponendo una visione condivisa, capace di far comprendere la sua forza anche all'esterno.

Lo deve fare perché l'Unione Europea deve essere in grado di affrontare efficacemente le sfide rappresentate dalle crisi politico-militari, economiche, sanitarie, energetiche, ambientali e demografiche, aumentando il suo peso politico ed economico. Perché il rischio, drammatico, è quello di essere schiacciata da potenze quali Stati Uniti e Cina, che a questo punto avrebbero ampio margine di manovra per conquistare ogni spazio lasciato libero, polarizzando di fatto un mondo che per la sua complessità non può permetterselo.

Come è stato più volte ribadito, questo non è il momento dell'ambiguità. Ed è il caso che l'Europa se ne renda conto, prima che sia troppo tardi.

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