Libia, Conferenza di Berlino: l’Italia non tocca palla

Si è svolta il 19 gennaio la conferenza di Berlino sulla Libia.

Ad accogliere le delegazioni partecipanti sono stati il cancelliere Angela Merkel e il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. L’Italia è stata rappresentata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio. Per l’Ue, sono giunti a Berlino la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell. Hanno partecipato anche: Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Cina. Il presidente dell’Egitto, Abdel Fatah al Sisi, ha rappresentato sia il proprio paese sia l’Unione africana, di cui è presidente di turno. Per l’Algeria è giunto il presidente Abdelmajid Tebboube, per la Repubblica del Congo il capo dello Stato Dennis Sassou Nguesso. Turchie ed Emirati Arabi Uniti sono stati rappresentati dal presidente Recep Tayyip Erdogan e dal ministro degli Esteri, Abdullah bin Zayed al Nahyan. La Lega araba ha inviato a Berlino il suo segretario generale, Ahmed Aboul Gheit. Sono infine giunti nella capitale tedesca sia il presidente del governo di accordo nazionale libico, Fayez al Sarraj, sia il comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, Khalifa Haftar.

Il primo inconfutabile dato emerso dal vertice berlinese è che l’Italia è rimasta al margine del tavolo, a vedere giocare “i grandi”. Praticamente ininfluente. In seconda fila, come Conte nella foto di rito.

Quel che si è ottenuto – il documento non è ancora stato reso ufficiale – mira a trasformare la tregua ottenuta da russi e turchi a Mosca in un cessate il fuoco sotto egida Onu e spingere gli Stati partecipanti alla conferenza a non violare l’embargo e non mandare armi ai belligeranti. Piccolo dettaglio: Serraj e Haftar non hanno sottoscritto il documento.

La mancata firma, insieme alla vaghezza del controllo della missione militare sul cessate il fuoco, sono i punti deboli di questo accordo. Anche perché la stessa Marklel ha specificato che non si è entrati in merito alla questione della missione militare che dovrebbe monitorare il cessate il fuoco. È vero che, come notano alcuni analisti, Sarraj e Haftar non erano nella lista dei partecipanti, ma non è negabile che se avessero firmato il risultato del summit sarebbe stato più evidente. Anche perché Haftar così conferma la linea sfuggente che ha assunto fin dall’incontro a Mosca.

Ad ogni modo, il vero nodo sarà quindi la prossima conferenza, sempre delle Nazioni Unite, a Ginevra tra pochi giorni.

La Germania, ad ogni modo, è riuscita ad organizzare un vertice, ospitando ufficialmente i due leader libici, e arrivando a portare a casa un documento sottoscritto da tutti. È riuscita ad entrare nella partita russo-turca. Non a caso, il 20 gennaio, il giorno dopo – fonte Ansa – il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha fatto sapere che “l’Unione europea e è al lavoro per integrare l’accordo sul cessate il fuoco” raggiunto domenica a Berlino con il rispetto “dell’embargo sulle armi”, per questo “a inizio febbraio si terrà a Berlino una nuova conferenza di aggiornamento” sulla situazione in Libia “a livello dei ministri degli Esteri”

A documento firmato, nel tardo pomeriggio, le agenzie stampa hanno riportato la notizia che una milizia fedele ad Haftar ha chiuso la valvola del pozzo petrolifero di Sharara, il più importante della Libia. L’uomo forte della Cirenaica continua, come aveva fatto il giorno prima della conferenza imponendo alla NOC (la compagnia petrolifera libica) la chiusura dei pozzi sotto il suo controllo, a dimostrare di avere maggior controllo – quindi peso – di Sarraj in Libia. Toccando il nervo dell’approvvigionamento energetico, può far sentire fattivamente il suo peso politico agli altri Stati: di fatto controlla la maggior parte (attorno al 70%) dei pozzi di petrolio libico e fa pesare questo potere.

Conte, per tentare di acquisire peso, ha insistito sulla missione di interposizione, ma senza successo, al punto che nel testo dell’accordo, stando alla stampa, non ce ne sarebbe nemmeno traccia. L’Italia, nonostante il tavolo “Turchia-Russia-Italia” tanto sbandierato da Di Maio nei giorni precedente il meeting, se c’è stato, non ha lasciato traccia.

La verità è che, da potenzia di primo piano con rapporti privilegiati in Libia, ad oggi siamo relegati in seconda fila. Come Conte nella foto di rito. Ma solo perché non c’era anche una terza fila.

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