Libertà di stampa, Meloni portò l’Italia dal 58° al 41° posto, ma la sinistra smemorata urla ancora alla censura

Il PD sta basando tutta la sua comunicazione propedeutica alle prossime elezioni europee non su possibili proposte, riguardo ad esempio come i dem avranno intenzioni di cambiare l’Europa (ammesso che anche per loro ci sia qualcosa da cambiare), ma soffermandosi su una mera critica dell’operato del Governo Meloni. La maggior parte delle volte, inventando di sana pianta intere narrazioni sulla classica deriva fascista. Senza dubbio, aver urlato per mesi alla censura totalitaria sull’informazione, al governo nemico della libera informazione, ha avuto un riscontro mediatico notevole, facendo sentire la sua eco anche all’estero. D’altronde, quando si urla al ladro, tutti si girano a guardare, ma chissà quanti ci credono, soprattutto se non si vede nessuno correre. In un certo senso sta accadendo questo anche in Italia: la sinistra urla alla censura, tanti si indignano, qualcuno ci casca ma nessuno è capace di trovare la prova che la censura esista. E questo, perché la censura non esiste, è un’invenzione tutta sinistra, tant’è che anche dalla Commissione europea hanno fatto sapere che lo stato dell’informazione nella nostra Nazione è buono, come rilevato nell’ultimo report sul rispetto delle libertà fondamentali stilato dall’Unione europea.

L’Italia cala, ma è sopra al livello dei governi Conte

Si parla ancora oggi di censura, a distanza di ogni dal caso della presunta censura di Antonio Scurati in Rai, sul quale si è espressa anche la stampa estera con ironia (“The Specialist” oggi ha parlato di indignazione “enormemente esagerata e in gran parte ingiustificata”). Questo perché Repubblica (chi altro, sennò?) ha voluto riportare con profonda indignazione il report sulla libertà di stampa di Reporter Sans Frontieres: nella classifica pubblicata dall’istituto, l’Italia risulta quest’anno al 46° posto, in calo rispetto al 41° occupato lo scorso anno. Calo di cui subito la sinistra è stata pronta a incolpare il Governo Meloni: “È sicuramente grave che dopo un anno e
poco più di governo Meloni abbiamo visto calare l’Italia di 5 posizioni nel ranking di Reporter senza frontiere” ha detto la leader dei dem Elly Schlein, continuando col classico sproloquio su censure, governo totalitario e simili di cui sopra. Ed effettivamente, un calo nella classifica della libertà di stampa non è certo una bella notizia. Quasi verrebbe da dare ragione a Schlein. Quasi: perché l’italo-svizzera è stata pronta a puntare il dito contro il governo di centrodestra, dimenticando però dei “piccoli” particolari. Ad esempio, che nel 2022, quando al governo c’era Draghi, dopo gli anni dei governi Conte a cui il PD e la sinistra tutta ha partecipato, l’Italia era ferma alla 58° posizione della classifica mondiale per libertà di informazione. In quegli anni, Fratelli d’Italia, l’unico partito di opposizione sotto Draghi, venne addirittura estromesso dal Consiglio di Amministrazione della Rai, ma nessuno, proprio nessuno, si indignò e urlò alla censura. Al contrario, quell’Italia sotto Draghi sembrava essere tornata al boom economico, a scapito ovviamente delle opposizioni. Dell’unica opposizione.

La sinistra è smemorata

Solo grazie al governo Meloni, che è salito in carica nell’ottobre del 2022, è stato possibile risalire al 41° posto. Sotto Conte, inoltre, proprio Reporters Sans Frontieres segnalava la pericolosità del controllo governativo sulla stampa, dal momento che una certa sinistra è riuscita sempre a mostrarsi tutt’altro che solidale con la categoria giornalista. Questo ovviamente, né i dem, né Repubblica, lo ricordano.

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