Per l’Europa, già presa a tenaglia da sud e da est, la crisi dovuta ai flussi migratori potrebbe ulteriormente aggravarsi.
In un’intervista rilasciata all’inizio di dicembre alla testata Politico, Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, vice presidente del Consiglio Sovrano di Transizione del Sudan e capo della forza operativa di supporto, ha esplicitamente minacciato l’Occidente di aumentare il flusso di rifugiati provenienti dal Sudan e diretti verso gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione Europea, se questi non riconosceranno il nuovo governo istituito dai militari.
“In virtù dell’impegno che abbiamo assunto con la comunità internazionale per ora stiamo ospitando queste persone sul nostro territorio – ha detto Hemeti, parlando in video-call da Khartoum – ma se il Sudan aprisse le proprie frontiere sarebbe un disastro per il mondo intero “.
Europa strutturalmente vulnerabile
Secondo Dagalo l’Europa e gli USA sono stati costretti ad accettare il governo militare in Sudan proprio per evitare una nuova ondata migratoria, precisando che l’esecutivo ha il pieno controllo delle frontiere del Sudan. A Bruxelles questa dichiarazione è suonata come un autentico ricatto.
Ma qualunque sia il giudizio sui militari che hanno assunto il potere in Sudan, è un dato di fatto inoppugnabile che l’UE sia fortemente vulnerabile sul fronte della gestione dei flussi migratori. Lo si è visto chiaramente nelle ultime settimane con quanto accaduto al confine tra Polonia e Bielorussia, ma le difficoltà di Bruxelles erano già ampiamente emerse in passato, con le iniziative coronate da successo del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che regolarmente torna a battere cassa con l’Europa in cambio della gestione delle masse di migranti. E’ stata l’acquiescenza nei confronti delle richieste del leader turco ad innescare l’effetto domino e a scatenare le bramosie di altri paesi che hanno capito che su questo tema l’Europa può essere messa sotto scacco.
Stando alle stime delle Nazioni Unite, in questo momento sono presenti in Sudan oltre un milione di rifugiati, ma fonti non ufficiali riportano cifre superiori ai due milioni di persone. Le minacce di Hemeti, dunque, vanno prese in seria considerazione, perché sono supportate dalle stesse forze armate sudanesi, che se volessero potrebbero anche aprire il confine con l’Eritrea e favorire il flusso di migranti dal Corno d’Africa verso la Libia e il Mar Mediterraneo.
In Libia la situazione resta confusa e conflittuale e il paese continua ad essere incapace di impedire il traffico di esseri umani: un ulteriore flusso proveniente dal Sudan non troverebbe alcun ostacolo, per l’assenza di strutture di sicurezza centralizzate.
Bisogna tenere conto del fatto che in Sudan vige attualmente, de facto, la legge marziale, circostanza che spinge la gente del posto a fuggire. La maggior parte dei migranti si trova nel Darfur, nel Kordofan meridionale e nella regione del Nilo Azzurro: si tratta di aree che hanno vissuto per quasi due decenni conflitti sanguinosi e dove la popolazione ha un disperato bisogno di assistenza umanitaria. Il problema è davvero urgente e per farvi fronte l’ONU ha attivato il Piano Globale di Risposta Umanitaria con lo scopo di assistere le persone tornate nei loro luoghi di origine. Il programma prevede la fornitura di aiuti umanitari a favore di 10,9 milioni di persone per un ammontare di 1,9 miliardi di dollari.
Ma il Sudan non è solamente un paese di emigrazione, ma anche un territorio in cui transitano rifugiati e richiedenti asilo provenienti da dieci Stati, tra cui Repubblica Centrafricana, Ciad ed Eritrea. La maggior parte di loro sono giovani in cerca di lavoro e di una vita dignitosa, ma ci sono anche molte donne con bambini. Tantissimi sono scappati nel Sudan orientale per sfuggire al conflitto in atto nel Tigray.
Il Sudan, insomma, non è soltanto un territorio di uscita, ma anche una “stazione di transito” del traffico di esseri umani diretti illegalmente in Europa, come evidenziato dallo stesso Hemeti pubblicamente.
Anche se per il momento le autorità sudanesi non intendono spingere i migranti verso il Vecchio Continente, ciò che succede nel paese va comunque seguito con la massima attenzione. Qualunque fattore di destabilizzazione in uno Stato in cui si mescolano crisi economica, conseguenze legate a conflitti armati, guerre civili e proteste sociali può infatti avere effetti esplosivi. Se le strutture di potere e controllo del territorio in Sudan dovessero crollare, a cominciare dall’esercito, enormi masse di migranti si muoverebbero indisturbate verso l’Europa.
L’Italia nella zona di rischio
Se le frontiere sudanesi venissero aperte – deliberatamente o meno – l’Italia si troverebbe nella zona di rischio massimo. Essa è già soggetta a una doppia pressione: da un lato i flussi migratori provenienti dall’Africa settentrionale, dall’altra quella esercitata dall’Unione Europea che nella recente proposta di riforma del Codice Schengen varata dalla Commissione Europea, attualmente al vaglio del Parlamento e del Consiglio Europeo, ha ipotizzato non solo di effettuare respingimenti verso i paesi di primo approdo, ma anche di escludere dall’area Schengen gli Stati che non tratterranno i migranti irregolari sul proprio territorio, come denunciato dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
Il fallimento dello Stato sudanese potrebbe dunque avere effetti dirompenti.
Quali soluzioni?
Per arginare la “follia immigrazionista” delle élite globaliste, provando a dare risposte alla disperazione di milioni di immigrati, l’unica strada percorribile è quella di aiutare il continente africano a trovare una propria stabilità.
La Libia è un caso paradigmatico: lì è indispensabile che si svolgano quanto prima libere e regolari elezioni che consentano al paese di risolvere un conflitto decennale e ripristinare un minimo di struttura statale e di sicurezza. Anche il Sudan e altri paesi africani necessiterebbero di un’attenzione e di un supporto speciale in questo senso, teso, appunto, a ricostruire un’infrastruttura istituzionale.
Senza pace e senza ordine dall’Africa continueranno a fuggire milioni di persone, spesso agevolate proprio dalle organizzazioni internazionali. Le misure adottate sino ad oggi dai tecnocrati di Bruxelles non hanno ridotto il fenomeno, semmai l’hanno aggravato, fornendo peraltro ai suoi vicini ostili pericolose armi di ricatto, esercitate per di più sulla pelle di masse di disperati. Invertire la rotta è ormai indispensabile, perché il tempo è scaduto e a soccombere per prima potrebbe essere la stessa Europa.
Condivido in pieno quanto dice Danielis. Ma finché abbiamo questi governanti e soprattutto questa Magistratura bisognerà aspettare che gli invasori prendano possesso delle nostre case perché si muova qualcosa. E allora sarà guerra, vera.
i flussi migratori sono stati tutti studiati a tavolino: vogliono cambiare la fisionomia delle nazioni e per questo vogliono arrivare a un “meticciato” imposto con lo spostamento di popolazioni dall’Africa e dall’Asia. Come ci si può difendere? innanzitutto non dando ospitalità a chi ci sta invadendo in hotel 1 4/5 stelle per anni o in case popolari a discapito degli italiani. Arrivano coi barconi? Si fa come la Turchia: si allestiscono grandi campi con tendoni da dove esci soltanto per tornare a casa e chi vuol lavorare lo fa gratuitamente per ripagare lo stato delle spese. Io sarei dell’avviso di metterli nelle miniere di carbone o di rame e vedremo che nell’arco di poco tempo i campi allestiti si svuoterebbero. Vogliamo difendere la nostra italianità, le nostre tradizioni e abitudini, usi e costumi oppure vogliamo essere sottomessi ai nuovi invasori? Sta al popolo decidere il proprio futuro