Un certo tipo di informazione, diciamo così, politicamente corretta segnala da alcuni anni il “pericolo” rappresentato dall’avanzare di forze sovraniste e spesso di destra in numerosi Paesi europei.
Secondo i media mainstream i vari successi elettorali di questi tanto vituperati sovranisti costituiscono una potenziale minaccia per la tenuta e addirittura per la sopravvivenza della Unione europea. Al netto delle semplificazioni giornalistiche, la maggior parte di quei soggetti politici europei che vengono identificati come sovranisti, fra i quali c’è anche Fratelli d’Italia, difende il proprio interesse nazionale nel quadro di una Unione europea rivelatasi non priva di squilibri e di gravi lacune di fronte alle principali emergenze della Storia continentale più recente, almeno dalla crisi economica globale esplosa nel 2008 ad oggi.
Ben pochi, fra questi “pericolosi sovranisti”, intendono cancellare semplicemente l’Ue e magari tornare agli anni Trenta, o spazzare via l’euro dall’oggi al domani, impresa piuttosto ardua peraltro, ma c’è la convinzione che questa Ue, così com’è stata nell’ultimo ventennio e com’è tuttora, necessiti di una profonda revisione, a cominciare dai Trattati, non più efficaci nella realtà odierna.
Finora, le Istituzioni comunitarie si sono rivelate spesso invadenti e dirigiste laddove occorre invece lasciare libero arbitrio ai singoli Paesi e ai popoli, e drammaticamente assenti su questioni fondamentali imposte dalla Storia come le migrazioni di massa, i traffici di organizzazioni criminali senza scrupoli e la lotta al terrorismo islamico. La percezione, più che fondata, è quella di una Europa elitaria dove pochi decidono per molti senza dover rendere conto ad un elettorato. Le logiche sono state sino ad ora quelle di un continente essenzialmente a trazione franco-tedesca in cui Parigi e Berlino, con il consenso dei Paesi nordici, hanno determinato le sorti comunitarie spesso senza tenere conto delle esigenze e dello sviluppo economico-finanziario del Sud e dell’Est Europa. Chi non ha mai taciuto dinanzi a determinate storture e ha perorato una ristrutturazione della casa europea, è stato poi premiato dagli elettori e ciò è successo in più di un Paese Ue.
La nostra Giorgia Meloni è diventata premier, ma prima di lei sono stati eletti o rieletti alla guida delle loro rispettive nazioni leader come Viktor Orban in Ungheria e Mateusz Morawiecki in Polonia. Senza aver raggiunto posizioni di governo, hanno ottenuto di recente importanti affermazioni elettorali anche altri movimenti e partiti cosiddetti sovranisti, persino in Francia, Germania e nei Paesi scandinavi. Se un certo sentimento critico verso questa Unione è stato fatto proprio dall’elettorato in più angoli d’Europa, significa che c’è qualcosa che non va e che non può essere nascosto sotto il tappeto da sinistre e centristi vari amanti delle tecnocrazie.
Difetti e malfunzionamenti della macchina europea che sono stati, se possibile, ancor più esacerbati da alcune leadership come quella francese di Emmanuel Macron e quella tedesca, di Angela Merkel prima e del socialdemocratico Olaf Scholz dopo.
L’Ue e l’impianto della moneta unica rischiarono davvero grosso durante la crisi economica del 2008, ma la loro tenuta non è immune da insidie nemmeno oggi, e un eventuale collasso, che Dio non voglia per carità, potrebbe giungere molto di più a causa della cecità e del cinismo franco-tedesco che delle idee sovraniste.
La lungimiranza non è mai stata una peculiarità della lunga era Merkel e i francesi, anche con i predecessori di Macron, hanno sempre seguito a ruota Berlino. In tanti anni, si è pensato a fare il bene soprattutto di Francia e Germania, e lasciare le briciole agli altri, ma si è trattato e si tratta di un bene temporaneo, infatti, proprio in questo tempo, sia Parigi che Berlino stanno pagando la scarsa visione del futuro di Angela Merkel, consegnatasi mani e piedi, per fare un esempio fra i tanti possibili, ai ricatti energetici di Vladimir Putin.
L’entusiasmo, che era diffuso fino ai primi anni Duemila, per una Europa unita è stato demolito non da Orban o da Marine Le Pen, bensì da leader giudicati universalmente europeisti, ma dimostratisi di fatto euro-ipocriti, ossia, fautori della solidarietà comunitaria soltanto se essa prevede obblighi per gli altri Paesi membri, ma assai sovranisti, e forse nazionalisti novecenteschi, per quanto riguarda il loro giardino.
Emmanuel Macron, nella sua sguaiata polemica con l’Italia circa lo sbarco della Ocean Viking a Tolone e più in generale, in merito al tema dell’immigrazione clandestina e dei ricollocamenti in Europa, non sfugge alla regola dell’euro-ipocrisia instaurata da Merkel, Nicolas Sarkozy ed altri. Lor signori d’Oltralpe possono respingere chi vogliono a Ventimiglia e si possono permettere il lusso di ricollocare sul loro territorio in tutto il 2022 soltanto 38 reduci delle traversate del Mediterraneo, come ha denunciato il Presidente del Consiglio Meloni, e guai a chi osa mettere in dubbio la buonafede europeista dell’Eliseo.
L’Italia ha evidentemente solo obblighi e deve accogliere un numero illimitato di persone, e se prova a lamentarsi, l’accusa di fascismo e razzismo è lì dietro l’angolo.
Persino Papa Francesco si è accorto che l’Italia è rimasta sola nell’affrontare l’immigrazione proveniente dall’Africa, ma una sorta di complesso di superiorità francese rende nulle persino le parole del Pontefice. In buona sostanza, siamo a questo e l’Italia fa bene a tenere il punto e a non farsi influenzare da chi, come le sinistre nostrane, vorrebbe la Penisola costantemente umiliata e a capo chino.
L’armonia fra i partner europei è senz’altro preferibile alle tensioni, a maggior ragione in questo periodo caratterizzato da eventi nefasti come la guerra in Ucraina, ma non si può sempre tacere e ingoiare rospi. Non ha futuro un continente in cui qualcuno può sempre fare la voce grossa e qualcun altro deve invece rimanere con la bocca chiusa per paura di ritorsioni.
L’aria è cambiata in Italia, ma qualcosa sta mutando anche fuori dai nostri confini, infatti è importante ed utile che, per esempio, Malta, Cipro e Grecia abbiano voluto sottoscrivere con Roma un documento di denuncia sulle azioni delle Ong e sulla gestione europea dell’immigrazione clandestina.
L’atlantismo di Giorgia Meloni è intelligente perché costituisce una sorta di barriera di protezione di fronte alle pretese franco-tedesche. Non si tratta di innamorarsi perdutamente di Joe Biden, (è notorio che la Meloni si trovi meglio con i conservatori americani, sebbene la solidarietà transatlantica, è bene ricordarlo, vada oltre alle varie colorazioni politiche), ma di non essere soli davanti a chi ci ritiene a volte come dei paria.
Sottoscrivo parola per parola e mi complimento con Roberto Penna
Grazie Enrico! :)